L’autobiografia è oggi considerata un genere piuttosto controverso, che suscita accesi dibattiti sull’opportunità di rendere pubblici fatti privati in cui sono coinvolte persone reali che potrebbero non gradire. Oltre che sul “se” (c’è chi pensa che solo i personaggi famosi abbiamo il “diritto” di scrivere le proprie memorie) si discute anche sul “quando” (molti pensano che vadano scritte in vecchiaia, dopo i settant’anni per intenderci) e sul “cosa” (molti obiettano che, a meno di non aver vissuto eventi eccezionali, non vale la pena scrivere di una vita banale che potrebbe annoiare il lettore). Insomma, quello autobiografico è un genere a parte nella storia della letteratura: ha avuto grande fortuna nel Settecento (bellissima la Vita dell’Alfieri), oggi fa storcere un po’ il naso. Eppure ogni autobiografia è preziosa, sia che venga pubblicata sia che resti nel cassetto per i posteri: personalmente ho deciso di far conservare le mie memorie (iniziate a scrivere quando avevo 18 anni e periodicamente aggiornate) presso l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano – straordinario ente che raccoglie migliaia di diari e memorie di persone “comuni”.
Quando mi sono trovato la corposa autobiografia di Gianluigi Redaelli (il primo volume si compone di ben 516 pagine!) mi è venuto spontaneo pensare: “O mamma!”. Ma già dalle prime pagine mi ha conquistato. Lo stile è accattivante, ironico, scorrevole. I fatti narrati seguono in parallelo le vicende personali dell’autore, nato nel 1943, sullo sfondo dei grandi eventi e i molti mutamenti avvenuti in Italia dal secondo dopoguerra al 1974 (anno in cui si chiude il primo volume, l’unico per ora scritto e pubblicato sotto il titolo, significativo, di Però, quante ne ho passate!). Il lungo sottotitolo, a mo’ di quei titoli chilometrici che andavano di moda fino all’Ottocento, chiarisce meglio il contenuto: Vita di Gian ovvero l’evoluzione attraverso 50 anni di esperienze di un uomo, quasi, qualunque, da tagliato fuori a figlio del ‘68 e militante impegnato.
Tutti noi, riguardando indietro alla nostra vita, soprattutto a una certa età, possiamo dire, con Redaelli: «Però, quante ne ho passate!». Le vite, anche quelle più comuni, sono piene di avvenimenti che, se narrati in modo adeguato, possono suscitare l’attenzione anche del lettore che non conosce direttamente l’autore (come nel mio caso): è il caso di Gianluigi “Gian” Redaelli, il quale d’altronde non è nuovo nella scrittura. Il suo libro si basa su un diario che teneva fin da giovane e che riempiva con considerazioni sugli eventi politici e di costume, oltre che con poesie varie, come un moderno zibaldone a cui attinge a piene mani per il suo libro, con ampie citazioni.
Seguiamo così l’autore nelle sue prime esperienze infantili, nei suoi primi amori, nell’esperienza non molto positiva del servizio di leva (siamo negli anni Sessanta, prima dell’obiezione di coscienza), nei suoi viaggi (particolarmente interessante quello in Pakistan), nei suoi primi lavori legati alla scrittura e alla creatività (come enigmista e poi come giornalista), e nel suo impegno politico, per la difesa dei diritti dei più deboli. Però, quante ne ho passate! è un libro ricco di aneddoti, a volte spassosi, altre volte drammatici: una sorta di confessione in vecchiaia che si legge quasi come un romanzo. Alla fine della lettura si può in effetti concordare con Redaelli: ne ha passate davvero tante!
Firenze, 10 gennaio 2021
Bibliografia
Redaelli G., Però, quante ne ho passate! Vita di Gian ovvero l’evoluzione attraverso 50 anni di esperienze di un uomo, quasi, qualunque, da tagliato fuori a figlio del 68 e militante impegnato, Napoli, Eracle, 2018
Trascorrevano gli anni e il Capitano cominciò un periodo di grande studio, tale da diventare in parole povere : Professore: punto e basta, senza sé e senza ma. Al neo- Professore si affezionò un ragazzetto, che già da anni lo conosceva. Questo lo aiutava a fare la spesa e nei lavori domestici. Procurò molti elementi, libri, carte ecc… che servirono al Professore per realizzare ciò che in seguito vedremo. Cominciò un periodo in cui Thomasenn si dedicò, come ho già detto, interamente allo studio. Difatti lo scopo principale della sua esistenza divenne la costruzione di un congegno definito: Macchina del Tele Trasporto. Ma era “matto” il Capitano dell’aviazione? Certamente non era una cosa da poco. Il cosiddetto Professore, per la sua grande passione nei riguardi di varie materie scientifiche, dedicò così un lunghissimo periodo, ben quarant’anni, alla costruzione della macchina per il Tele-Trasporto. Ma di che cosa si trattava? Si trattava di un’invenzione propria, nata dalla sua immaginazione, dai suoi studi. Tale congegno doveva avere molte caratteristiche. Diciamo che poteva spostarsi da un posto all’altro, nel giro di pochi minuti. Poteva giungere prima in una popolatissima metropoli giapponese, per poi arrivare sui monti del Tibet; oppure comparire nel groviglio della Foresta Amazzonica. Possedeva svariate caratteristiche. Infatti poteva anche restare invisibile, poteva effettuare fotografie e piccoli video. Inoltre stimolava assai la curiosità. Almeno così era nel progetto del Professore, che lui custodiva dentro di sé. Era arrivato a quello scopo anche spinto da una lettura che aveva fatto anni prima, quando tentava la carriera militare. Sta di fatto che curiosamente, conservava con se un libro, inerente la costruzione di una Macchina del Tempo. Quello restava assai interessante anche se non letto, quasi sconosciuto. Quel testo era stato scritto nientemeno che durante l’Ottocento, a Londra, da alcuni scienziati e studiosi. Il titolo era :” L’autentica vicenda della costruzione della Macchina del teletrasporto”: Il nostro Professore lo teneva sempre con sé e l’aveva comunque sia già letto varie volte. Nel periodo successivo alla morte della Signora, si dedicò come ho già detto in tutto e per tutto alla costruzione della Macchina. Studiava ore ed ore nello studio sotterraneo, lì vi passava gran parte della giornata. Lo studio traboccava di tanti disegni, libri, saggi, fotografie, mappe geografiche e mappe celesti ecc… inoltre vi era addirittura anche un bellissimo pappagallo, che molto colorato era. Si trattava di un animale assai singolare; ogni due ore, sempre, immancabilmente e con precisione, pronunciava la parola : Professore, Professore e poi rimaneva in silenzio per altre due ore. Il Professore gli voleva molto bene. Inoltre voleva assai bene al ragazzo con cui aveva stretto amicizia dopo la scomparsa della ricca signora Somanoeav, quel triste giorno di vent’anni fa. Trascorsi tanti anni, quello che era un ragazzo adesso era un uomo maturo, affascinato dal Professore. Giulio: “- Sei veramente un grande, caro Professore. Per me significhi molto, sei come un babbo che io purtroppo non ho conosciuto ( te sai la mia storia. ) Ti conosco bene e da tanti anni. La tua invenzione, chiamiamola così, è sicuramente di grande rilevanza. Diventerai famoso. Ma lo sai che vorrei provarla, si fare un esperimento. Beh, verrà anche il momento di questo.-“: Professore: “_ Prima di tutto, ti ringrazio per i tuoi vivissimi complimenti. Devo confessarti che mi hai aiutato, in qualche modo. Anche se non proprio direttamente. Sono sempre stato affascinato dalla scienza, sino dai tempi dell’Università .Va bene che poi decisi di fare la carriera militare, nell’Aviazione. Mi ricordo che da piccolo, durante il mio quarto compleanno dissi qualcosa su di un orologio, una battuta. Mia zia mi osservò attentamente e con orgoglio e disse: “- Te diventerai importante.-“: Adesso, dopo quarant’anni mi ritornano alla mente tali parole. E così ripenso a quella che era la mia vita, prima di precipitare con l’aereo, su quest’isola. In I. Ho una sorella, un fratello ed anche un nipote, che si chiama: Gabriele. Vorrei tanto rivederlo. Infatti, lo vidi per l’ultima volta che era piccolo.-“: Dopo il compimento del lavoro e passati quarant’anni dalla sua permanenza sull’Isola, intuiva di generare gelosie all’interno del mondo scientifico, sapeva d’incuriosire e interessare i politici dell’intero globo. Inoltre la sua invenzione avrebbe potuto interessare vari tipi di persone e poteva essere utilizzata per molteplici scopi.
Terza parte.
Capitolo primo Sogni, incontri e vecchie amicizie.
Gabriele, un tempo studente nella medesima classe di Riccardo il Mago “ principiante “, aveva anche lui fatto parte della medesima compagnia dell’altro. I due si conoscevano bene, da molto tempo e avevano condiviso , tante avventure. Cosa accadde a Gabriele? Sogni dalle caratteristiche inquietanti , misteriosi argomenti. Accadde che una sera preso dal sonno, dopo una giornata stancante s’addormentò subito, e… Mentre dormiva gl’apparve lo zio. Che in realtà era proprio lo stesso Capitano, Militare inglese Thomassen. I due erano la stessa persona: lo zio di Gabriele era il Capitano scomparso sull’Isola Nascosta. Gabriele conosceva quest’ultimo soltanto dalle foto e dai racconti di sua mamma. Durante la visione onirica venne a conoscenza degli studi dello zio. Si reso conto come il simpatico parente avesse impiegato circa trent’anni della propria esistenza nello scopo di inventare e costruire una: Macchina per il Teletrasporto. Né più, né meno. Inoltre gl’apparve nientemeno che un’isola famosissima per vari studi : L’Isola Nascosta. Notò anche, all’interno dello studio un bellissimo pappagallo, dagli eccentrici colori, che lo colpì. Lo guardò negl’occhi e rimase affascinato, gli trasmise qualcosa, ma cosa?!! Poi si svegliò. Il sole già si mostrava assai alto e illuminava tutto, era una bella giornata di settembre. Il sogno emanava inquietudine. Così appena fatta colazione decise di informare di tutto ciò i suoi amici stretti. Telefonò a Giorgio, persona molto sveglia, per informarlo, così che lui rimase sbalordito, del resto l’argomento appariva irreale e c’era da restare meravigliati. Gli ritornarono alla mente alcuni momenti, propria la mamma gli aveva parlato del Capitano dell’aeronautica. Si gli apparvero alla mente anche alcune fotografie. Adesso aveva capito tutto. Ecco quello che era accaduto, dopo tanti anni, su di un’Isola misteriosa, direi Nascosta. In un secondo momento, Gabriele pensò di parlare del sogno anche al vecchio, amico; si Riccardo il celebre Mago. Infatti il sogno gli procurava addirittura ansia ed inoltre lo incuriosiva assai. Riflettendo su tutto ciò, capì che ascoltare il parere del Mago, poteva essere una cosa che lo potesse, aiutare, rassicurare. Tra sé e sé si domandava se veramente quello che considerava lo zio, fosse stato in grado, anche se con molti anni di studio, di costruire nientemeno che, un tale congegno. E se tutto ciò, tutto quello che gli era apparso in sogno fosse veramente vero? Si domandò! Gabriele, informò una seconda volta, per telefono lo stesso Giorgio. Così, lui in un secondo momento, allarmato di quello che stava accadendo a Gabriele e insospettito, chiese spiegazioni ulteriori. Così tutto il gruppo decise, per aiutare l’amico, di riunirsi nella casa di campagna proprietà di Gabriele, situata fuori del centro abitato, in campagna. Gabriele vi arrivò con la macchina, li altri tre presero un bus e poi fecero un pezzetto di strada a piedi. Li colpì immediatamente la bellezza del luogo, non faceva freddo. Quello che un tempo era Il miglior amico di Riccardo riuscì a raccontare il sogno, ad essere preciso a esporre con le parole la propria fantasia e farsi comunque sia capire. Parlarono molto; successivamente ognuno espresse il proprio parere, ma non litigarono. In dei momenti si fecero coraggio l’un l’altro. Come ai tempi della scuola, delle compagnie infatti è vero, si sentivano uniti. Tutti insieme si fecero coraggio e concordarono di narrare il tutto al vecchio Riccardo, adesso “Mago” tanto per essere consigliati. Forse ne sapeva un po’ più di loro. Cosi avvenne. Immediatamente, il giorno successivo, lunedì, presero un appuntamento. L’appuntamento era fissato per mercoledì. Così mercoledì mattina,insieme si recarono all’affascinante studio dell’esperto. Gabriele per fortuna restava informato su dove si trovava adesso la casa del “Mago”. Raggiunsero il luogo con la macchina e mentre Gabriele guidava, gli tornarono alla mente cose, episodi del passato. Come le mode, oppure le compagnie. Quel mondo per loro non esisteva più, anche se dentro tutti loro si percepivano ancora un po’ “adolescenti”, sognatori. Il vecchio Riccardo era stata avvisato dell’imminente arrivo dallo stesso Gabriele. Riceveva così tutto il gruppo, nel suo studio che si trovava nella propria casa. Lì fece entrare ma però convenne di ascoltare solamente Gabriele, da parte; rappresentava l’amico prediletto. I due, anche in quel momento, dopo tanto tempo, si stimavano molto a vicenda. Appena si videro, nel momento in cui i loro sguardi s’incrociarono vennero presi da una sensazione bellissima, non spiegabile. Si fissarono e poi abbracciarono per qualche minuto. Poi Gabriele espose varie domande al Mago; quest’ultimo gli consigliava di approfondire le intuizioni. Poi ad un certo punto, come un fulmine a ciel sereno, s’alzò di scatto dalla seggiola. Riccardo:” Ma, cosa hai detto ? Isola Nascosta? Ho già sentito parlare di quel luogo. –“: Si mise la mano destra sopra la fronte. Una cosa è certa, disse, dovete raggiungere l’Isola Nascosta e al più presto possibile. Magari assieme agli altri tre amici. Dovevano compiere coraggiosamente quel passo. Il consiglio dell’amico Mago adesso restava sempre più categorico: recarsi lì. Era la miglior cosa da fare, la più sensata. Gabriele doveva capire se il sogno fosse vero, doveva rendersi conto chi fosse materialmente suo zio, conoscere da vicino il grande Professore . Ed inoltre verificare le sue scoperte, anche metterle forse in atto? Almeno questo restava opportuno anche dalla lettura delle carte, che il “Mago” aveva attuato all’amico e dall’oroscopo. I quattro uscirono dal palazzo, luogo d’abitazione di Riccardo e si diressero al bar per prendere un caffè e discutere ancora un po’, sull’argomento. Ecco che la loro vita si prestava ad un cambiamento, nasceva qualcosa d’imprevisto, che lì avrebbe legati gli uni agli altri, ancor più di prima. Destino… Decisero così, alla fine, assieme, di tentare, di fare un bel viaggio, sull’Isola Nascosta. sulle tracce dello zio . Ad un certo punto uno dei tre amici ricevette una telefonata nientemeno che dal “ Mago “, in persona. Questo affermò decisamente che si sarebbe aggiunto al loro gruppo, con lo scopo di giungere alla destinazione. Quest’ultimo era curiosissimo di visitare la suddetta Isola Nascosta, così voleva approfittare della situazione per arrivare sull’isola. Non sapevano però con certezza se avessero trovato il parente di Gabriele. Tutto restava avvolto in una luce di mistero, non possedevano notizie sicure, si sarebbero mossi un po’ a casaccio. Ma a loro, conveniva lo stesso. Si trattava di un viaggio molto avventuroso. Trascorse due settimane dall’incontro con il Mago,poi tutti insieme si decisero e comprarono i biglietti per poi partire. Cos’ì Riccardo stesso li accompagnò.
Capitolo secondo. Il Mago ed il Professore.
