Di Massimo Acciai Baggiani

Pierfrancesco Prosperi è attratto, come molti autori di ucronie, da quel tragico capitolo della storia che riguarda il fascismo e il nazismo. Ne abbiamo visto esempio in HH Hitler’s Hamptons dove il Führer subiva una sorte ben diversa di questo nuovo romanzo allostorico, Il 9 maggio, il cui sottotitolo – Cosa sarebbe successo se Hitler fosse morto a Firenze nel 1938? – svela la tesi di fondo a cui Prosperi dà una risposta non soddisfacente per gli antifascisti (come me), ma comunque possibile e verosimile. Se durante quella storica visita dei due dittatori alleati nella mia città, nella primavera di 83 anni fa, l’Imbianchino [1] fosse stato assassinato in un attentato riuscito a metà, il Duce non avrebbe partecipato alla Seconda Guerra Mondiale (che verosimilmente, senza il Führer non avrebbe avuto luogo) e sarebbe morto serenamente nel suo letto 24 anni dopo la sua tragica morte in questa linea temporale, come altri dittatori europei quali Franco e Salazar, e l’Italia sarebbe rimasta fascista molto più a lungo.
Il romanzo si apre con una serie di testimonianze giornalistiche sulla morte di Mussolini, nel 1969, per poi tornare a quel fatidico 1938 in cui un gruppetto di amici progetta di far saltare in aria in contemporanea il Duce e il Führer. Il primo si salva solo per un caso fortuito. La preparazione dell’attentato è ben descritta nei dettagli, e la suspense per il lettore – che si domanda cosa non sia andato per il verso giusto – è assicurata. Affascinante la ricostruzione di un’Italia fascista negli anni Sessanta, come interessante e accurata la descrizione di quel giorno di maggio – di cui ho visionato talmente tante foto in bianco e nero [2], durante il mio lavoro presso l’Archivio Locchi, che mi pareva di essere lì, mentre l’azione si svolgeva.
Firenze, 10 maggio 2021
Bibliografia
Prosperi P., Il 9 maggio, Napoli, Homo Scrivens, 2019.
[1] In realtà Hitler non fu imbianchino, ma aspirante pittore: se fosse stato accettato all’Accademia la storia sarebbe stata ben diversa, come mostra anche Norman Spinrad in Il signore della Svastica (1972).
[2] Fino alla nausea.