Contentissimi presero l’aereo: destinazione l’Isola Nascosta. Giunti a destinazione, terminato il viaggio, sbalorditi di tutto quello che stava accadendo,si domandarono come incontrare il grande Professore. In un certo senso si muovevano nel buio, non possedevano notizie certe. Dal centro di M. si diressero in periferia, l’ì vicino appariva il mare, spumoso e carico d’energia, che affascinava molto; chiunque restava ammirato. Da quel punto lo sguardo attraversava chilometri e chilometri di mare oceanico, per poi perdersi nel nulla, nello schiumoso vuoto. Imprevedibilmente , mentre girellavano in vicinanza del maestoso mare, vennero incuriositi da un gruppetto di bambini. Come un miracolo, sulla scogliera notarono un personaggio, circondato da piccoletti, che fumava la pipa. Aveva un posizione che li attrasse, perché spirituale, rivolta verso il mistero della natura . Romantica, essenzialmente. Furono i bambini stessi che notarono i quattro e con i loro giochi fecero in modo che il gruppo incontrasse l’audace inventore. I piccoletti cominciarono a giocherellare, mentre il gruppo d’amici osservava il panorama e incuriosito fissava, come fosse un incantesimo, quella figura che altro non era se non il Professore, vero e proprio,in carne ed ossa. Senza nessuna incertezza, i quattro si presentarono. Il Mago, si Riccardo, si commosse e al tempo stesso nei suoi occhi apparve una luce, di curiosità, che faceva al tempo stesso brillare le poche lacrime. Immediatamente gli torno alla mente il passato, il periodo dell’adolescenza, con le sue sfumature e ancora il distacco dalla città, la conoscenza del cugino del babbo, il periodo vissuto nella bellissima villa, lo studio della musica e del giardinaggio. Notava come sia il bis-cugino che il Professore, fossero parimenti affascinanti e misteriosi e conservassero delle similitudini. Successivamente, dopo un istante di silenzio lo stesso Gabriele si presentò allo scienziato. Gli strinse fortemente la mano, gli confessò di essere suo nipote. In quel momento sul volto del grande Professore apparve un sorriso e i due s’abbracciarono. Professore :”- Ma guarda che dopo anni e anni di completa solitudine, di studi, ecco che conosco da vicino proprio il mio vero nipote. Come ti chiami ?.-:” Gabriele:”- Gabriele. Sono proprio curioso di conoscerla. Ma siamo parenti, non è vero?.-“: Gabriele gli confessò di averlo sognato, di essere venuto a conoscenza di tutto. I due si fissarono, venne così un momento empatico. Successivamente, dopo le presentazioni il Professore li condusse nella propria casa. All’interno la dimora aveva tre stanze, più uno studio sotterraneo. Il nipote intanto osservava l’arredamento, fra i tanti oggetti vi era anche un pianoforte, lasciato lì probabilmente dall’anziana signora S.… Poi il Professore li fece accomodare nientemeno che nello studio sotterraneo. Soltanto lo studio stesso trasmetteva un grande fascino. Non era disordinato affatto, molte però le carte geografiche appese al muro, anche astronomiche. Trascorsi due minuti, un bellissimo pappagallo cominciò a dire due parole, :” Professore, Professore.-“: il gruppo rimase meravigliato e successivamente tutti risero. Poi inspiegabilmente, cosa senza precedenti disse :”- Gabriele, c’è suo nipote, Gabriele…-“: tutte e cinque le persone presenti, sorrisero senza però ridere. Riccardo osservò il verde e giallo animale. Poi il loro sguardo si posò su di una parte, lateralmente sulla sinistra, lì appariva la grande novità scientifica: la Macchina del Tele-trasporto. Il gruppo rimase in silenzio per una diecina di minuti, osservando tutto ciò che era da guardare, analizzando da vicino proprio la stessa Macchina. Questa trasmetteva una carica forte d’energia ma anche di mistero. Attraeva anche per la forma. Aveva le caratteristiche di una macchina da formula uno. Poteva contenere massimo quattro persone. I quattro, nonostante fossero emozionatissimi, come comprensibile, rivolsero tuttavia allo scienziato alcune domande. Nacque una interessante ed intensa discussione. Il Professore cominciò il suo racconto, descrivendo un po’ la propria vita, per poi narrare i giorni ed i momenti del lavoro scientifico. Non ci volle molto per capire che sarebbero oramai entrati a far parte della storia, più precisamente della storia della fantascienza. Quelli che una volta erano una ribelle compagnia d’amici, di sognatori adesso avrebbe potuto appartenere alla Storia, nel bene e nel male. I sogni divenivano realtà… Sapevano che se la notizia fosse stata diffusa il Professore sarebbe diventato famoso. Avrebbe sicuramente ricevuto un premio. Però prima di tutto dovevano utilizzarla, sperimentarla. Ma come, quando ? Gabriele, avanzò l’ipotesi, plausibile di effettuare un viaggio, o meglio un viaggietto. Anche per dimostrare del tutto e a tutti il lavoro del Professore. Montarono in quattro, il Professore, il Mago, Gabriele e Giorgio. Come ho detto la Macchina, invenzione dello zio di Gabriele, non effettuava viaggi nel tempo, ma nei luoghi più diversi, sii. Decisero di provarla e indirizzarono il viaggio proprio, nella Villa di campagna dove Riccardo, l’odierno Mago aveva vissuto, per superare la crisi interiore. Era passato molto tempo. Apparvero nel giardino della Villa, dove a potare le rose vi era proprio il biscugino di Riccardo: Antonio. Quest’ultimo all’inizio rimase sbalordito ed esterefatto. Poi riconobbe l’”allievo” e tutti e cinque risero, abbracciandosi. I quattro avventurieri spiegarono tutto, per filo e per segno, la loro vicenda. Lo stesso Professore parlò molto. Antonio li mostrò la Villa, che lui manteneva benissimo. Poi tornarono sull’Isola Nascosta. Naturalmente nei prevedibili viaggi, gli avventurieri potevano anche restare invisibili, non venire notati e magari scattare foto oppure video. Il gruppetto, dopo tutto si congratulò ancora calorosamente con il Professore, che dal canto suo felicissimo gli offrì del thè ed alcune caramelle. Rimasero un po’ di tempo insieme. Ecco come il Mago, riusciva a conoscere l’altro grande personaggio, Il Professore. Adesso, si adesso, i loro occhi luccicavano di energia, si guardavano, coglievano i pensieri della mente.
FINALE
Da quel viaggio sull’Isola e l ‘altro nella Villa, trascorsero alcuni anni, ma poco tempo dopo la scoperta venne resa pubblica ed il gruppetto di quattro amici più il Professore divenne famoso, in tutto il mondo. I giornali di mezzo mondo diffusero la notizia. Dunque accadde che Gabriele contattasse un amico giornalista, che già conosceva dai tempi delle Compagnie. A lui spiegò tutto. Narrò del sogno, della conoscenza dello zio : Il famoso Professore dell’isola Nascosta. Il quale giornalista, lo ringrazio e entusiasmato fece a Gabriele ulteriori domande. Pensava anche come la stessa storia avrebbe potuto essere sicuramente scritta, tutto quello raccontato dal nipote Gabriele poteva benissimo diventare un libro, un romanzo vero e proprio. Ma ancora questo progetto rimaneva un sogno. Probabilmente però avrebbe, sicuramente potuto avverarsi. Marco il giornalista comunque sia, seguendo le indicazioni del vecchio amico scrisse un articolo eccezionale, che in molti lessero. Così diventarono famosi… Dopo il momento iniziale, dove divennero famosi, ancora curiosi di tutto quello che stava accadendo, vogliosi di sperimentare altro ancora, decisero di rivedersi insieme. Così si misero d’accordo nel tornare con l’aereo, sull’Isola Nascosta, si proprio lì, sulle scogliere. Una volta luogo di lavoro, meditazione e ammirazione del grande Professore. Era inverno, in Italia. Appena già cominciato l’inverno, faceva freddo, si stava bene in casa. I quattro si ritrovarono a casa di Gabriele, per discutere dell’imminente viaggio. Sembrava come fossero guidati dal Destino verso un qualcosa di avventuroso, magico. Dai ritrovi nei boschi erano passati alle spiagge di R. Poi al primo viaggio sull’Isola, dove al centro di tutti rimase la conoscenza della prima macchina per il Tele-Trasporto. Poi la fama. Effettuato il volo in aereo, arrivarono sull’Isola e la prima cosa che fecero rimase quella di soffermarsi ancora una volta sul panorama, bellissimo… Arrivati sull’Isola, si diressero sulle scogliere. Tutto era suggestivo; restarono senza parole, emozionati, attratti dall’energia che vi era. Ad un certo momento da lontano si notava un’imbarcazione, adibita a trasportare passeggeri. Una nave da crociera. Nessuno di loro poteva saperlo, ma lì vi viaggiava nientemeno che Anna, un tempo amica di Laura moglie di Riccardo. Gabriele stava per addormentarsi, mentre la notte scendeva. Il colore della luna argentata cominciava ad illuminare la spiaggia, gli scogli, il burrascoso mare, che brillava e lasciava dentro la sensazione di nostalgia, non irrazionale. Chissà forse cominciava per loro un successivo periodo di amicizia e non solo, di arricchimento, soddisfazione e continua ammirazione della natura. Altro non sappiamo: potrebbe essere che insieme impiegassero il tempo utilizzando la Macchina acquistando sempre maggior fama e ricchezza interiore. Forse anche adesso, in questo momento staranno viaggiando; potranno essere ovunque. Soddisfatti del consiglio del Mago e della scoperta del grande Professore …
Questa che inizio adesso a leggere, riguarda appunto : La vera storia del Mago e del Professore dell’Isola Nascosta . Non si tratta di una vicenda inventata da me, oppure di una visione onirica, ma di un libro vero e proprio. Che ci crediate o no ! Si tratta di un romanzo scritto da un giornalista, mio amico. Io stesso ho proposto a lui e descritto, l’argomento. Tengo personalmente tale testo nella biblioteca di casa, in salotto. Oggi mentre prendo il libro dallo scaffale per leggerlo, è un giorno d’autunno, quando gli alberi sono colorati di giallo e marrone, mentre per piccoli e giovani inizia la scuola. Quando il sole scompare velocemente e la notte inizia il suo racconto. Afferro con la mano destra il volume. Si tratta di un libro, un romanzo breve, inizialmente pubblicato da una famosa casa editrice, ma poi uscito con il tempo, fuori dal commercio. Comunque sia conosco l’autore, che era un mio vecchio amico. Anche lui frequentava la nostra compagnia, un tempo. Ho letto la medesima opera, da solo, per ben due volte. Non mi sono mai stancato, anzi la mia curiosità rimaneva alta. Mi sono divertito molto. Capita che, da un po’ di tempo, legga alcune pagine di questo testo davanti ai miei amici, quando alcune volte la sera dopo cena, c’incontriamo nel mio salotto. Nonostante tutto loro mi ascoltano interessatissimi. Dedichiamo a questo pochi minuti, poi giochiamo a carte, oppure vediamo un film. Oggi leggerò da solo, dentro di me, interamente questo testo. Precisamente per la terza volta. Spero che anche a voi piaccia. Ecco, inizio…
Le Compagnie.
Tutto comincia fra la fine degli anni settanta ed i primi anni ottanta, in Italia. Si, anni musicalmente caratterizzati dalla disco music; ma non solo, era il momento anche dell’Heavy metal, della New Wave e del Punk. Esistevano gruppi come gli Iron Maiden oppure i Metallica. E non solo, altri ed altri ancora; per restare nell’ambito Heavy Metal, possiamo citare i Saxon, AC DC, Motorhead. Potrei citare nomi e nomi di gruppi, riempiendo la pagina, ma non lo farò. ( Ma ve li ricordate i Duran Duran?) Inizialmente la vicenda riguarda adolescenti. Si proprio degli adolescenti. Come vivevano, appunto loro in quel periodo? Uno dei divertimenti più gettonati era la Discoteca, oppure concerti di vario tipo. Andavano tutti a ballare oppure indossavano magliette particolari. Nei gruppi girava spesso e volentieri l’Hashish. I ritrovi erano svariati: dai Bar, alle Piazze, sino addirittura ai boschi. Lì bastava una coperta un po’ di fumo e dell’allegria per toccare il cielo con un dito, per sentirsi felici; tutti insieme. Il resto restava superfluo, le cose giravano così. Anche se il lunedì tutto ricominciava e si tornava a scuola, volenti o nolenti, felici o scontenti. In quel periodo i ragazzi si riunivano in compagnie, che di solito prendevano il nome proprio dal luogo ove questi si ritrovavano. Così esisteva la compagnia detta “ Di Via Lunga “, oppure “ Del Ponte Rosso “, ecc… Ecco che spunta, che fa capolino il nostro “ eroe “: Riccardo. Ma chi era Riccardo? A quel tempo, un giovane di sedici anni, alto, magro innamorato della vita, che frequentava una compagnia di “fighetti”. Il loro gruppo prendeva il nome dal luogo del ritrovo, era così noto a tutti come “ Compagnia del Pontone “ ( Infatti nel medesimo posto dove si ritrovavano vi era un ponte, di medie dimensioni. Inoltre un fiumiciattolo, d’estate sempre asciutto ) Le varie compagnie si conoscevano tutte, anche se solo per nome. Fra di se i giovani si raccontavano, storie ed aneddoti e questo li rendeva allegri. Era un mondo a parte. Per lo meno diverso da quello degli adulti. Riccardo pur avendo sedici anni, dentro spiritualmente era assai maturo. Fumava le sigarette sino dall’età di quattordici anni, ma le comprava di nascosto. In molti comunque, avevano questo vizio. Riccardo anche se a modo suo, era molto amato. Forse perché era se stesso davanti a tutti e tutt’altro che vile. Si distingueva dal gruppo, anche se faceva parte del gruppo. In quel periodo Riccardo aveva la passione per la musica in generale, ma nello specifico per l’Hard Rock e l’Heavy Metal. Difatti spensieratamente, insieme al carissimo amico Gabriele, ogni venerdì pomeriggio di solito acquistava addirittura un disco. Questo un po’ a scapito del rendimento scolastico, anche se da lui abbastanza considerato. Aveva delle capacità superiori alla norma e qualcuno lo capiva. Voleva fare la collezione di tutti gli album, di gruppi come Black Sabbath, AC DC. A scuola la materie più amate erano quelle umanistiche, anche se andava bene anche a matematica. Nella loro compagnia, in molti ,eccentrici, indossavano magliettine e scarpe firmate. La sensazione che si percepiva è che loro fossero dei materialisti, attaccati a valori commerciali. Che fosse realmente vero? Comandati da chissà quale Dio inoltre i ragazzi della compagnia stessa di Riccardo, ma anche altre, trascorrevano le giornate a girare con motorini truccati. Per forza di cosa conoscevano tutte le strade, non temevano niente e nessuno. La loro compagnia , si componeva di dieci, dodici ragazzetti, che vivevano al massimo il loro periodo, di ragazzi. In tutto e per tutto. Ma si sa che l’adolescenza è anche mistero, è un qualcosa che dentro rimane anche quando sei vecchio ed è come tutta la vita: una crescita… Fra loro, nella medesima “ Compagnia del Pontone “ vi era anche, come già accennto,Gabriele, il migliore amico di Riccardo. Quest’ultimo apparteneva se lo volessimo classificare, al tipo di persone indicabili come: “sognatori”. Amava molto la musica, specialmente l’Hard Rock, comprava molti dischi, fornendosi in un negozio molto famoso, custodiva l’idea di formare un gruppo musicale ed esibirsi, ma per adesso quel progetto restava soltanto un sogno…
La vacanza a R.
Con l’ arrivo della primavera, capitò che il loro gruppo, si ritrovasse per parlare delle vacanze estive. Era giunto il momento preciso, si dovevano muovere per realizzare qualcosa. Stava per accadere un fatto nuovo, originale, quello di mostrare ancora di più, al mondo intero, la loro “ribellione”, la loro “stravaganza “. Si ritrovarono così ad un bar della zona, che tra l’altro restava molto conosciuto, per discutere. Erano le tre del pomeriggio. Era primavera e tutto rifioriva, rinasceva anche nella natura; si potevano intuire tante cose, l’immaginazione restava forte. I partecipanti fra loro comunicavano una grande felicità. La riunione non lunga, rimase caratterizzata dagli scherzi di quei ragazzi e dalla loro vivacità. Nonostante tutto, si trovarono d’accordo. Non litigarono, anzi terminata la riunione si sentivano dentro di loro ancora di più amici, ancor più se stessi ( e non è poco). Tale riunione durò un’ora e mezzo e molti furono gl’interventi, i consigli, le indicazioni e anche, soprattutto le risate. Conclusero che il loro scopo restava quello di trascorrere una settimana a R., luogo famoso per le discoteche e la vita notturna. La cosa li attraeva tantissimo; per vari motivi. Fra tutte le cose, di più gli piaceva e affascinava restava il fatto d’imbroccare. Presero ciò, senza dubbio come un vero e proprio scopo, da realizzare. Intanto il tempo correva e… Arrivò il 1° agosto, data della partenza. Il momento del viaggio rimase bellissimo, romantico, suggestivo anche perché in treno. Partirono in dieci, soltanto in due non parteciparono, forse troppo timidi. C’e l’avevano fatta. Il ritrovo era fissato davanti all’edicola della Stazione. Il primo a giungere si dimostrò, Gianni, ragazzo di poche parole ma molto intelligente. Poi Giorgio che studente ribelle, frequentava la stessa classe di Riccardo e Gabriele. Amava e piaceva alle studentesse… Ecco appena scoccate le otto il gruppo era al completo e tutti si fissarono per alcuni minuti, senza distrarsi troppo da quello che era la loro avventura, del momento. Riccardo osservò l’orologio e con la sguardo si soffermò sulla sigaretta accesa di Gabriele. Questo sorrise, leggermente ma in molti lo notarono. L’unica cosa da considerare, si tratta comunque di un dato di fatto, era la mancanza di ragazze. Fecero il più velocemente i biglietti di andata e ritorno per poi salire sul treno. Partirono. Nel treno tutti insieme risero e risero,per minuti interi. Si sentivano adesso amici più che mai, ribelli, se stessi. Poi durante il viaggio ringraziarono Gianni, che era stato l’ideatore vero e proprio della vacanza. Così durante il tragitto, si girarono verso di lui, applaudendo. Riccardo :”- Ti devo ringraziare davanti a tutti, per la tua bellissima idea. Grazie, caro.-“: Lui rimase immobile, commosso e dentro di sé percepiva una grande felicità. Poi, Gianni :”- Sono certo che ci divertiremo. Anzi, ma che dico sarà un’autentica avventura, da ricordare per sempre.-“.( Che avesse ragione ?) Dopo quattro ore di treno, giunsero a R.; stavano realizzando lo scopo. La città stessa dove arrivarono restava di per se affascinante, così rimasero colpiti, per il fatto di essere lì, quella medesima estate. Certamente si trattava di un luogo assai alla moda, senza dubbio commerciale, consumistico, ma che nonostante tutto li attraeva assai; ragionavano da giovani. Qualcuno già si chiedeva se ci fossero concerti Heavy Metal… Avevano già prenotato la villeggiatura proprio in un albergo a tre stelle, per una settimana e la spesa rimaneva bassa. Già appena arrivati, immediatamente capirono quale fosse la sostanza di tutto, la caratteristica fondamentale della loro vacanza. Sapevano da subito quello che dovevano fare; nel bene e nel male. Come si può immaginare, lì trascorrevano le giornate sulla spiaggia e la notte in discoteca. Raggiungevano la spiaggia al mattino e vi rimanevano sino alle cinque del pomeriggio. Dopo cena, percorrevano un po’ a piedi la strada principale, già stracolma di persone, ridendo e scherzando. Poi finalmente, una volta giunte le undici, entravano tutti insieme, in banda, in discoteca. Vi rimanevano sino alle cinque del mattino, spensierati e felici. Usciti li aspettava il romanticismo dell’alba, l’odore del mare, l’amore nel cuore. Amavano principalmente la musica dance, ovvero la disco music,che sapeva arrivare al loro cuore per parlargli… In quei momenti di divertimento sfrenato, di amore e passione per la musica, una notte conobbero in discoteca tre ragazze: Laura, Giulia e Anna. Giulia era molto chiacchierona, Anna timida ma carina, Laura la più bella delle tre. Queste avevano la stessa età. Durante una chiacchierata Laura ed Anna confessarono amichevolmente sorridendo di essere della stessa città : F. Gabriele e Riccardino risero sotto i baffi, ma poi trapelò dai loro volti una grande felicità. Gabriele:”- Ma dai, che coincidenza. Siamo tutti abitanti della stessa città.-“: Giulia, dolcissima, però non si scompose molto e fece l’occhiolino alle altre due amiche. Poi il precedente silenzio venne rotto dalle note del pezzo “ Big in Japan “, dei favolosi Alhaville. Allora in quell’attimo, in quella scintilla, tutto il loro gruppo, di maschi, s’alzò in piedi e occupò il centro della sala da ballo. Una manciata di secondi dopo li seguirono anche le tre ragazze, da pochissimo conosciute. Poi tutti a pogare con “Jump” dei van Haelen. Quella stessa sera presi dal romanticismo, ebbero una nobilissima idea. Uscirono dalla Discoteca che le lancette dell’orologio segnavano le due della notte. Ma dentro di loro si sentivano ancora vivi. Così non tornarono tutti all’albergo. Si tutti tranne Riccardo, Gabriele e altri due. Così si diressero nientemeno che sulla spiaggia. Insieme a loro naturalmente, le tre ragazze conosciute quella sera. Mentre s’incamminavano sulla spiaggia, commentarono la serata in discoteca. Parlarono molto della musica, che era varia. Poi si distesero sulla sabbia, che Riccardo e Laura già si tenevano per mano. Mancavano tre giorni ancora, al termine della vacanza. Comunque sia Riccardo e Gabriele scambiarono i numeri di cellulari con le ragazze. Precisamente non Giulia, perché di un’altra città. Si sentiva il mare calmo in lontananza e si notava il cielo stellato, terso, pulito, stellato, come d’estate avviene. Quel giorno finiva, lasciando dentro Riccardo un sentimento di malinconia. Ma le cose stavano cambiando. Tornati alla vita di sempre, Laura e Riccardo si frequentarono da subito . Si misero insieme. Amare, si amavano. Riccardo e Laura cominciarono la loro vita di coppia, felici di amarsi. Tra i due Il più contento appariva Riccardo. Infatti aveva tutto ciò che desiderava: il motorino, la ragazza, gli amici e poi, era giovane. Trascorse del tempo ( un anno ? ) e arrivò l’anno dell’Esame per il conseguimento del Diploma. Riccardo avrebbe preso il Diploma Professionale, di cinque anni. Laura, invece si diplomava in scuola magistrale. La sua ambizione restava quella d’ insegnare. Voleva laurearsi in Pedagogia e quindi insegnare. Intanto il grande rapporto d’amicizia con Gabriele, appariva ridimensionato. Si vedevano poco, anche se continuavano a stimarsi a vicenda. Accadeva che si sentissero per telefono e chiacchieravano molto. Gabriele si sentiva snobbato,ma passava sopra anche perché voleva un gran bene all’amico. Sostanzialmente lo capiva. Gabriele :”- Ciao, Riccardo ti sto chiamando dopo tanto tempo. Come stai ? Io abbastanza bene e Laura ? Lo sai che questo pomeriggio sono stato al nostro solito negozio di dischi ed ho comprato il primo Album degli “ Iron Maiden “.-“. Riccardo:”- Ma dai. Intanto mi fa enormemente piacere sentirti. Anche se mi faccio sentire poco, per ovvi motivi, per me sei sempre un carissimo amico. Devo confessarti che non ho in casa il primo Album degli Iron Maiden. Sono però sicuro di tenere il primo Album dei “ Black Sabbath.-“: Gabriele:”- Mentre era dentro il negozio e consultavo i dischi, con lo sguardo mi sono girato e ho notato che passava una vespa, con un conducente ed un passeggero. Lo sai che probabilmente il passeggero era nientemeno che Anna, si Anna l’amica di Laura.-“. Riccardo:”- Dopo tutto non è tanto strano. Anche lei abita qui.-“. Gabriele :”- Ciao, a presto.-“: Anche Riccardo posò la cornetta. Intanto, nell’animo di Riccardo, cominciavano ad apparire i primi cambiamenti, le prime riflessioni alla luna… Come mai? Anche se ancora non l’ho detto,desiderava diventare guidatore d’autobus, ciò l’attraeva molto. Almeno sino ad adesso. Però chi lo conosceva pensava tutt’altro. Tale progetto a molti appariva come un sogno irrealizzabile, una cosa senza fondamento. S’intuiva che non fosse la persona adatta e che fosse letteralmente in preda della fantasia. Ma lui rimaneva affascinato da quel tipo di lavoro, come del resto gli adolescenti con la musica.
Matrimonio.
L’Esame di Stato non rappresentò un ostacolo insormontabile e così studiando molto , entrambi, lo superarono. La giovane sostenne un bellissimo esame e ottenne un voto alto. Riccardo superò la prova, ma non ottenne grandi voti; si doveva accontentare. Lo stesso Gabriele conseguì il diploma e successivamente fra tutti i pensieri del momento, il più duro e difficile d’affrontare era proprio quello che riguardava la sua amicizia con Riccardo. Trascorso un anno dal diploma, Riccardo e Laura si sposarono. La cerimonia non si fece in Chiesa, ma rimaneva un matrimonio civile e basta. Devo dire che la festa, il rinfresco fu un momento per festeggiare. Tutti insieme. Difatti vi parteciparono tanti vecchi amici di Riccardo, ma anche di Laura. Era un avvenimento che tutti ricorderanno, nel tempo. La cosa più sensazionale, comunque rimase l’esibizione del gruppetto musicale di Gabriele, assai bravo chitarrista. Molti gli applausi e la festa durò a lungo, sino a tarda notte. Naturalmente Riccardo e Laura soprattutto, toccavano il cielo dalla felicità. Laura ( al telefono con Riccardo ). :”- Amore, sono contenta di trascorrere la nostra luna di miele, in Francia. Non sono mai stata in Francia e mi piacerebbe visitare Parigi. Ci divertiremo. Fra l’altro ho intenzione di fare tante foto. Comunque sia il giorno di partenza è domani l’altro e oggi ci vediamo sicuramente; non abbiamo fissato una cena al Ristorante di via N. ?.-“: Riccardo :”- Si, cara. Abbiamo rimandato di un giorno per motivi personali. Staremo lì per una decina di giorni. E poi non ti preoccupare ci sarà molto, da visitare.-“: Partirono con la macchina di Riccardo. Avrebbero vistato oltre a Parigi, anche Lione… nel lungo viaggio si fermarono a metà strada, per riposarsi. Posteggiarono la macchina, in un Autogril. Non capirono se il posto fosse autorizzato, o no. Ma nella notte, verso le tre, le quattro arrivò la polizia . Un agente severamente bussò al finestrino del mezzo e li chiese i documenti. Per Riccardo e la moglie furono momenti difficili, ma andò tutto liscio. Tenevano accesa anche la radio e questo li riempiva di felicità. Si baciarono. Durante il riposo notturno, chiacchierarono. Le parole data la situazione avevano un sapore particolare, d’avventura. Arrivata l’alba, ripartirono. Vorrei aggiungere come il babbo di Laura, famoso Professore era d’origine francese. Prima che Laura nascesse aveva insegnato in un liceo di Parigi, assai famoso. Era Docente di Lingua e Letteratura francese. Amava quindi, Zolà, Maupassant, Flaubert ed altri ancora. A scuola dava molto e si basava soprattutto su” La Bestia umana “ di Zolà, “Il Rosso ed il nero “ di Sthendal, “Madame Bovary “ di Flaubert. Poi emigrò in Italia, perché lo spostarono e anche perché aveva conosciuto e sposato un’insegnante italiana, anche pittrice. Si la mamma di Laura. Comunque sia quando Laura nacque i genitori già risiedevano a T. Città anche di Riccardo, Gabriele e Anna, la migliore amica di Laura. Dopo dodici ore di viaggio, giunsero a Parigi. Osservando la Torre Eiffel, a Laura tornò alla mente come una fotografia, il quadretto, l’abbozzo sulla medesima Torre, famosissima in tutto il mondo che la mamma Serena aveva realizzato tanti anni fa e che anche lei stessa aveva avuto modo di vedere, da piccola. Scattarono molte fotografie. Mangiavano con dei panini all’ora di pranzo, mentre per la cena andavano al Ristorante. A lume di candela. Altro che momenti scanzonati, per le strade con motorini truccati oppure i ritrovi nei boschi. Questa si, che era un’altra vita. Sicuramente più borghese. Ma Riccardo amava Laura e notava in lei delle qualità nascoste. Che somigliasse alla mamma pittrice? Pernottarono in un lussuoso albergo.
Il lavoro preferito.
Finita la luna di miele entrambi trascorsero un bel periodo, precisamente un anno, nel quale si concretizzarono molte cose. Mentre il tempo passava velocemente, Riccardo fortunatamente riusciva a trovare lavoro come guidatore d’Autobus e così tutto sembrava andare bene. Aveva realizzato il suo sogno. Desiderava ciò, sino dai tempi dell’estate trascorsa a R.. L’amico Gabriele anche se non condivideva del tutto il sogno del carissimo Riccardo era però, felice per lui; notava che l’amico lavorava bene e in lui si manifestava molto la predilezione verso quel lavoro. Almeno così appariva. Nella vita quotidiana di Riccardo tutto andava come doveva andare. Ogni giorno, ogni corsa nell’animo di Riccardo era un viaggio diverso. Che l tragitti avvenissero la mattina presto, oppure terminassero verso ora di cena, non era mai del tutto uguale. Vedeva volti nuovi. Strani personaggi che parlavano al cellulare come niente fosse, scolaresche e anche ragazzi senza biglietto. Amava quel mestiere. Un giorno capitò che durante una corsa, verso mezzogiorno i controllori fecero tre multe, mentre un ragazzo “punkeggiante “, sprovvisto di biglietto riuscì a scendere dal mezzo e correndo s’allontanò. Alcuni passeggeri assai sbalorditi, quasi sgomenti invocarono addirittura l’ambulanza. Ma Riccardo dal canto suo, continuò la corsa, senza troppo lamentarsi. Arrivato al capolinea, tutti scesero, tranne un ragazzetto robusto e alto, dell’età di dodici, tredici anni. Il nostro guidatore un po’ sorpreso gli chiese:”- Come va? Sei piccolo, cosa ci fai ancora sull’autobus? Dove abiti?.-“: Il ragazzo non si scompose per nulla e spiegò le sue ragioni a Riccardo. Era salito sull’autobus , senza una precisa meta, per fare un viaggetto, per divertirsi un po’. Rimase d’accordo con Riccardo che sarebbe immediatamente tornato a casa. Anche il ragazzetto era stato spettatore della fuga del “ Punk “ e così il pomeriggio narrò la vicenda agli amici. Qualcuno rise, altri rimasero incuriositi e scioccamente desiderosi di fare avventure simili. Comunque il lavoro per Riccardo rimaneva molto duro. Del resto l’orario pieno era di sette ore giornaliere e a volte lavorava anche la domenica e i giorni di festa. Ma in casa per Riccardo, cominciavano a manifestarsi piccole incomprensioni. Il babbo che lavorava in un Bar, assieme alla mamma, non vedeva bene il lavoro del figlio. Ma però era felicissimi del matrimonio con Laura. Anzi, stimava la giovane anche per la sua provenienza borghese. Una volta, si un martedì Riccardo e la moglie furono invitati a cena dai genitori di Riccardo. Si trattava di uno degli ultimi momenti di tranquillo matrimonio, fra i due. L’ideatrice dell’avvenimento era la mamma di Riccardo. La cena buonissima rivelò ancora di più la bravura in cucina delle madre di Riccardo. La discussione della serata partì con la politica, ma poi lentamente scivolò su argomenti strani, misteriosi che venivano dagli ospiti considerati anche solo per parlare, anche se dentro venivano da questi, smossi. Ad esempio il gioco dei tarocchi, l’astrologia, ed altro ancora. Pochi giorni dopo la cena, mentre Riccardo felicemente lavorava , accadde però l’inevitabile: Laura lo lasciò. Non specificò nemmeno tanto il motivo e Riccardo venne scosso profondamente. Dentro di sé sentiva il dolore, forte, intenso, non controllabile. S’interrogava continuamente, si chiedeva perché Laura lo avesse lasciato così, si domandava come mai così tanto soffrisse e in quei momenti guardava spesso l’orologio, impaziente. Il motivo della separazione: Laura preferiva un altro fisicamente, poi era disgustata dal fatto che il marito lavorasse come guidatore d’Autobus. Si separarono, con atto civile. Dopo due dolorosissimi giorni, ancora scosso lo chiamò l’amico di una volta: Gabriele. Chiacchierarono molto. Gabriele, fra tutti riusciva a capirlo più di chiunque altro. Tra l’altro un prossimo pomeriggio, s’incontrarono ai giardini e chiacchierarono molto. Gabriele :”- Ti sono molto vicino. Secondo me anche le cose negative possono essere trasformate in positive. Come in fondo sosteneva M. E., teologo medievale, bravo ma poco studiato. Ma perché non tenti la strada dell’arte. Non so, per me la musica ha un grande valore. E poi, non dirmi che sei nato per fare il guidatore d’ Autobus.-“. Riccardo :”- Sii. Ti ringrazio per l’aiuto ed i consigli. Ma la cosa principale è dimenticare Laura.-“: Gabriele: “- Non c’è dubbio.-“: Giunse il primo cambiamento : si licenziò da guidatore d’autobus. Questo avvenimento rese immediatamente allegri sia suo babbo che Gabriele . Per non parlare degl’ altri… Cambiamento di vita.
Quello che un giorno sarebbe comunque sia diventato perlomeno un serio Mago ebbe, come già detto un forte periodo di crisi . In quei giorni i familiari, Gabriele e gli amici non lo riconoscevano più, era cambiato, anche fisicamente, dimagrendo assai. Era arrivato a dimagrire ben dieci chili. A tutti quelli che lo conoscevano dispiaceva che soffrisse ma lui non trovava lo stesso un istante di sollievo e dentro di sé li ringraziava; percepiva la loro solidarietà, lo loro infinita stima. Tutti, comunque avevano intuito tutto da un po’ di tempo e adesso temevano che le cose potessero anche peggiorare; volevano intervenire in tempo, per evitare aggravamenti, quindi per aiutarlo gli consigliarono di allontanarsi dalla città, almeno per un periodo. Il suggerimento arrivò soprattutto dal padre, che era preoccupato molto, per le sorti del figlio. Destinazione: una casa colonica di proprietà di un cugino dello stesso genitore. Un parente alla lontana ma ospitale…che tra l’altro Riccardo aveva visto soltanto un paio di volte da piccolo, ma di cui aveva sentito parlare. Arrivava il momento di conoscerlo, del resto faceva parte della famiglia e non era assolutamente uno sconosciuto. Molte rimanevano le domande che Riccardo si poneva, riguardanti soprattutto il futuro. Scopo principale dell’allontanamento : dimenticare Laura ed il suo sorriso indigesto. Continuava il periodo di grande sofferenza, così d’accordo con se stesso e senza pensarci due volte, ascoltò il consiglio del babbo e prese velocemente la decisione di recarsi fuori città, per stare meglio, per migliorare. Non aveva molte alternative. Restare in città lo faceva soltanto soffrire. Il padre così contattò il parente e si mise d’accordo. Il familiare era assai incuriosito e fece molte domande al babbo . Parlarono a lungo, anche scherzando. Padre: “- Ciao, era molto che non ci parlavamo. Direi, anzi che sono passati due anni da quando ci vedemmo per l’ultima volta. Ci vedemmo un giorno, si c’incontrammo per strada. Però se ti ricordi da piccoli eravamo anche un po’ amici. Si in quel periodo abitavamo vicino e giocavamo insieme. Ah sono trascorsi tanti anni… Ti ho chiamato perché ho a cuore una cosa. Mio figlio, si Riccardo, non sta affatto bene. Si, si è lasciato da una decina di giorni con Laura, la sua ex moglie. Ma da quel giorno sta passando una brutta crisi interiore. Secondo il mio parere avrebbe bisogno di allontanarsi dalla città, almeno per un periodo. E so, che te per l’appunto vivi in campagna. Vorrei vivamente che tu l’aiutassi, gli stessi vicino.-“: Antonio:”- Ciao, prima di tutto. Mi dispiace molto che Riccardino non si senta bene. Lo voglio sicuramente aiutare. Sono curioso, voglio conoscerlo. Per me può traslocare per un periodo e vivere qui, anche per due mesi ( anche sei mesi ). Ma va bene, per la decisione del giorno dell’allontanamento ci metteremo d’accordo poi…-“: Padre :”- Mi hai reso felice. Va bene, ci metteremo d’accordo. Comunque sia per me mio figlio può abitare lì da te sino da lunedì, prossimo. Oggi è venerdì, poi…-“: Ma facciamo un passo indietro, nel tempo. Tanto per capire chi fosse questo Antonio. Era originario di una città nella Tambardia, circondata dai monti Cavallini che erano una catena montuosa assai famosa, anche per il turismo. Antonio era nato lì, a Millone, precisamente il 3 aprile 1958. Non aveva né fratelli né sorelle. Ma il babbo era Direttore scolastico e la mamma cucitrice. Antonio riuscì a prendere il Diploma. Cercava con grande volontà d’emanciparsi il più possibile,di arrivare ad una prestigiosa professione. È risaputo che da piccolo giocava, a volte, con il padre di Riccardo. Entrambi erano molto vivaci. Riuscì a diplomarsi e a dedicarsi al giardinaggio. Ironia della sorte, senza farlo apposta il babbo ereditava da un parente , la villa di Oltrarno… Così Antonio e tutta la famiglia, si trasferirono. Con la grande felicità di Antonio. La villa restava un po’ lontano dalla città. Grande internamente era circondata da un bellissimo giardino. Magico. Antonio s’apprestava ad esercitare il mestiere di Giardiniere, quando un’amica del babbo che gli s’era un po’ affezionata, gli consigliò di studiare sia la chitarra che l’Astrologia e altre materie esoteriche. Il lontano parente di Riccardo, acconsentì. Da quel momento in poi l’Astrologia, la chitarra e il giardinaggio diventarono il vero scopo della propria vita. Per anni si dedicò a tali argomenti. Arrivò domenica, il giorno precedente alla partenza; Riccardo si domandava quale sarebbe stato il suo futuro. Ultimo giorno di un periodo, quella mattina si percepiva nell’aria una dolce energia, l’aria odorava di un qualcosa di nuovo, di non tangibile con la ragione, un qualcosa che colpiva il cuore, i sentimenti, inevitabilmente. Molti erano i sentimenti che Riccardo percepiva; ripensava al passato, al periodo della scuola e all’amicizia con Gabriele. Infine alla vacanza a R., la conoscenza di Laura. Fece i preparativi, molto velocemente. Portava con se anche alcuni libri, di letteratura ed un flauto a cui teneva molto. Lasciava la città per dimenticare, crescere, maturare . Quel medesimo giorno, quell’ultima sera la notte, al contrario del giorno, si mostrò dura, prepotente, come a significare con durezza la fine di un periodo ; s’udivano dalle finestre raffiche di vento… lui anelava ad un cambiamento. Il giorno aveva indicato un cambiamento che la profondità della notte percepiva. Nel sonno, verso le sei del mattino in preda alla malinconia, s’affacciò alla finestra di camera. S’accese una sigaretta. Sembrava come se volesse memorizzare quel paesaggio, quell’istanti, nella mente, per sempre, come il volto di Laura. Trascorsa la notte, il mattino seguente partì. La casa del lontano parente non restava lontanissima dall’abitazione di Riccardo, anche se situata in campagna. Desiderava senza dubbio recarvisi in bicicletta e iniziò così il tragitto. Ma dopo poco s’accorse di essere stanco e di chiedere troppo a se stesso. Era anche molto spossato ed agitato. Allora per non peggiorare ancora la situazione, domandò al babbo che già restava molto preoccupato, d’accompagnarlo e questo acconsentì. Salì in macchina. Alla radio trasmettevano canzoni Heavy metal e questo diffondeva un senso di ribellione, che coincideva con l’avvenimento. Quando giunse davanti al portone, ad aspettarlo vi era proprio lui, Antonio: il cugino del babbo. Entrambi si sentirono felici e godettero dell’imprevedibilità del momento, della vita. Chi l’avrebbe mai detto, qualche anno prima? Si incontrarono e si salutarono sulla porta della villa. Adesso, in quel medesimo momento Riccardo ed Antonio si conoscevano direttamente. Riccardo:”- Che piacere, conoscerla.-“: Antonio:”- E si, ti ho visto alcune volte da piccolo, adesso ci conosceremo. Benvenuto.-“: Per Riccardo cominciava un nuovo periodo e certamente neanche troppo breve. Riccardo sapeva che avrebbe trascorso un po’ di tempo ospite del parente e così accadde che, con il tempo, con il passare dei giorni, delle settimane, gli narrò tante cose. Soprattutto di Laura, da cui si era appena separato. Il biscugino si dimostrò curioso e si rese conto della sofferenza del parente. Capiva di essere il solo, in quel momento a poterlo effettivamente aiutare e soffriva per lui. Antonio l’ ascoltava, prestava attenzione al racconto che era molto lucido ma pieno di dolore. Narrò tutto, dai rapporti con i genitori sia da piccolo che da grande, delle Compagnie, dell’amico carissimo Gabriele. Ed infine della vacanza a R., dell’amore per Laura, del progetto di guidare gli autobus, sino alla separazione. Riccardo spiegò al parente che Laura desiderava addirittura il divorzio. Riccardo:” Tutto questo mi rende infelice,malinconico e triste. Poi che devo dire, è stata lei a lasciarmi. Non prova nessun affetto per me, sono sicuro.-“: I due si guardavano spesso negl’occhi, questo li attraeva, uno verso l’altro. Piano piano, il parente apparve per ciò che veramente era. Si svelò la sua vera essenza, carica di magnetismo, pronta ad aiutare il prossimo, per indole. Una persona fuori dal comune, particolare ed interessante. Magari, forse un po’ distratta, fra le nuvole, ma piena d’interessi, molto attiva intellettualmente. L’aspetto era dichiaratamente di uomo maturo, ma conservava dentro di sé aspetti di ragazzo. Come la naturalezza, l’ironia e la voglia d vivere. Portava una barba lunga, assai curata. La propria attività, il suo secondo principale interesse, rimaneva misterioso. Oltre a lavorare nella villa, come agricoltore, insieme ad altri, s’interessava, di religioni orientali, segni zodiacali e altro… ma restava comunque sia, una persona seria. Tra Riccardo ed Antonio, piano piano si era creato un ottimo rapporto, di simpatia e felice amicizia. Quest’ultimo, durante le narrazioni lo guardava alzando ogni tanto lo sguardo; mentre Riccardo a volte interiormente avrebbe voluto scappare, fuggire per tornare da Laura e abbracciarla, per sempre. Ma si trattava soltanto di pensieri, o meglio d’immaginazione. In un momento molto intenso poi, gli scesero stille di pianto e così il parente per aiutarlo lo consolò vivamente, abbracciandolo. Riccardo :”- Vorrei parlarti di un altro problema. Eh si, un tempo, qualche anno fa, custodivo dentro di me un grande sogno: guidare l’autobus. Infatti, dopo il diploma ho fatto domanda all’At. e fortunatamente mi hanno assunto. Anche se tutti, genitori, amici, pensavano che tale lavoro non facesse per me, io continuai per la mia strada. Conservo nel mio cuore tanti ricordi, di quel mestiere. Però ultimamente mi sono licenziato e non provo nessun dispiacere. Ma adesso non so nemmeno che lavoro fare…-“: Antonio:”_ Mi dispiace assai che tu stia male. Ti parlerò di me stesso, se sei d’accordo. Potrebbe esserti utile. Sai che io ho molti interessi, anche controcorrente.-“: In dei momenti Riccardo veniva preso dalla nostalgia, nostalgia di casa, dei genitori ed amici e anche della vecchia vita. Ma percepiva che le cose andavano per il verso giusto, anche se alto restava il dolore, soprattutto nel ricordare… Il bis cugino, cosciente dell’importanza della cosa, gli stava insegnando anche a curare il giardino. Inoltre cercava d’aiutarlo attraverso la musica. Ovvero cominciò ad insegnarli, con grande passione come si suona la chitarra; sicuramente non era cosa da poco, ma comunque Antonio partì nell’insegnamento dagli aspetti basilari, ovvero le note, il solfeggio. Inoltre insieme ascoltavano pezzi di musica importanti. Di vario genere. Riccardo si perdeva, dietro brani musicali, anche classici. Ed Antonio era contentissimo di trasmettere a Riccardo i suoi mestieri. Il giardinaggio, ma anche lo studio della chitarra lo stancavano molto. E molto tempo della giornata lo trascorreva così. Dopo si coricava presto, sicuramente dopo cena, ma presto e senza ascoltare la televisione, chiuso in una stanza per ospiti e con la radio accesa. Al mattino presto si svegliava,quando tutto prendeva forma, il vento, il suono degli uccelli e il suo stesso animo si mescolava con il resto. Solitamente tirava un vento freddo e leggerissimo, che si fermava sul loro volto e così iniziava la giornata. Anche la stanza restava particolare, eccentrica. Appesi al muro alcuni poster. Vi era un balcone che dava proprio sul grande giardino. Riccardo propose ad Antonio di fotografarlo mentre si sporgeva dal balcone, per osservare il panorama. Antonio gli fece notare, prima di lasciarlo nuovamente a se stesso, due cose tra di loro simili. La prima, rivela la grande capacità intuitiva del bis cugino. Questo fece notare all’allievo come fosse realmente portato per alcune specifiche materie ( Astrologia, tarocchi e altro.) La prima caratteristica, assai evidente era il naso un po’ spostato verso destra e il secondo un dito, l’alluce rivolto all’insù. Caratteristiche interessanti che rivelavano una certa insita bravura nelle suddette “filosofie “. Inoltre gli narrò come esistesse proprio nell’oceano un’Isola allo stesso momento inquietante e misteriosa. Si trattava nientemeno che dell’Isola Nascosta. Quell’isola riservava vari segreti, alcuni ancora irrisolti. Dallo studio e dall’analisi dei resti antichi presenti lì, si capivano tanta cose sull’antichità, addirittura sulla preistoria. C’è anche qualche studioso che sosteneva tesi interessanti sul contatto dei primi abitanti dell’Isola, nientemeno che con gli extraterrestri. Antonio:” Non ci sono mai stato, ma né ho sentito molto parlare anche dalla mia “insegnante”. Ho visto alcune foto.-“: Intanto l’ estate stava terminando. Venne un temporale fortissimo e i due si ripararono nella villa. Aveva anche ricevuto quella stessa mattina una lettera da Gabriele, che dopo mesi si faceva risentire. La missiva era profonda. Ascoltarono l’album The Wall, dei mitici Pink Floyd e contemporaneamente lesse ad alta voce a davanti ad Antonio, la posta dell’amico carissimo. Nella lettera Gabriele informava come Laura ed Anna, la vecchia amica, si erano imbarcate per lavorare in navi da crociera. L’estate finiva, la pioggia divideva le stagioni, Riccardo era cresciuto interiormente, s’intende. Si era molto arricchito, si interiormente. Rimase lì sino a dicembre, ai primi giorni d’inverno. Complessivamente aveva abitato fuori casa, per otto mesi. Ma certamente adesso si sentiva più sicuro, meno deluso, non più innamorato. Il che non è affatto poco. Il periodo di lontananza da casa, da tutto e tutti era concluso. Così tornò a casa, in città. Lasciava tutto alle spalle, Laura, il lontano parente e la nuova vita nella Villa. I genitori l’accolsero felicemente. Il babbo arrivò al settimo cielo e ringraziò , di persona e vivamente il parente per il proprio aiuto. Tutto questo contribuì ad aumentare fra loro due i sentimenti di stima e orgoglio. Ricorderà per sempre anche la villa dove aveva abitato, che tra l’altro era molto grande e situata nel verde di una campagna che odorava di saggezza. Ormai restava chiaro; si trattava di uno spartiacque, nella sua vita. Esisteva così un prima ed un dopo. In tutto e per tutto. Nel seguente periodo si ricordò dell’interesse che Antonio coltivava per alcune materie e così decise lui stesso di dedicarsi, in particolare all’ astrologia, ai tarocchi. Tali conoscenze diventarono per lui oggetto di studio approfondito. Del resto già era rimasto affascinato dalle parole del lontano parente, quando suggeriva alcuni argomenti. Con il tempo riuscì a diventare addirittura semi-professionista. Il cugino del babbo, venne informato di ciò: provò immenso piacere. Non salì più sull’autobus, nemmeno per spostarsi, preferendo la macchina oppure la bicicletta. Il periodo di lontananza era servito e non poco. Riccardo, con il tempo venne soprannominato: Il Mago. Ma da chi venne così chiamato? Proprio dal suo vecchio amico : Gabriele. Il loro legame rimaneva sicuramente molto forte, come vedremo in seguito. Le loro strade si sarebbero di nuovo incontrate… erano amici dai tempi della vacanza a R., momento in cui Riccardo aveva conosciuto Laura.
La nuova professione.
Intanto il soprannominato Mago, in seguito al periodo di lontananza, si dedicava tutto e per tutto nell’ approfondire alcuni argomenti. Leggeva, leggeva, libri comprati in una specifica libreria. Di chi libreria si trattava? Era situata vicino casa di Riccardo, ma non si notava molto. Infatti si trovava su di un angolo, vicino ad una farmacia. Vendeva anche libri usati e di tutti i tipi. Dai romanzi e le poesie ai saggi storici, per arrivare proprio a libri di tipo esoterico-astrologico, ecc.. Il nostro protagonista capitava lì due, tre volte alla settimana e vi spendeva abbastanza soldi. Ma sapeva, aveva capito che quella era la strada giusta. A volte si fermava anche a chiacchierare con il proprietario; persona già di un certo livello culturale e assai preparato anche in materie inerenti l’esoterismo. Di corporatura era slanciato, con due spalle abbastanza forti, anche se non grandissime. Il suo corpo misurava il metro e ottanta. Capitava che il “Mago “ e lo stesso Michelangelo, ovvero il proprietario, chiacchierassero assai. Impiegavano il pallido tempo pomeridiano a discutere di vari argomenti ( Fra cui anche la storia e la letteratura ). A volte s’affacciavano clienti che non si curavano della discussione per poi partecipare animosamente anche loro. C’era da sbizzarrirsi, ve lo assicuro. Un mattino, mentre stava consumando la colazione squillò il suo cellulare. Si lo stava chiamando Antonio si il biscugino. Riccardo inizialmente non ci credeva e s’impappinò molto; la voce gli era come cambiata era calata di tono. Poi sorrise. Antonio :”- Dai, sono io, sono proprio io. Come te la passi?.-“: Riccardo :”- Ti abbraccio. Mi fa molto piacere sentirti. Dal periodo della mia lontananza è già passato più di un anno. Nonostante il tempo, mi ricordo vivamente di te.-“: Antonio:”- Ho saputo da tuo padre che hai continuato a dedicarti alle materie esoteriche, come ti avevo insegnato. Prediligi l’astrologia? Fai i tarocchi? E la psicomagia?. Comunque sia ti sto chiamando per invitarti a partecipare ad un corso di Astrologia, a Torino presso la Biblioteca Thoreau. Sei d’accordo? Non preoccuparti per il viaggio, ho la macchina e guiderei io.-“: Riccardo:”- Sono felicissimo. Parteciperò al corso, quasi sicuramente. quando si svolge ?-“: Antonio:”- In questo periodo prenatalizio, ovvero fra una settimana. Volevo aggiungere che le spese ci verranno rimborsate.-“: Riccardo:”- Grazie, ti farò sapere in settimana.-“: il “Mago” riflettette per qualche giorno e poi decise che avrebbe sicuramente partecipato al Corso. Avvertì il parente e i due fissarono il giorno della partenza. Dentro di se Riccardo già immaginava come il corso sarebbe stato interessante e istruttivo. Un evento da non perdere, dunque… Trascorsa una settimana, arrivò il momento di partire. Il corso risultò essere interessantissimo. Tanti gli argomenti e gli autori trattati. Per caso i due incontrarono la stessa Giulia, amica di Laura e che Riccardo aveva un po’ conosciuto nella vacanza a R., anni fa. Infatti Riccardo volse lo sguardo indietro, quando avvertì che una giovane donna lo stava salutando. Si scambiarono due occhiate veloci; senza parlarsi si presentarono, per poi abbracciarsi. Erano commossi. Il bis cugino fece una risatina sotto i baffi, per poi presentarsi a Giulia. Il corso era principalmente incentrato sull’Astrologia, che è una scienza molto complessa. Ma in alcuni momenti vennero considerate anche le religioni, i tarocchi e la psicologia. Il “ Mago “ tornò un po’ indietro nel tempo con il pensiero, si a quando guidava gli autobus. Ma per un attimo. Si sentiva cresciuto e dentro di se percepiva Gabriele, che lo consigliava. Adesso stava diventando un semi-professionista e la cosa lo rallegrava, gli dava impulsi di curiosità.
Quando venne la sua ora, Teofilo chiuse gli occhi serenamente confidando nella certezza della sua destinazione ultraterrena. Per ottant’anni era vissuto seguendo la Legge del Signore, studiando regolarmente le Scritture, andando a messa tutti i giorni e pregando mattina e pomeriggio. Non aveva trascurato la carità verso i poveri, il sacramento della confessione, la fedeltà coniugale e l’educazione cristiana verso figli e nipoti. Aveva anche lui peccato, naturalmente: l’uomo è peccatore, altrimenti sarebbe Dio, o la Madonna. Perfino i santi avevano peccato prima di diventare tali. I suoi peccati però erano stati veniali, cancellati dal pentimento, dall’assoluzione del prete e dalle rinnovate preghiere. Era sempre stato generoso nelle sue offerte alla Chiesa, molto attivo nella vita parrocchiale, aveva fatto molto volontariato come catechista e per altre opere ecclesiastiche. Da quando, chierichetto, serviva il sacerdote a quando ricevette – da un altro sacerdote molto più giovane di lui – l’estrema unzione, non c’era stato giorno in cui il suo pensiero non fosse rivolto a Dio e a come rafforzare la propria fede. Aveva fatto pellegrinaggi in Terra Santa, a Medjugorje, a Roma, a Lourdes e a Santiago di Compostela. Aveva servito pasti caldi presso la Caritas. Aveva ammonito i peccatori, sia in famiglia che fuori, e aveva incontrato perfino il Santo Padre da cui aveva ricevuto una benedizione speciale. Tutti quei momenti passarono davanti agli occhi moribondi di Teofilo, negli ultimi istanti, come un film di assoluta fede cristiana.
«Figlio caro, benvenuto in Paradiso» gli disse una voce calda e amichevole, senza età, proprio come se l’era immaginata. Dio in persona lo aveva accolto nell’eterna beatitudine, ricompensa di una vita di privazioni e mortificazioni dell’io. «Da oggi questa sarà la tua casa, fino alla fine dei tempi. Sono finite le tue tribolazioni; gioisci nell’Amore!»
«Signore Onnipotente di Misericordia! Sia lode eterna a Te!» disse, in preda a un’emozione incontenibile, mentre sentiva le lacrime che gli bagnavano il volto. Sì, aveva ancora un volto, e un corpo, così come sulla terra: ma si trattava di un corpo splendido, giovane, privo degli acciacchi che avevano caratterizzato i suoi ultimi anni di vecchiaia: tutto come aveva scritto Sant’Agostino. Sentiva una grandissima energia nel sangue che il suo cuore potente spingeva nelle vene, nei muscoli, negli organi e nelle ossa. Non si era insomma mai sentito tanto vivo e perfetto.
«Adesso va’ a esplorare la tua nuova dimora» lo esortò la stessa voce, che sembrava essere trasmessa direttamente alla sua testa, come se gli provenisse da dentro.
Teofilo non se lo fece ripetere. Aprì gli occhi e si trovò davanti una sorta di immenso giardino pieno di verde e di fiori così colorati e profumati da far sfigurare quelli più belli che aveva visto in vita. Si guardò poi le mani, notando con stupore come le rughe e le macchie avessero lasciato il posto alla pelle liscia e a dita ben proporzionate e forti. Sentiva che con una stretta di mano avrebbe potuto stritolare il tronco di un albero. Guardò poi il resto del corpo, coperto da una tunica immacolata da cui spuntavano i piedi nudi. Avrebbe desiderato avere uno specchio a disposizione, ma si rimproverò subito. No, non poteva peccare di vanità proprio il suo primo giorno in Paradiso: doveva accettare con umiltà quel corpo meraviglioso che gli era stato donato dall’Altissimo.
L’uomo si alzò e cominciò a camminare verso il sole, che splendeva in un cielo turchino ma i cui raggi non gli ferivano gli occhi come avrebbero fatto sulla terra. Anche la vista era tornata perfetta, non aveva più bisogno di occhiali e le sue cataratte erano ormai ricordi. L’aria era quella di una tipica giornata primaverile, con una leggera brezza profumata che accarezzava la pelle. Teofilo il Paradiso se lo immaginava più… spirituale, più dantesco, ma tutto sommato pareva che Dante ne avesse dato un’immagine troppo incorporea. Sembrava piuttosto una di quelle immagini degli opuscoli dei Testimoni di Geova: c’erano boschetti di abeti e faggi, piccoli ruscelli gorgoglianti di acqua purissima e fresca che formavano laghetti, prati che sembravano appena falciati, cespugli di rose e mirti, il cinguettio di passerotti e, in lontananza, cime imponenti, innevate. Più in basso si vedeva un insieme di case, un villaggio. Si avviò in quella direzione.
Man mano che si avvicinava, notava l’architettura delle case a due piani, circondate dal verde, sparse lungo un fiume attraversato da vari ponticelli di legno. Le case erano in stile tirolese e l’insieme faceva pensare al villaggio dolomitico dove era solito passare le vacanze estive da ragazzo. C’era un grande silenzio, rotto solo dalla brezza che passava in mezzo agli alberi, dal canto degli uccelli e dal mormorio del fiume. Avvicinandosi ancora notò alcune persone che passeggiavano lungo il fiume o che chiacchieravano seduti su alcune panchine. Erano tutti vestiti come lui, con una lunga tunica bianca. Erano tutti giovani e bellissimi, uomini e donne. Si domandò se anche lui fosse così piacente; stavolta cedette a quel piccolo tocco di vanità e si specchiò in una pozza d’acqua. Stentò a riconoscersi. Non era mai stato così bello, nemmeno quando aveva vent’anni e tutta la vita davanti.
Tornò a confrontarsi con gli abitanti di quel villaggio montano. Erano forse angeli? O altre anime reincarnate come la sua? Raggiunta la coppia più vicina, seduta a conversare sul prato, li interrogò al riguardo.
«Fummo una coppia di sposi sulla terra» rispose il ragazzo, tenendo dolcemente la mano della sua compagna. «Adesso siamo uniti qui in Paradiso, per sempre. Sia lode a Dio!»
«Sempre sia lodato!» rispose.
Che carini, pensò prima di ringraziare e proseguire. Giunse in una piazzetta lastricata in pietra serena, al cui centro una fontana di smeraldo zampillava liquidi di vari colori. Nella fontana c’erano alcuni ragazzi che giocavano a schizzarsi e ridevano felici. Teofilo si intrattenne a parlare con loro per qualche tempo, poi fu indirizzato verso la sua nuova casa, preparata per lui.
«Entra nella tua dimora» lo invitò, suadente, la stessa Voce divina. «C’è una sorpresa che ti aspetta.»
Appena varcata la porta intravide una figura femminile intenta a preparare un dolce in cucina. Sentiva il profumo della sua torta preferita, quella di mele. Riconobbe subito il modo particolare in cui la torta era stata cucinata.
«Donata!» urlò Teofilo, al colmo della gioia. La donna si voltò e per poco non le cadde il vassoio per la sorpresa.
«Amore mio!» esclamò, gettandosi tra le sue braccia. La donna era molto più bella di come ricordava sua moglie, morta diversi anni prima, eppure era lei, senza ombra di dubbio. Era così come quando l’aveva conosciuta, da giovane, ma con lo sguardo molto più brillante e come circondato da un’aura di bontà e fede.
«Sono così contenta di vederti! Aspetta anche di vedere i tuoi genitori, gli amici andati e tutte le persone care che sono qui ad aspettarti!»
«Non vedo l’ora! Ma prima restiamo un po’ insieme, noi due, vuoi?»
Venne sera. Le stelle in cielo erano miliardi, non se ne vedevano così tante nemmeno sulla cima più alta della terra, nella notte più limpida. Cenarono raccontandosi tante cose, mangiando non più per fame ma solo per piacere, scambiandosi carezze e gesti d’amore. La prima notte in Paradiso trascorse nella gioia più piena, prima di abbandonarsi al dolce sonno.
Il giorno successivo fu svegliato da un raggio di sole che filtrava dalle tendine della camera da letto. Donata stava già preparando il caffè, l’aroma stuzzicava le sue radici. Caffè in Paradiso? Pensò, un po’ perplesso. Perché no? Cosa sarebbe il paradiso senza il suo caffè quotidiano, che aveva bevuto fino al suo ultimo giorno sulla terra?
Raggiunse la sua sposa in salotto e fecero colazione insieme.
«Oggi ti aspetta una giornata piena» gli disse baciandolo sulla fronte «ci sono molte persone da incontrare, e avrai diverse sorprese».
Gli strizzò l’occhio, quindi lo accompagnò alla porta e lo salutò con un bacio meno casto, sulla bocca. Teofilo aveva scoperto la sera prima che il Paradiso non è asessuale, e d’altra parte come avrebbe fatto a conservare la propria identità se lo avessero privato della sua virilità? Solo che il sesso lassù non aveva nulla di peccaminoso o di animalesco: era un’unione perfetta di anime e di corpi, non più finalizzata alla procreazione, come sulla terra, ma al puro Amore.
Con questi pensieri l’uomo si addentrò nel cuore del paese, verso la fontana della piazza centrale. Immaginò che nel Paradiso ci fossero innumerevoli paesini come quello, e forse anche paesaggi marini o di altro tipo oltre quelle montagne ignote. Ci sarebbe stato tempo per esplorare quel mondo. Molto, molto tempo.
Teofilo rivide i suoi genitori, morti entrambi durante un’epidemia quando era molto piccolo, poi rivide il sacerdote che lo aveva battezzato e iniziato al suo cammino di fede. Rivide anche i suoi vecchi insegnanti, i suoi compagni di scuola, i suoi amici di gioventù e della maturità, perfino alcuni degli amici di vecchiaia che lo avevano preceduto di poco. Erano tutti molto cambiati, eppure li riconobbe all’istante. Salutò e abbracciò tutti, scambiandosi informazioni sul mondo terreno.
Poi lo vide. Sulle prime pensò di aver avuto una sorta di allucinazione. Ma come poteva avere allucinazioni con la sua vista perfetta? No, era proprio lui. Non era possibile sbagliarsi, per quanto assurdo. Davanti a lui, seduto su una panchina a corteggiare una ragazza bionda dai tratti nordici, c’era Eleuterio.
Quando il giovane si accorse di essere osservato, si voltò verso Teofilo e corse a stringergli la mano.
«Vecchio mio!» esclamò scuotendogli il braccio con vigore «Lo sapevo che saresti finito quassù anche tu, era troppo scontato! Beh, come ti trovi? Quando sei arrivato?»
Teofilo ci mise un po’ per riprendersi dalla sorpresa e ribattere.
«Tu piuttosto, che ci fai qui?»
Avrebbe voluto dirgli: che ci fa un ateo impenitente come te, anticlericale e donnaiolo, in un luogo di cui ha sempre negato l’esistenza insieme a quella dell’Amore Divino e della sacralità della Chiesa?
Ma è ovvio! Pensò subito dopo.
«Dunque ti sei pentito all’ultimo secondo, oppure ci hai sempre presi in giro per tutto questo tempo?» disse, abbozzando un sorriso.
L’altro lo guardò in modo beffardo.
«Io pentito? E di cosa? Non ho mai fatto del male a nessuno, ho sempre rispettato le idee di tutti. Mi sarei dovuto pentire di non aver creduto in un dio inventato dagli uomini per giustificare i peggiori crimini del Potere?»
«Ah, ma eppure adesso devi credere per forza!» esclamò Teofilo, recuperando la sua sicurezza.
«No caro, continuo a credere che la tua chiesa cattolica sia un’organizzazione criminale e che il dio della Bibbia sia un babau per adulti. L’ho sempre creduto e non ho cambiato idea.»
Se qualcuno avesse bestemmiato in chiesa, Teofilo avrebbe avuto un infarto. Ma bestemmiare addirittura in Paradiso! Se avesse avuto un cuore capace di andare in tilt, certo sarebbe accaduto in quel momento.
«No, non è possibile. Non è possibile che Dio ti abbia ammesso in Paradiso. Sei un intruso qua, non capisco come tu ci sia finito, ma questo non è il posto per te. Te ne devi andare subito. Capito? SUBITO!!!»
Per la prima volta in vita sua Teofilo perse davvero la calma. Il suo tono di voce era talmente alto che tutti si voltarono a guardarlo, sorpresi, interrompendo le proprie occupazioni.
Eleuterio lo guardò senza scomporsi, prevedendo quella reazione.
«Forse mi preferiresti giù ai “piani bassi”?» replicò sorridendo. «Quello sarebbe un luogo più adatto a me? Così mi offendi. Ti stupiresti a sapere che laggiù ci sono tanti che andavano regolarmente a messa, come te, e perfino di più, e che sulla terra sono considerati santi o poco meno. Beh, i casi della vita sono strani, così come i casi della morte. Quando sono arrivato quassù ho scoperto che al Boss non importa un fico secco quante ostie hai ingerito o quante mani di porporati hai baciato. Sono altre le cose di cui tiene con…»
«Basta! Non voglio sentire altro. Roba da matti. E voi cosa avete da guardare??»
Così dicendo se ne andò infuriato, rifacendo in senso contrario la strada percorsa quel mattino con uno stato d’animo anch’esso contrario.
Entrò in casa come una furia, spaventando Donata.
«Che è successo, tesoro?» gli domandò la donna. «Ti preparo una camomilla; quassù sono meglio di qualunque farmaco per calmare i nerv..»
«Non ho bisogno di camomille!!» le urlò, poi, pentendosi subito della sua reazione eccessiva, domandò scusa alla moglie.
«È che proprio non mi aspettavo di vedere quel mangiapreti di Eleuterio quassù. Capisci? Che ci fa uno come lui in mezzo ai beati? Uno che ha sempre mancato di rispetto al Crocifisso e alla Religione Cattolica? Non capisco, non capisco…»
La donna lo guardò con benevolenza.
«All’inizio mi sono stupita anch’io. Ricordi sul letto di morte ha rifiutato perfino il funerale in chiesa? Ha mandato a quel paese il prete che la famiglia aveva chiamato per l’estrema unzione, sperando che all’ultimo tuffo si convertisse. Ricordi quando dicevamo che non esistono atei quando l’aereo precipita? Macché! È vissuto e morto da ateo, coerente fino alla fine. Non mi davo pace per questa stranezza, poi ho capito.»
«Io invece proprio non capisco. Vado a pregare. Dove si trova la chiesa del paese?»
«Non ci sono chiese qui, caro. Anche questa è una cosa che ho capito solo dopo.»
«Coosa??»
Solo in quel momento notò che in casa non c’erano crocifissi e nemmeno simboli religiosi.
«Il vero Dio è un po’ diverso da quello di cui ci hanno parlato laggiù.»
Teofilo si lasciò cadere su una sedia di legno, completamente annichilito. Tutta la gioia provata il giorno prima era scomparsa, come se non fosse mai esistita.
«Signore Onnipotente!» disse Teofilo, le mani giunte, a voce alta come aveva fatto innumerevoli volte in vita. Aveva camminato a lungo nel paese e fuori alla ricerca di una chiesa, o anche di una semplice cappella, incapace di credere che in Paradiso non vi fosse un luogo dove celebrare una messa o ritirarsi in preghiera. Alla fine aveva dovuto arrendersi all’evidenza, quindi si era cercato un angolo solitario, nell’abetaia alle porte del villaggio. Si era inginocchiato su una grossa pietra e aveva iniziato la sua invocazione, con le lacrime agli occhi.
«Signore, rispondimi, ti prego!»
L’unica risposta che ebbe fu lo squittio di uno scoiattolo che salì veloce su un ramo.
«Signore!»
«Che c’è, figliolo? Ti vedo turbato.»
«Ma come, non dovresti già saperlo?»
«Certo carissimo, ma per voi uomini è importante esprimere a parole i vostri turbamenti, così da chiarirli prima di tutto a voi stessi mentre ne parlate agli altri. Perciò pregate. Io non ho bisogno delle vostre preghiere, quelle servono soltanto a voi, per darvi conforto e mettere ordine nei vostri pensieri. Certo, vi sarebbe più utile pregare con parole vostre anziché con formule prestabilite e impersonali…»
«Ma non è stato proprio Tuo figlio a darci il Padre Nostro?»
«Era per darvi un esempio, una guida… poi gli uomini hanno frainteso molte cose di quanto ha detto mio figlio. Anzi, i vangeli sono stati rimaneggiati in modo vergognoso dai cosiddetti “uomini di chiesa”. Sì, non ti stupire: avete fatto molti errori, voi “cristiani”, alcuni anche molto gravi. Perfino l’Antico Testamento ne è pieno: mi dipinge come un cattivone, vendicativo e assetato di sangue. Nulla di più lontano dal vero. Non ho mai comandato a nessuno di sterminare popoli, donne e bambini compresi: quella è una cosa che hanno scritto i sacerdoti per giustificare le loro guerre di conquista. Non ho mai ordinato a nessuno di ammazzare il proprio figlio e non ho mandato nessun diluvio a sterminarvi. Tutte invenzioni letterarie, miti. Mio figlio le ha condannate, ma voi avete capito tutto il contrario. Qualcuno in buona fede, molti in mala fede. Il vero motivo per cui Gesù è finito sulla croce è perché aveva predicato l’Amore universale e si era scagliato contro l’odio degli ebrei verso i gentili. Aveva rinnegato la fede ebraica già durante il suo primo viaggio in Oriente…»
«In Oriente?»
«Sì, in Persia, in India, perfino in Giappone. Gli evangelisti non ne parlano; iniziano la narrazione da quando aveva trent’anni, ma prima ha fatto molte altre cose “scomode” per la nascente comunità di cristiani, di cui non ha mai saputo nulla oppure di cui ha taciuto.»
«E perché non sei mai intervenuto contro chi ti calunniava?» disse Teofilo con un filo di voce.
«Ho parlato attraverso molti uomini del passato, che però non sono stati ascoltati. Molti di loro sono stati uccisi in modo orrendo, che ancora mi offende. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.»
«Ma avresti potuto…»
«… intervenire in modo soprannaturale, con “effetti speciali”? No, non ho mai fatto tutte le cose strane che mi si attribuiscono nella Bibbia. Ho creato l’universo con certe regole precise, con leggi fisiche che hanno il loro perché: non avrebbe senso per me violarle, anche se potessi. Al legislatore non è dato violare le leggi che emana, o cambiarle a proprio uso e consumo. Non posso nemmeno forzare la logica; ad esempio non posso creare una pietra talmente pesante che nemmeno io possa sollevare, altrimenti non sarei onnipotente, come ha insinuato qualcuno. Comunque queste provocazioni filosofiche contano poco. Mi sono riservato di spiegarvi tutto “quassù”, con calma. Quassù vigono leggi diverse rispetto a “laggiù”, come avrai notato. Qui non c’è vecchiaia, malattia o morte. Nessuno soffre la fame e non ci sono ricchi o poveri. Quassù davvero non avete alcuna scusa per non essere felici, non avete motivo di lamentarvi. I cattivi soggetti stanno in un altro luogo, dove sono liberi di fare tutto il male che vogliono, senza danneggiare le brave persone.»
«Ma… ma… perché allora li hai creati?»
«Io non ho creato nessuno “cattivo”: ho dato la libera scelta a ciascuno e la capacità di scegliere. Non ho mai obbligato nessuno ad adorarmi col ricatto dell’inferno, non sono un boss mafioso che se non ubbidisci te la fa pagare. Se qualcuno non crede in me o non vuole sottostare ai rituali che vi siete inventati a me non interessa; l’importante è che rispetti gli altri e non li faccia soffrire. Non costringo nessuno ad amare il prossimo; “amare” è un verbo che non regge l’imperativo. I comandamenti che mi attribuite sono in buona parte assurdi: va bene “non uccidere”, perché uccidere è una cosa sbagliata, e va bene anche “non rubare”, se non è proprio necessario, ma il resto non ha proprio senso. Per stare qui basta che uno si sia comportato bene con gli altri.»
«Ma allora l’inferno…»
«L’inferno era già sulla terra, e lo avete sperimentato tutti, chi più chi meno. Quelli che hanno ucciso, truffato, stuprato e sterminato sono in un luogo speciale dove stanno meditando sul male fatto. Non li costringo a pentirsi, non credo nel pentimento che non viene dal cuore. Il grande poeta Dante ha immaginato un luogo degno delle fantasie perverse di De Sade, ma avete frainteso anche lui: il suo era un invito a non sprecare la vita, a vivere intensamente e con gioia. La sua era una metafora dell’inferno che già esiste nel cuore di chi vive nel senso di colpa e nello smarrimento esistenziale. Ci sono sì persone che provano piacere a compiere il male: bene, loro possono sfogarsi quanto vogliono nel luogo speciale che gli ho destinato, separato da chi vuole vivere in pace. Quella faccenda del separare le pecore dai capri è stata del tutto fraintesa e mal riportata nel vangelo. In qualunque momento i “capri” possono venire “quassù”, se e quando avranno smaltito la loro sete di violenza e saranno pronti a vivere in armonia. Nessuna condanna è eterna, altrimenti sarei peggiore dei vostri giudici più severi: loro al massimo possono dare l’ergastolo. D’altra parte le persone che hanno fatto soffrire hanno trovato ampia consolazione quassù e già hanno dimenticato quanto subìto sulla terra, quindi il male che quei soggetti hanno fanno non è “infinito”.»
«Ma allora il Male chi l’ha creato?»
«Il Male serve all’esistenza del Bene così come il buio serve a definire la luce: conosci il principio dei contrari di Eraclito? Grande testa, quel greco, aveva capito molto anche con quella faccenda del fiume…»
«Quindi tutti i sacramenti e i rituali cattolici non servono a nulla?»
«Non ho detto questo. Servono nella misura in cui vi si trova conforto e vi rendono persone migliori. È chiaro che se uno va a messa e poi picchia la moglie e i figli, per lui è del tutto tempo perso. Ad ogni modo ci sono tante altre cose, al di fuori della vostra chiesa, a rendere migliori le persone, e non sto parlando di altre confessioni. So che non ti piace il fatto che abbia accolto quassù anche Eleuterio, perché in vita non ha abbracciato nessuna fede religiosa. Beh, lo hai mal giudicato; è un bravo ragazzo, non ha mai fatto male a nessuno e anzi ha amato molto. Pensa che un giorno ha salvato un gattino abbandonato davanti a una chiesa, ignorato dal prete. Solo per questa azione, dettata solo dall’Amore, meriterebbe di stare qui, ma ha fatto molto altro. Certo, anche lui, come tutti, ha fatto degli errori e ha combattuto la sua battaglia interiore contro il suo lato oscuro, e dovessi vedere la faccia che ha fatto quando dopo la morte me lo sono trovato davanti! Era troppo divertente! Naturalmente l’ho rassicurato subito, gli ho detto che non me la sono presa a male per il fatto di avermi bestemmiato, in quanto quello che bestemmiava era un altro dio creato dagli uomini, e anzi mi sono unito ai suoi insulti verso un dio che ordinerebbe di uccidere dei bambini o gradisce che le sue creature vengano bruciate su un rogo. Adesso siamo amici; facciamo ogni mattina una passeggiata lungo il fiume, fino alla sorgente, chiacchierando del più e del meno. È un grande conversatore, spiritoso e arguto, ma questo lo sapresti anche tu se fossi stato ad ascoltarlo quando era in vita, anziché volargli le spalle e parlare male di lui ai bambini al catechismo… tra l’altro lui di te ha sempre parlato bene; era con l’ipocrisia e la corruzione della chiesa, e l’ottusità di molti “credenti”, che ce l’aveva.»
«Mi dispiace Signore, ho peccato di maldicenza, è vero, ma come potevo sapere che nella Tua immensa misericordia avresti approvato le sue scelte sbagliate?»
«Continui a giudicarlo. Ricordi cosa scriveva Luca? “Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete condannati; perdonate, e vi sarà perdonato.” I suoi pochi errori glieli ho perdonati, come ho perdonati i tuoi anche se sono un po’ di più; qui però avete l’occasione di ricominciare tutto daccapo. Non è meraviglioso tutto ciò?»
Teofilo aveva il cuore gonfio di commozione. Era come se un velo fosse caduto dai suoi occhi. Gli tornarono alla mente tanti momenti della vita di Eleuterio a cui non aveva fatto caso; cose che ora gli apparivano sotto una luce diversa. Sentiva gli occhi lucidi e un groppo alla gola.
«Hai ragione, Signore Buono e Giusto, hai perfettamente ragione. Perdonami di aver dubitato della Tua saggezza. Voglio andare subito ad abbracciare il mio amico Eleuterio. Caro amico, quanto mi sono sbagliato! Ma voglio rimediare.»
L’uomo si alzò dalla pietra su cui era inginocchiato e diede un’occhiata alla cima, su cui si stava abbassando il sole, dipingendole di un rosa pallido. Non tramonti il sole sopra la vostra ira, scriveva San Paolo: Teofilo capì di non avere molto tempo. Corse giù in paese con quanto fiato aveva in corpo, ossia tantissimo vista la sua nuova forma fisica. Corse e ad ogni persona che incontrava rivolgeva la stessa domanda: «Dov’è Eleuterio?»
Nessuno sapeva dove fosse.
Alla fine, sconsolato, tornò a casa. Sulla porta sentì un paio di voci che parlavano e ridevano. Una voce maschile e una femminile. Riconobbe quella della moglie e subito fu avvampato dalla gelosia. Possibile che queste cose capitassero anche in Paradiso?
Spalancò la porta con gran rumore, pronto a saltare addosso all’amante di sua moglie, quando si bloccò all’improvviso. Davanti a lui, seduti al tavolino del salotto, Donata ed Eleuterio stavano sorbendo una tisana con i biscotti. Si erano interrotti a quell’irruzione e ora lo guardavano sbigottiti.
Rimasero per lunghi attimi immobili, quindi fu Eleuterio a rompere quell’imbarazzo. Si alzò e andò ad abbracciare Teofilo.
«Amico mio, dopo il nostro incontro ero venuto a cercarti qui a casa. Non mi hai dato tempo di salutarti a modo e spiegarti alcune cose.»
«Non ce n’è bisogno caro» disse Teofilo ricambiando l’abbraccio. «Mi ha spiegato tutto direttamente l’Altissimo. Scusami per la mia reazione: non sei un intruso, semmai lo sono stato io quando mi sono arrabbiato con te, e pure poco fa quando stavo per metterti le mani addosso, fraintendendo ancora una volta tutto. Sono stato un bigotto, cieco e ignorante, ma ero in buona fede.»
«Lo so, altrimenti non saresti qui. Donata mi ha riferito della vostra discussione. Era preoccupata per te, non ti aveva mai vista così turbato.»
«È vero, caro» confermò la donna, invitando con un gesto il marito a sedersi in loro compagnia. «Eri proprio fuori della grazia di Dio; vedo comunque che hai già parlato con Lui.»
«Lui? Lei? Esso? Penso che il genere grammaticale e sessuale sia irrilevante» disse Eleuterio versando una tazza di tisana per Teofilo. «A me la prima volta è apparso sotto forma di Dea, vista la mia propensione per il genere femminile. Ma penso che dipenda da come uno se lo immagina, dalla propria educazione: in fondo è una voce nella testa, non si può vedere con gli occhi, nemmeno con questi occhi perfetti. Per me ha una voce di donna, per voi maschile, ma l’importante è il messaggio che, da ateo, condivido: vivi e lascia vivere. Prova questa tisana al bergamotto, è deliziosa. Io e tua moglie abbiamo parlato a lungo: volevo venirti a cercare nel bosco ma mi ha convinto che avevi bisogno di parlare a tu per tu col Grande Capo, o con la Dea Madre come la chiamo io.»
«Qui al villaggio ci facciamo spesso visita a vicenda» spiegò Donata. «Le giornate sono lunghe e il paese è piccolo: fa piacere avere un po’ di compagnia ogni tanto. Abbiamo tutta l’eternità da far passare, ahaha. Domani potremmo andare a trovare i tuoi genitori, abitano qui vicino.»
«Certamente, ma intanto ceniamo tutti insieme. Eleuterio, sarai nostro graditissimo ospite, non accetto un no.»
«Non voglio offenderti, non di nuovo, sennò mi picchi» disse il ragazzo facendo l’occhiolino. «Vi do una mano ad apparecchiare.»
«Ho già la cena sul fuoco, basterà per tutti e tre. Cena vegetariana, naturalmente.»
«Benissimo. Prima di metterci a tavola vogliamo fare una preghiera di ringraziamento? Eleuterio, la vuoi fare tu?»
Firenze, 6-7 vendemmiaio ’29 (27-28 settembre 2020)
Raimondo, mio fratello possedeva una grande fantasia. Io l’ho conosciuto molto bene e posso testimoniare. Antonello, suo padre e anche il mio, era una persona particolare. Infatti, fra le tante, credeva di essere un personaggio importante. In che senso? Credeva fermamente di discendere da una famiglia illustre, ma che dico: nobile. Lo diceva a tutti, amici e conoscenti. C’è da sottolineare che qualcuno, l’ascoltava attentamente e lo credeva addirittura vero . Inoltre per darsi un certo tono, anche per rabbia, di fronte all’evidenza aveva richiesto allo Stato la qualifica di Cavaliere. Ottenuto il documento lo teneva affisso in salotto. Lo celebrava molto da solo e ci teneva assai. Detto questo a parte il volere della sua immaginazione, sapeva benissimo di non appartenere alla nobiltà. Anche lo stesso mio fratello, s’identificava attraverso la fantasia in un personaggio nobile. Difatti, giocava con il titolo nobiliare di Conte. Alle feste tra bambini, i coetanei lo seguivano. Durante quei giochi mio fratello restava contentissimo, arrivava al settimo cielo. Ma anche lui non era concretamente, storicamente, nobile. Giunsero anche quell’ anno fatidico le feste natalizie. Quell’avvenimento ci rendeva assai felici, ci ritrovavamo per mangiare , ci scambiavamo i regali. Era festa. Raimondo aveva dieci anni, io, sua sorella, dodici. Era sera tardi, il cielo scuro rimaneva accompagnato da un freddo vento. Accadde che trovammo i regali incartati, nascosti come di regola, in un angolo del salotto. Io li vidi per primo. Restammo sbalorditi, emozionati. Rappresentavano uno fra le cose più belle del Natale. Vicino era l’albero, chiaramente già tutto addobbato. Venimmo presi entrambi da una vivace gioia e altrettanta curiosità. Osservavamo l’albero fissando lo sguardo sulle lucine, appariscenti e di tanti colori : giallo, rosso, arancione, blu. Il vento intanto continuava a soffiare sui vetri delle finestre e si notavano la luna e le stelle. Ma alla fine di tali sensazioni, aprimmo i doni. Mancavano però, ancora due giorni al Natale. Trasgredimmo e provammo una sensazione particolare, come quando si mangia qualcosa di buono. Non sto qui a descrivere di che regali si trattasse. Ma restammo tutti e due felici. Mi ricordo che la lancetta dell’orologio segnava le undici della sera. Mancavano due giorni al tanto atteso giorno. Dopo l’accaduto, trascorremmo alcune ore della notte a ridacchiare; poi ci ritirammo nelle nostre stanze, era molto tardi… Nessuno della famiglia ci aveva né visto né sentito. Avevamo trasgredito e ci sentivamo in colpa. E non poco. Si trattava di un nuovo inizio ? Passata la notte e giunto Il giorno seguente, in poco tempo i nostri genitori, s’accorsero di tutto. Dopo colazione, notarono i contenuti dei pacchi, già aperti. Così rimasero molto colpiti e in preda all’arrabbiatura, ci punirono. Nostro padre alzò la voce, cosa che accadeva soltanto in rare circostanze, nostra madre inveì su di noi. Ci ordinarono di saltare direttamente il pranzo; mancava solamente un giorno alla tanto amata, festa. Io rimasi tutto il pomeriggio nella mia cameretta, quasi piangevo. Soffrivo moltissimo. Ma mio fratello, scappò di casa. Erano le cinque del pomeriggio. Da quel giorno, da quel momento, Raimondo non fece mai più parte della nostra famiglia. Infatti appena scappato di casa, si diresse nel circostante bosco. S’aggrappò ad un ramo, salì in cima, coraggiosamente quasi alla vetta. Lasciò un foglio scritto appeso al tronco, della medesima pianta. Lì diceva espressamente che non sarebbe mai più sceso. Per nessuna ragione. Raimondo: “ Sono montato su questo bellissimo albero, sopra una pianta che diventerà per me, da oggi, la seconda casa. Adesso sono: Nobile in cielo.-“: Strano a dirsi, ma vero, l’albero sul quale era salito si allungava molto verso il cielo. E poi appena saliti, ad essere attenti, per chi ci faceva attenzione si notava che non aveva cima, o meglio la parte più in alto piano piano si trasformava in una scaletta. Ma dove portava la scaletta? Successivamente Raimondo capì che giungeva proprio sulla stessa luna. Si l’astro che la notte ci appare d’argento colorato, sede del senno di Orlando in un celebre opera di Ariosto. Adesso mio fratello si sentiva ancora più importante, oltre a fingersi nobile viveva tra gli alberi e non solo poeticamente ma anche realmente poteva mettere piede nientemeno che sulla superficie lunare. Dai giochi con i ragazzini, passava a girellare tra un ramo ed un altro. Del resto lì vi erano molti alberi. Si trovava nel bosco appartenente a tutte le tre famiglie abitanti delle villette lì presenti. Erano i luoghi della sua infanzia, dei giochi… Cominciò la sua nuova vita. Ad un certo punto, lo raggiunse una dolcissima scimmia, di una tinta marroncina colorata che gli donò un canocchiale. Ancora mio fratello non capiva da dove saltasse fuori. Si trattava di un animaletto molto sveglio, all’apparenza. Giramondo, ovvero il vecchio Raimondo, si sentì felicissimo. Con il passare del tempo tra i due nacque un’amicizia ed una forte simpatia. Dunque decise di sfruttare immediatamente, il regalo della scimmietta; così, incuriosito, e felice, in basso sporse lo sguardo e notò immediatamente la figura di una carinissima ragazza, che già conosceva e di cui era da molto tempo innamorato. Si chiamava Vanda, soprannominata anche, Vandina. Aveva i capelli castano chiaro, le lentiggini e la stessa età del giovane Raimondo. Giramondo approfittò della situazione e cominciò a farle la serenata, con un altro regalo della scimmietta, il piffero. Vandina però probabilmente non si rendeva conto, ma sentiva la musica e fissava lo sguardo in alto. Ma non vedeva nessuno. Trascorse una mezz’ora e Giramondo poi s’addormentò dolcemente, mantenendo forte il ricordo della ragazzetta. Intanto in casa tutti eravamo preoccupati, anche perché avevano letto il bigliettino scritto da Raimondo. Mio padre e mia madre si chiedevano quando Raimondo li avrebbe perdonati, quando sarebbe sceso per tornare alla vita di sempre. Io già avevo capito che mio fratello sarebbe rimasto in alto, su in alto per sempre. Cercavo di rimanere più calma possibile, ma soffrivo… Stavano per accadere cose fantastiche, adesso vedremo. Proprio mentre mio fratello dall’alto osservava in qua ed in là, apparvero nel bosco alcuni ragazzetti, che giocavano. Si notava uno di loro, leggermente più alto e grosso. Sicuramente aveva qualche anno in più, degli altri. Ecco, si, lui dirigeva il gioco. Poi Giramondo s’accorse che in realtà si trattava di due gruppetti e piuttosto vivaci. Si rincorrevano velocissimi; poi la loro attenzione si soffermò sulla casa della gentile Vandina. Entrambi i due gruppi si diressero alla sua porta. La ragazza s’affacciò alla finestra e tutti l’osservarono. Trascorsero cinque minuti, ma la sensazione che tutti avevano era come se fosse passato ancor più tempo. Improvvisamente uno di loro, tirò fuori da uno zainetto un pallone e così tutti si misero a giocare. Ad un certo momento, dopo una ventina di minuti leticarono un po’, formando un capannello. Uno di loro pianse. Alle sette della sera, tornarono a casa. Giunse la notte, la luna piena illuminava gl’alberi e il bosco, mio fratello si percepiva un tutt’uno con la natura, forse perché viveva tra gli alberi. Si sentivano, ogni tanto, rumori di animali notturni che popolavano il bosco. Il suono della sera nel bosco, aveva aspetti particolari, colpiva l’animo ma restava difficile da spiegare con le parole di sempre, era qualcosa di misterioso e affascinante, da ascoltare attentamente come fosse musica vera e propria, ma che cambiava un po’, come tutto cambia, notte dopo notte. Giramondo si frugò nelle tasche, prese una sigaretta e l’accese. L’aveva rubato al babbo. Fumava pochissimo, ma quando lo faceva gli piaceva tantissimo. Lo faceva per trasgredire e a volte si sentiva in colpa. Intanto però non riusciva ad addormentarsi. Rimuginava su ciò che era accaduto nel pomeriggio. Si sentiva geloso, di quei fanciulli che aveva visto giocare con Vanda. Si, proprio, invidioso. Loro potevano parlare con la ragazzetta, giocare, toccarla. Notava, dall’alto la casa della ragazza e immaginava di parlarci. Cosa singolare dalla casa di Vanda si notava in una stanza la luce ancora accesa; questo incuriosì ancora di più mio fratello, che intanto, parlottava dentro di sé. Poi s’addormentò. Così era già trascorso il secondo giorno, da quando Raimondo era fuggito. Il giorno seguente, si svegliò che il sole rimaneva già alto e riscaldava tutto. Aveva dormito molto. Mentre sbadigliava gli s’avvicinò un uccellino fischiettante. Gli fece tenerezza e così gli sorrise. Poi stranamente s’accorse che il volatile parlava con lui. Strano, disse: fra sé e sé. Così misero su una discussione vera e propria. Ogni tanto il passerotto rideva e lui si divertiva ad ascoltare quel suono, quella vibrazione che quell’armonia emanava. Questo l’arricchiva molto. Adesso eravamo in inverno e il vero momento per vivere nel bosco, non era adesso, ma la primavera. Non mancava però molto a quella stagione ed inoltre non era per adesso, fortunatamente troppo freddo. Perlomeno in quei giorni. Giramondo già pensava alla bellezza della primavera. Quando tutto è in fiore, anche la vita stessa rinasce…
Passati ancora due giorni, io ed i miei genitori, preoccupati, uscimmo dalla villa di nostra proprietà e ci recammo nel bosco. Volevamo tentare l’ultima carta. Ma non riuscimmo a trovare il familiare e meno che mai, a parlarci. Purtroppo. La ferita generata da mio fratello non si era ancora rimarginata. Tutti in casa soffrivamo, il ricordo stesso, restava doloroso. Mia mamma, poco dopo tornata dal bosco, pianse. Nel pomeriggio riapparve a Giramondo la scimmietta, che cercò di capire quali fossero i suoi interessi. I due parlottarono. Così il dolce animale gli regalò un libro. Ma non difficile. Si la vita sull’albero, il ricordo della vecchia vita restavano anche tristi e la lettura di un libro oppure la serenata con il piffero allietava assai l’animo. Un giorno, dopo che aveva trascorso la mattinata a leggere, s’accorse che quell’uccellino che aveva conosciuto poco tempo fa, giaceva privo di vita, su di un ramo, su una grossa fronda. A Giramondo, scesero alcune lacrime; ma poi s’accorse che altri passerotti stavano già compiangendo il volatile scomparso. Erano tutti in fila su di un ramoscello. Tutto aveva l’aspetto di un funerale… Si trattava di una decina di uccellini, che ad un certo punto si presentarono al giovane finto nobile e inoltre, dissero a voce alta il proprio nome. Poi intonarono assieme una musica adatta al momento. Giramondo ascoltava quella sinfonia e rimase sorpreso ed affascinato al medesimo tempo. Il piccolo e dolce animale, disse l’amica scimmia, era stato ucciso da quei medesimi ragazzi, che giorni fa giocavano fra loro, sotto i medesimi alberi. Proprio mentre guardava in qua ed in là, approfittando del canocchiale, scorse anche se restando su di un ramo alto, che nella villa vicino alla casa propria, si dava una festa. Contento ed incuriosito ancora di più, cominciò ad osservare, in quella direzione. Notò , poco dopo la presenza del suo insegnante privato di flauto. Quest’ultimo, abbastanza alto, teneva baffi piuttosto lunghi. In quel momento parlottava con la padrona di casa. Mio fratello non capiva però, le parole. Ad un certo punto, entrò nella stanza una presenza femminile con un cagnolino al guinzaglio. Si mostrò a tutti; si trattava di Sandra, una vecchia amica di Giramondo, che abitava accanto al suo grande amore, la Vandina. Sandra, carina e dai capelli biondi, andava come tutti a scuola. Ad un certo punto il suo sguardo , venne attratto da qualcosa; infatti notò un pianoforte e vi si diresse per suonarlo. Lo strumento era sistemato in una sala della villa, anche se non in quella maggiormente ampia, ma forse la più bella. Il Professore, presente nella stanza, l’osservò attentamente. Poi Sandra, nonostante tutto cominciò a suonare. Ruppe la timidezza. Eseguì svariati pezzi di musica classica e tutti l’ascoltarono. Anche se ancora molto giovane, aveva già acquisito una certa bravura nel suonare. Il maestro rimase felice e anche a lui vennero fatti elogi. Al calar del sole, gli invitati se ne andarono. Giunse un’altra notte. Il giorno seguente accadde l’inimmaginabile. Proprio mentre Giramondo scrutava il bosco, attratto come sempre da qualcosa in qua ed in là, apparve una tigre asiatica, vera e propria. Il giovane “nobile “ si domandò cosa ci facesse una tigre lì, vicino alle abitazioni. In pratica l’animale era stranamente scappato dallo zoo. Adesso in molti si trovavano in pericolo. Mio fratello iniziò, con il canocchiale, ad osservarla: era d’aspetto bellissima. Poi il padre di Vanda, molto preoccupato avvertì la polizia. La tigre venne ricondotta immediatamente allo zoo. La giornata trascorsa venne ricordata da loro, per sempre. La paura aveva toccato tutti. Anche lo stesso mio fratello che adesso viveva sugli alberi. Proprio mentre l’inverno era alla fine e s’avvicinava la primavera, la famiglia che abitava accanto a quella di Vanda, decise di andarsene. Volevano vendere la villetta dove, ormai da anni abitavano. Anche mio fratello lo seppe. Giramondo lo seppe dall’amica scimmietta. Fu così che, con il canocchiale, tra l’altro graditissimo regalo, cominciò ad osservare quella stessa abitazione. Giunsero i giorni del trasloco. A Vanda , tutto questo dispiaceva molto. La villa a fianco delle altre due sarebbe stata venduta. Ma a chi ?, Si domandavano in tanti. Il trasloco durò, temporalmente mezza giornata. Giramondo seguì, dalla cima dell’albero quello che accadeva. Questo sicuramente segnava un grande cambiamento, anche per me che conoscevo la ragazzetta. Mi colpì un forte dolore. Che però seppi dominare. Io stessa ricordavo dei giochi tutti insieme. L’abitazione, venne occupata da uno strano signore. Si trattava di un grandissimo studioso. Mio fratello l’osservava, da lontano. Era curioso, quello che faceva. Così Giramondo la sera al tramonto, quasi tutti i giorni, guardava in quella direzione, sino ad annoiarsi. Il signore, era un grande Professore Universitario di lingua e letteratura italiana. Trascorreva il maggior numero dei pomeriggi, solo a studiare. Aveva un’altra passione, quella per il giardinaggio. Questa non rappresentava un lavoro vero e proprio, ma un divertimento. Infatti curava minuziosamente il giardino, circostante alla propria casa. A volte capitava che Giramondo lo notasse dall’alto, mentre annaffiava i fiori oppure piantasse semi di frutta nei vasi. Il giardino, già rigoglioso, con l’arrivo dello studioso divenne meraviglioso. Quest’ultimo,aveva addirittura un’amante, che contattava giorno per giorno. Si chiamava Silvia ed era sposata. Questo è tutto ciò che so. Una volte ricevette una visita; si trattava di propri cugini, che da molto tempo non vedeva. Quest’ultimi, fratello e sorella pernottarono lì, in una cameretta riservata agli ospiti.
Trascorsero tre anni, dalla fuga di mio fratello da casa. Adesso Giramondo aveva tredici anni. Il giorno stesso del suo compleanno, il tredicesimo, a casa festeggiammo nonostante tutto . Anche se naturalmente mio fratello mancava. Fu una festicciola tra di noi. Mio fratello però, seguì tutto da uno dei rami più alti e grossi. Io affettuosamente, scattai alcune foto. Ma anche quel giorno, come tutto, passò. Mi lasciò dentro una sensazione indescrivibile con le parole, ancora più intensa; un desiderio irrefrenabile, una ricerca della vita, con la V maiuscola. Un interessamento spontaneo del passato, un’ accettazione sofferente del presente. A tutti, alla fine caddero alcune lacrime. Sembrava che dal giorno della fuga di mio fratello fosse trascorso poco tempo. Il suo ricordo restava forte, era ancora come se lui fosse ancora tra noi; mangiare la torta, quella torta sembrava quasi mettersi in contatto con lui. Giramondo decise un giorno assolato, di fare alcune letture; sì letture anche difficili. Ma era solo un sogno, visto che lui ancora era piccolo. L’amica scimmietta, saputolo alla fine, vogliosa di soddisfare Giramondo, gli fece pervenire alcuni difficili testi. Lui gli conservava gelosamente…
SECONDA PARTE.
Mentre s’interrogava sulla bellezza e difficoltà di alcune letture alcuni misteriosi personaggi apparvero nel bosco, all’improvviso, sbucando da un qualcosa… Apparve inizialmente, agli occhi di mio fratello, un cane, dall’aspetto tranquillo, pacifico, non molto grosso e di color marrone scuro, a chiazze. Mio fratello cominciò ad osservarlo con il canocchiale, per capire meglio ciò che stava accadendo. Meravigliato scese vicinissimo all’animale che strano ma vero, parlava; disse il suo nome a Giramondo. Si chiamava Ulisse. Questo spiegò a mio fratello alcune cose. Difatti egli aveva la dote sia di parlare che di vedere da lontano, anche da molto lontano. Giramondo rimase giustamente sorpreso. Prima ancora che potesse elaborare felicemente quanto accaduto, mio fratello divenne oggetto di un’ ulteriore strana apparizione . Si mostrò davanti a lui e a tutti gli effetti, nientemeno che il celebre Scienziato S. Si trattava di un medico filosofo, grande intenditore di extraterrestri, alieni, mostri spaziali, ecc… aveva in merito una grandissima cultura. Infine la terza ed ultima apparizione: Mister F. che esternamente sembrava un mezzo fantasma; F. per chi non lo sapesse stava per Futuro. I tre personaggi, guardarono il tronco dell’albero, casa di mio fratello e risero. Poi, uno alla volta, eccetto Ulisse, si presentarono all’abitante dei boschi. Giramondo restava esterefatto. Venne preso anch’egli dalla forza della risata. Qualche secondo dopo le presentazioni, lo Scienziato cominciò a parlare. Scienziato:”- Da molti anni, studio l’Universo e i suoi abitanti. Sono criticato dai Professori di molte Università, ma in merito sono il più esperto, nel mondo. Il mondo Accademico è invidioso, anche se fa finta di niente, mi snobba. Gli alieni esistono veramente e sono di vari tipi. Sia nella nostra galassia, che in altre. Il qui presente cane Ulisse mi ha accompagnato nello studio, analizzando ogni cosa con la sua possente vista. Ecco che dopo queste parole, Ulisse scosse la testa e prese ad abbaiare. Tutti i presenti lo guardarono, sorridendo. Lui fissava l’ albero, dove rimaneva seduto mio fratello. Giramondo in quei momenti osservò tutto attentamente. Ma chi erano loro? C’era da fidarsi? ( Si stropicciò gli occhi ). La sua vita però sarebbe a questo punto cambiata, arricchita di altre cose; incominciava un ulteriore capitolo e l’immaginazione aumentava vertiginosamente. Giramondo lo capì subito. Eravamo al crepuscolo, tutto cominciava a tacere, nella zona e tra non molto sarebbero comparsi i suoni della notte, quando anche la luna sembra parlare… E Mister F., chi era? Per specificare direi intanto che quest’ultimo aveva un rapporto empatico con la natura. Gli piaceva molto osservare i paesaggi, si perdeva tra i colori. Di lui non si sapeva niente; né dove fosse nato, né da dove provenisse. Era molto amico dello Scienziato e di Ulisse. Alto, portava la barba molto lunga, quasi del tutto bianca. Fumava qualche sigaretta, che stranamente erano lunghissime e sapevano di miele. Le conosceva soltanto lui, non si sa nemmeno dove le comprasse; forse su qualche altro pianeta, qui non esistevano. Scendendo nei dettagli, il cane Ulisse, il giorno seguente la loro conoscenza, raccontò molte cose sulla vita dello Scienziato. E mio fratello l’ascoltò, meravigliato quasi del tutto; mentre il dolce animale raccontava, Giramondo sembrava addirittura identificarsi in quelle esposizioni. A volte pensava senza però essere visto:” ( Ma cosa dice ? ).”: Si, lo Scienziato assai concentrato sullo studio degli extraterrestri, da anni, così raccontava Ulisse,ebbe la grande fortuna (oppure sfortuna ) di venire a contatto con gli alieni si, conobbe abitanti di altri pianeti. Come era accaduto ? Mentre infatti, anni fa, lo Scienziato stava studiando assiduamente e con buoni risultati, in luogo con dei resti antichissimi, preistorici, apparvero proprio gli extraterrestri. Esattamente si trovava vicino a caverne affascinanti, per un qualcosa di misterioso, con pezzi di prato singolari come attraversati da una luce argentata e presenti tracce di un qualcosa di particolare ma quasi del tutto sconosciuto. Apparvero la notte, o meglio dopo un’ora il tramonto del sole. Inizialmente lo Studioso rimase colpito da un fosforescente raggio di luce, accompagnato dalla visione di quei personaggi, ritenuti da molti, fantastici. Erano circa quattro. Lo Scienziato inizialmente rimase sbalordito, in quanto non aveva previsto tale avvenimento. Poi disse :” Ho così capito tutto.-“: Poi girò la testa un po’ disturbato. Era per ben due volte fortunato. Ecco che un personaggio apparso, come normalmente si fa si presentò. Lo studioso, prese così l’ occasione al volo ( dentro era felicissimo ). Lo fecero salire sull’astronave, che osservò nei dettagli. Venne invitato a fare un viaggio, anche a scopo di lavoro su di un pianeta lontano, in fondo alla nostra galassia. Si trattava di “ Combat “ “ un pianeta non grandissimo. Ma pieno di sorprese. Accettò l’incarico, senza farsi troppe domande. Gli venne affidata un’astronave di loro fabbricazione, capace di raggiungere velocemente, pianeti, luoghi lontanissimi. Andava velocissimo. Di che tipo di astrusa macchina si sta parlando ? Nessuno è quasi certo aveva mai visto un tale congegno, sulla terra; almeno da così vicino. Lo Scienziato l’osservò attentamente. Che aspetto aveva ? Possedeva esternamente caratteristiche di una macchina di formula uno, almeno per quanto concerne la parte davanti, le portiere. Ma invece il posto centrale, era molto più capiente. Potevano starci in tre persone, forse quattro. Chiaramente attaccate non apparivano le due ruote. Infatti apparivano le ali. Lo Scienziato assicurò che l’avrebbe utilizzata. Intanto mio fratello si chiese :”- Cosa sta accadendo ?”: Si cosa ci facevano tutti quei simpatici personaggi, più mio fratello nel bosco, fra l’altro vicino alla nostra casa? Fatto sta che comunque sia, i nostri familiari non si resero conto di niente; tranne io, che anche adesso sto raccontando… Dopo la confessione di Ulisse qualche minuto dopo, lo Scienziato S. cominciò nuovamente a parlare. Gli altri due presenti, e mio fratello si guardarono attentamente negli occhi. Scienziato:”- Già proprio con il mio primo incontro con gli alieni, avvenuto in quel misterioso luogo , ero riuscito in qualche modo a sfatare alcuni enigmi su presunti altri abitanti dell’Universo. Quello che precedentemente anche io stesso supponevo senza essere completamente sicuro, con l’incontro in quel luogo, tutto si risolse, oramai direi senza dubbi. Però tali argomenti continuavano a incidere su di me, sulla mia esistenza. Ero ancora molto curioso, febbricitante, direi. Inoltre ironia della sorte, aveva conservato in un posto segreto, proprio la piccola astronave, regalo degli stessi exaterrestri. Era bellissima, sia esternamente che all’interno. Volevo in qualsiasi modo utilizzarla, per sfatare altri dubbi. Ma poi recentemente, proposi di dì effettuare un ulteriore viaggio, che proseguisse il lavoro del primo e con lo scopo di capire il rapporto degli alieni con l’essere umano, con la nostra galassia. Anche l’amico cane sbalordito era felice, abbaiò per alcune volte. Lo scienziato s’affidava molto alla collaborazione, sia d’Ulisse che di Mister F. Erano inseparabili. Chiaramente tutto questo avveniva prima che mio fratello conoscesse quel “ Trio “. Gli alieni inoltre, conoscendo un po’ lo Scienziato e la propria arguta curiosità, gli avevano donato un manuale, scritto da loro stessi, riguardante li alieni presenti nell’Universo… tale libro gli consentì di essere più preparato durante il percorso nello spazio di capire ancora di più, ciò a cui andava incontro. Iniziarono il viaggio, proprio loro tre. Prima di tutto cominciarono, sempre nella nostra galassia, ad osservare un pianeta dove la terra ferma appariva circondata dall’acqua. Similmente alla Terra, prima che si fossero configurati i continenti. Ulisse abbaiando un po’ fu il primo a notare tutto, del resto la sua dote di vedere da lontano avrebbe affascinato chiunque, ma anche quell’aspetto apparteneva all’immaginazione e basta? Ulisse descriveva e M. F. annotava instancabilmente quanto esposto. Nell’isola gigante non vi erano abitanti, ma nel mare sì. Anche se il gruppetto non riuscì a capire molto di più. Lasciarono la nostra galassia, ovvero la Via dell’Avventura e entrarono in un sistema quasi sconosciuto a tutti ,scienziati compresi. Si sa ma la voglia di capire, di andare fino in fondo dello Scienziato S. era illimitata, come anche immenso e senza fine è l’Universo. Mister F. ridacchiava ogni qual’volta appariva qualcosa, che sembrava strano, sconosciuto. A volte si fissava fuori con lo sguardo dall’oblò, i colori luccicavano sembrava un quadro fiammingo. Lui amava queste cose. A volte accendeva una delle sue sigarette.
Il viaggio si manifestava lungo e pieno di mistero. Tra i tre apparve una paura, un timore. Questo dopo essere venuti a contatto, con un’astronave con a bordo alcuni alieni e animali spaziali. Quest’oggetto li incuriosì moltissimo, inoltre ebbero occasione di stabilire una relazione.
Stavano giungendo sempre di più ai confini dell’Universo, quando decisero di tornare sulla Terra. Avevano già visto molte cose. E sicuramente per adesso restavano i primi al mondo ad avere specifiche informazioni. Il loro racconto terminò e i tre più Giramondo si fissarono rendendosi conto di essere nel bosco. Tutto questo aveva dei riscontri positivi, era sicuramente servito a qualcosa. Lo Scienziato aveva, fatto alcune foto e accresciuto così la propria cultura e informazioni sugli alieni. Adesso poteva ancor più considerarsi il più esperto sulla Terra. Anche se a questo punto i professori adesso l’avrebbero sicuramente ancor più invidiato. Ecco che con l’apparizione avevano conosciuto Giramondo, adesso divennero amici, collaboratori. Mio fratello era rimasto stupito e incuriosito da tutto ciò. Tutto accresceva la sua fantasia, come quando da bambini si gioca e ci si diverte e le ore passano velocemente. In quel momento i tre fatidici personaggi e mio fratello si sentivano uniti, legati dalle loro stesse fantasie. Anche nello spazio, come sulla terra, il tempo trascorreva velocemente. Così sopra i rami del tanto amato bosco, casa adesso e per sempre, di mio fratello. Così , Giramondo non era più un ragazzetto, anche se noi in famiglia lo ricordavamo ancora come tale. Pensavamo molto spesso a lui, al suo atteggiamento, alla sua voce, alla sua florida fantasia. Il vuoto che aveva creato era incolmabile. Così accadde che anche la vita nel bosco, sui rami veniva anche quella interrotta. Intanto cosa accadeva a Giramondo ? ‘Già, è anche vero se vi ricordate bene, che un albero del bosco abitato da mio fratello, il primo sul quale era salito, arrivava a toccare la Luna, anche se attraverso una scaletta. Si la luna, proprio la luna… Era giunto il momento dell’ultimo, grande cambiamento. Mio fratello decise di sfidarsi fino alla fine. Così salì in alto, più in alto possibile, per poi guardare con nostalgia, il panorama. Apparivano, le case il bosco e i ricordi aumentavano a dismisura; gli scesero stille di pianto. Terminata la commozione, l’avventura continuava. Giunto sul ramo più alto, decise di continuare a camminare e così salì sulla scala. La scala si elevava sino alla luna, ma vi erano un numero eccessivo di chilometri da fare. Ma sopra di essa si viaggiava molto velocemente. Sembrava di volare. Ad un certo momento si sentì stanco e ironia della sorte apparvero i tre personaggi, che l’invitarono a continuare il viaggio sopra la loro astronave. Giramondo acconsentì. Quando finalmente e tutti insieme giunsero sulla luna ecco che davanti, in un locale, si svolgeva un concerto musicale, stranissimo. A suonare infatti, vi partecipavano animaletti spaziali ed alieni. Ascoltarono il concerto per due ore. Giramondo venne colpito molto da un animaletto dall’apparenza di peluche che suonava il flauto. Il coro era assai suggestivo e Giramondo rimase esterefatto, commosso; la sua intelligenza lo faceva ragionare a dismisura come una fontana che emette molta acqua, perché aperta continuamente.
Così i giorni trascorrevano e al tempo stesso Giramondo si divertiva ad osservare, su di un albero finto e con il canocchiale, la vita dei presenti abitanti. Era curiosissimo e letteralmente affascinato. Inoltre non aveva grandi rimpianti. Anche il “ Trio “ andava avanti, coltivava dei progetti… Ad un certo momento, un giorno accadde che dei piccoli extraterrestri , si avvicinassero al grosso albero e lì si misero a parlare, ad alta voce. Giramondo rimase incuriosito da tutto ciò e così riuscì a parlare con loro. Chiacchierarono molto. Cominciò piano piano un periodo in cui Giramondo trascorreva il tempo parlando con quei ragazzi. Gli raccontava molte cose. Sia della propria famiglia, ma anche della successiva vita sui rami degli alberi. Parlava molto, descriveva: la scimmietta, Vandina la giovane ragazza della quale si sentiva innamorato, dell’uccellino, della tigre scappata dallo zoo e giunta nel nostro bosco. Tutti l’ascoltavano, ridendo, oppure facendo domande. Un pomeriggio appuntò tutte le sue avventure su di un diario, che possedeva perché regalato dalla scimmietta, tanto tempo prima. Ridacchiava, fra sé e sé, adesso era solo, le ombre l’unica compagnia. Dopo qualche anno, venne preso dalla nostalgia, condizionato anche da quello che aveva scritto tempo prima sul diario. Pianse. Ecco che qui termina il mio racconto su mio fratello, nobile in terra ed in cielo.
Alla fine decidi di prendere in mano la situazione.
La tua amica poliziotta ha detto che ha risolto il problema traslocando. Ma se fossero loro ad andarsene?
Il palazzo è tuo. Solo metaforicamente parlando, è ovvio. Non sei un magnate dell’immobiliare, altrimenti non dovresti svegliarti così presto al mattino. Ma è casa tua da anni, quindi conosci ogni singolo buco. In particolare sai delle tubature che ti collegano direttamente con il bagno dell’appartamento occupato dalle gallinelle festaiole. Prima del loro arrivo era avvenuto un incidente con il proprietario precedente: una tubatura si era rotta e l’acqua aveva rovinato tutto il soffitto dell’appartamento di sotto. Un incidente, la cosa si era risolta subito senza insulti, denuncie o aggressioni. Era bastato scusarsi col vecchietto che si era ritrovato l’acqua che gli gocciolava in testa mentre dormiva e fornirgli i dati dell’assicurazione mentre la tubatura veniva riparata.
Quel vecchio signore era davvero una persona civile. Peccato che dopo sei mesi era morto per il diabete e i suoi eredi avevano deciso di affittare l’appartamento a delle barbare.
Ora le ragazze saranno anche delle festaiole ma non sarebbero mai rimaste se qualcosa di disgustoso fosse strisciato all’improvviso facendo loro molta paura.
Chiami quindi la tua amica poliziotta e dopo averle chiesto come sta andando la situazione in città (non molto bene dato quello che senti in tv) le chiedi se le è mai capitato un caso di importazione di animali esotici illegale. Lei ti risponde di sì e ti racconta una pallosa storia su delle lucertole, e allora tu le chiedi se le è mai capitato di fermare un contrabbando di serpenti. Lei ti risponde di no ma aveva sentito ad alcuni colleghi forestieri era invece capitato e tu fai tesoro di tutte le informazioni che la poliziotta ti racconta.
Decidi quindi di passare alla seconda parte del piano. Accendi il tuo portatile e cerchi qualche sito in cui tu possa trovare serpenti in vendita. Sai che è illegale, ma dopotutto non vuoi uccidere nessuno giusto? E’ colpa delle ragazze che decidono di non rispettare il tuo sacro santo diritto di dormire in santa pace.
Trovi un sito e ordini un gigantesco pitone delle rocce, serpente indiano in grado di muoversi in modo lineare e pensi che sia una scelta buona perché così si muoverà meglio nella tubatura.
Aspetti due settimane. Il serpente arriva ma devi andarlo a prendere perché essendo un acquisto illegale il corriere non te lo porta a casa con tanto di saluti. Prendi quindi la tua borsa della palestra (o almeno una borsa che usavi quando avevi il tempo per andare in palestra) e vai a raccogliere il prezioso carico indiano. Porti l’animale a casa e senza pensarci due volte lo porti subito in bagno, lo afferri delicatamente con una mano per una frazione di corpo sotto la testa e con l’altra lo prendi per la coda e indirizzi la sua testa verso il water.
“Vai ragazzo. Io credo in te” gli dici come per dargli coraggio e resti a guardare finché la sua coda non sparisce dentro lo spazio riservato ai tuoi bisogni.
Fatto questo, non resta che cancellare le prove del reato, e a quel punto aspettare.
L’attesa non è lunga. Ad un certo punto uno strillo che sembra essere uscito dal film Shining perfora le pareti svegliandoti nel cuore della notte proprio mentre stavi dormendo. Un paradosso dato che quello che avevi fatto serviva a farti dormire.
Insieme agli altri vicini ti dirigi dove ha avuto origine l’agghiacciante rumore. Una delle ragazze, non più tanto sfrontate e menefreghiste, raccontano quello che per gli altri sembra un episodio bizzarro ma tu sai invece che non lo è: una delle ragazze si era svegliata per andare un attimo in bagno e quando aveva alzato la tavoletta aveva visto qualcosa che sbucava dal buco in fondo. Dopo aver tirato lo sciaquone pensando che fosse il residuo di una precedente visita in bagno, la ragazza si era resa conto che non andava via e si era accorta che era la testa di un serpente morto.
Tu dici alla ragazza di chiamare le autorità e poi consigli agli altri di tornare a letto lasciando che siano loro ad occuparsene.
Il giorno dopo scoprì che le ragazze devono lasciare l’appartamento perché il proprietario pensava che ci fossero proprio le ragazze dietro la dipartita del rettile, immerso nel gabinetto per una “tamarrata” o per uno scherzo da riservare agli altri vicini, i quali scopri con sorpresa che si sono lamentati per il comportamento delle ragazze.
E in quel momento ti accorgi di essere in un palazzo di ipocriti, perché quelle stesse persone prima non avevano detto una parola e invece ora avevano aperto un vero e proprio fronte contro di loro.
Ma a te non importa perché finalmente puoi di nuovo dormire in pace.
Che fare? Ogni mia richiesta logica e assennata non porta risultati. Cosa inventarsi? Ci vorrebbe una trovata che, al paradosso di tanta maleducazione, fosse un contro paradosso, per prendere in contropiede i vicini “ingombranti”…
Bisogna inventare qualcosa di riprovevole e di esagerato…
Trovato! Il mastino napoletano del mio amico Giulio farebbe al caso mio: è un cane che fa paura solo a guardarlo e se ringhia o abbaia è davvero terribile!
Inviterò a casa mia Giulio col suo cane per far prendere un grosso spavento alla gioventù ribelle. Andremo con il mastino tenuto a guinzaglio su in terrazza, quando i ragazzi sono riuniti per cenare. Dirò loro che, se non si comportano in modo educato, d’ora in avanti avranno a che fare con il molosso. Per la paura presa, smetteranno di fare il loro comodo senza tener conto dei diritti degli altri inquilini.
Poi basterà registrare i latrati del cane e, al bisogno, mettere in funzione il registratore. Finalmente il silenzio sarà assicurato! Evviva! La soluzione è stata trovata!
Ti aggiri per la casa da mezz’ora ormai, su e giù in modo nevrotico, decidi di metterti al computer e cercare qualcosa su Google:” rimedi per vicini rumorosi, come liberarsi di vicini fastidiosi” e cose così, ma trovi solo consigli inverosimili e storie assurde.
Decidi di indossare le cuffie e guardare un film per isolarti totalmente, anche questa sera, hai rimediato una soluzione momentanea.
Ti svegli intorno all’una, ti sei addormentato sul divano, senti un insolito silenzio.
Ti alzi e vai a lavarti i denti, ascolti per sicurezza quel silenzio meraviglioso, assicurandoti che sia veritiero.
Ti sdrai nel letto con un sorriso compiaciuto e ti addormenti come un bambino sospirando.
Al mattino, vieni svegliato da voci e rumori, felice di aver dormito bene, metti su il caffè e ti affacci nel giardino per vedere che succede e assisti ad una scena che ha dell’assurdo: poliziotti ovunque, vicini dell’altro palazzo che scattano foto con il cellulare, ma la scena più agghiacciante è quella nel centro del giardino condominiale.
Le ragazze dell’appartamento e i loro amici seduti intorno al tavolo che sembrano ancora dormire, no, non stanno dormendo: sono morti.
Ognuno di loro è accasciato sulla sedia e dalle loro bocche scende un rivolo di liquido blu scuro.
Rimani impietrito, poi senti una voce rauca, vedi due agenti che ammanettano una vecchina di circa ottant’anni, la riconosci, è la signora del piccolo alimentari vicino casa che abita nello stesso condominio e la senti gracidare: «Sì, il cianuro e lo stramonio nel vino gli ho messo a questi delinquenti! Vedrai non la fanno più confusione da qui in avanti!»
Fai qualche passo indietro ti siedi impietrito sul tuo divano, senti il caffè salire, non riesci ad alzarti, poi scatti a spegnere il fornello e rimani a fissare incredulo la tua cucina, senti le voci provenire da fuori, vedi uomini in tuta bianca che fanno prelievi, tremi.
L’anziana assassina viene portata via con una volante, la gente, da lontano, affacciata alla finestra, spettegola e fa filmini da mettere in rete.
Ti versi il caffè, ti siedi di nuovo sul divano e fai un sospiro.
Poi una sera decidi di suonare di nuovo quel maledetto campanello, infuriato come non mai. Al suono insistito che fai, improvvisamente e direi inaspettatamente la porta si apre con una certa lentezza, e ti rivela la presenza di una ragazza giovanissima e molto bella che guarda stupita la tua aria adirata, incredula che qualcuno possa essere disturbato dal baccano che anche dall’ingresso si sente distintamente. Le parole che avevi preparato ti muoiono in bocca e quasi a tua insaputa sorridi.
«Vuoi partecipare alla festa?» ti chiede «Siamo in tanti ma per te c’è ancora posto!»
Entri come un automa, passi sul terrazzo seguendo la ragazza che ti presenta a tutti i componenti della brigata che ti accolgono con grande cordialità, una ti porge un bicchiere di vino, un’altra ti propone un bignè, e all’improvviso ti accorgi di stare benissimo e di aver perso inutilmente tante occasioni.
Carolina, la ragazza che ti ha aperto la porta, ti guarda con occhi dolci e vuole brindare con te. Scopri improvvisamente che la vita è bella
Non hai dormito neppure stanotte. La radio si è accesa puntuale per svegliarti e tu l’hai ignorata nel tentativo di gustare un’ultima manciata di minuti di sonno.
Timbri il cartellino con trentacinque minuti di ritardo, il viso spento e la macchia gialla sul colletto della camicia – hai indossato la stessa del giorno prima – ti causano un rimprovero da parte della tua Superiore, pugliese, di dodici anni più giovane di te.
Lo stress accumulato non ha aiuto a migliorare la giornata. Torni a casa, dopo essere passato in farmacia, e assumi un paio di pasticche di ansiolitici.
Questa sera non è diversa dalle altre, quell’orrendo suono, che i giovani chiamano musica, filtra dai vetri, dal pavimento e vibra su tutte le pareti del tuo appartamento. Guardi la TV con le cuffie, il programma è noioso, ti appisoli sul divano.
Il male alle orecchie ti desta all’improvviso; scaraventi via le cuffie strappando il connettore dal televisore: è rotto. Il pavimento pulsa ancora mosso dal fracasso sottostante. Nel tornare lucido, balena nella tua mente un’idea!
Apri il freezer, ricordavi bene, trovi intonsa una Saint Honoré comprata in offerta al supermercato. La togli dalla scatola di cartone e vi inietti il liquido di una fialetta con l’uso di una siringa. Che cosa è? Il sonnifero che non hai mai assunto, nascosto nel cassetto delle medicine da mesi.
Pensi che in questo modo, i vicini rumorosi, anticipino il sonno di qualche ora.
Accomodi la torta su un piatto, respiri profondamente e scendi le scale del condominio. Arrivato al piano sottostante al tuo, suoni il campanello dell’appartamento delle universitarie.
Ti apre una ragazza paffutella, coperta appena da un fazzoletto che usano chiamare minigonna e una camicetta poco abbottonata dai disegni imbarazzanti.
Gli occhi ti cadono inevitabilmente sulla scollatura, finché lei non abbaia qualcosa che non capisci.
«Vi ho portato un dolce. Così, per far pace.»
E le porgi il piatto.
«Noi non mangiamo quella roba, siamo a dieta, sa? Ma l’appoggi pure su quel tavolo.»
Ti lascia entrare indirizzandoti verso la cucina. Attraversi la sala, un porcile sarebbe stato più pulito, vedi le altre due inquiline coi rispettivi compagni che bevono, si baciano… non perdi tempo a osservare quello schifo e poggi il dono sul tavolo. Neanche il tempo di girarti che un gattaccio dal pelo annodato affonda la sua lurida bocca sulla corona di bignè.
«Almeno qualcuno lo mangia.» Sghignazza la ragazza.
Stringi i pugni. Nonostante il sonno, l’adrenalina messa in circolo dalla rabbia che ti sale dalla pancia ti spinge a reagire.
Mosso da un impeto irrefrenabile, afferri l’abbondante braccio della tua vicina, la mano affonda nell’adipe. Come si fa a essere così grassi a vent’anni? Pensi, stringendo la presa.
«Ma che fai, scemo?» Grida lei.
Con un rapido scatto, le tappi la bocca riempiendola di ciò che è rimasto della torta. Non smetti di premere finché non gliela hai fatta ingoiare tutta. La sovradose del sonnifero l’addormenta dopo qualche minuto.
Casa loro non è diversa dalla tua, ti sai muovere e nascondi il corpo addormentato nella stanza delle scope.
Nessuno si è accorto di nulla, tra il fracasso e il menefreghismo giovanile, neanche il suo ragazzo si è degnato di cercarla.
Ti sei tolto una piccola soddisfazione; senza guardare in faccia gli altri, cammini verso il portone d’ingresso.
Ma che fai? Perché ti sei fermato?
Torni sui tuoi passi rientrando in cucina. Il compagno della poveretta chiusa nello sgabuzzino ti ha seguito.
«Scusa, hai mica visto…»
«Vuoi una fetta di dolce?» Gli chiedi, ignorando la sua domanda.
Neanche ti ha chiesto chi sei!
Accetta e comincia a mangiare famelico, come se non lo facesse da giorni.
Lo osservi inorridito fino a quando non termina di leccare il piattino. Stappi una bottiglia di birra con l’intento di porgergliela, ma questi cade in ginocchio, si appoggia al muro e inizia a russare sbavando dalla bocca.
Lo trascini a tener compagnia alla fidanzata.
Adesso basta, esci da quella casa e prendi le tre gocce di sonnifero, visto che è certo che funziona.
Ma non lo fai. Apri lo sportellino del contatore e stacchi la corrente.
I quattro ragazzi in sala sono brilli, non si rendono conto di essere rimasti al buio, piuttosto si accorgono del silenzio che li circonda.
Le ragazze starnazzano lamentele, uno dei maschi si alza dal divano.
Che intenzioni hai? No, non lo fare!
Celato nel buio ti sposti alle sue spalle e con una presa, che sembra vulcaniana, gli stringi il collo.
Ma sei impazzito?
L’uomo non riesce a respirare, figuriamoci a gridare. Quando senti il corpo smettere di agitarsi, molli la presa.
Lo hai ucciso?
È svenuto, pensi con un pizzico di delusione.
Nascosto il disgraziato dietro al divano, rifletti sulla prossima mossa.
La ragazza rimasta sola continua a lamentarsi a gran voce coprendo il rumore dei tuoi movimenti; la coppia invece è avvinghiata sul divano con addosso ormai la sola biancheria.
Dammi retta, torna a casa, forse sei ancora in tempo.
Ma no. Ti rechi nuovamente in cucina, con la luce dello smartphone, frughi nei cassetti. Trovato quello che cercavi, ti lasci guidare dagli interminabili piagnucolii fino a raggiungere le spalle della studentessa.
No, no. Quello no! Non ci posso credere.
Hai tagliato con le forbici la treccia della sventurata e continui a sforbiciarle i capelli. Ubriaca com’è, si accorge dello scempio quando ormai la sua capigliatura fa invidia a un militare.
Urla come una forsennata, la coppia accanto a lei ha ben di meglio da fare, così che lei corre in bagno chiudendosi dentro in lacrime.
Il tuo ghigno mi spaventa, hai una strana luce negli occhi.
Osservi la coppia in atteggiamenti intimi, ma non è quello che ti eccita, bensì l’idea di ciò che puoi ancora fare.
«Dai, siamo rimasti soli. Chi vuoi che ci veda?» Dice il ragazzo.
Lei non risponde e continua a baciarlo.
«Ti vergogni? Non faccio nulla di male» continua lui. «Così non è divertente».
«Non sto facendo niente.» Risponde lei.
«Smettila, non mi diverto.»
Più lui cerca di toccarla, più lei gli scansa le mani.
«Ma che c’hai?» Chiede indispettito.
«Ma nulla, sei tu che non fai che lamentarti.»
«Mi lamento? E non ti viene in mente il motivo?»
«Che sei solo noioso.»
«Noioso? Mi pareva tu avessi quattro mani, ma se le usi per non farti toccare, sai dove devi andare? A spigare!»
Il giovanotto si alza con modi bruschi, raccata i vestiti ed esce dall’appartamento con solo i calzoni in dosso.
Sbattuta la porta, la ragazza rimane sola.
A parer mio – e non dovrei avere pareri – tu hai dei seri problemi di comportamento.
Stanotte dormo, domani si vedrà, rimugini tra te e te.
L’ultima persona che può turbare il tuo sonno sta lì, sul divano, triste e pensierosa; non ha capito quello che hai fatto, non si è accorta che schiaffeggiavi le mani del suo ragazzo quando cercava di toccarla.
E adesso?
Torni un attimo in cucina.
Ti prego, questo non farlo. Fermo!
Le lanci addosso l’animale tignoso, vittima del dolce al sonnifero. La sfortunata studentessa sobbalza dallo spavento, cerca di capire cosa l’abbia aggredita: il suo gatto.
Un grido disumano squarcia il silenzio, getta lontano la bestia addormentata, credendola morta e fugge di casa verso una meta indefinita.
FINALE 1
Ti senti soddisfatto?
Adesso sì che hanno avuto ciò che meritano.
Torni nel tuo appartamento, ti corichi appagato dal servizio che hai reso al sonno.
Chiudi gli occhi, indugi un solo momento per goderti il beato silenzio, poi ti rilassi e ti spengi.
La sera seguente, tornato dal lavoro, vieni a sapere, dalla signora del piano di sopra, che le tre vicine rumorose hanno disdetto l’affitto per spostarsi più in centro, vicino alla loro Università.
FINALE 2
Ti senti soddisfatto?
Adesso sì che hanno avuto ciò che meritano.
Torni nel tuo appartamento, ti corichi appagato dal servizio che hai reso al sonno.
Chiudi gli occhi, indugi un solo momento per goderti il beato silenzio, poi ti rilassi e ti spengi… al contrario della tua sveglia che ti annuncia l’inizio di una nuova giornata.