Nome e cognome – Milena Beltrandi

Dopo l’ennesima umiliazione Nome stabilì che era abbastanza grande da poter decidere da sola quindi respirò forte, sistemò il vestito e bussò alla porta. «Avanti!» Nome annuì decisa ed entrò: il suo principale le sorrise.

«Avvocato, mi scusi, entro stasera deve finire la memoria di replica per il processo Romanelli, i termini scadono domani! Posso dirle una cosa? Non sono d’accordo con quanto è stato deciso per me senza consultarmi, non ho intenzione di licenziarmi!» Nome abbassò gli occhi, certa che lasciare quel lavoro fosse una pazzia: aveva superato i tre anni di apprendistato, ora si occupava direttamente degli avvocati di studio, aveva avuto un piccolo aumento ed era brava a ricordare le scadenze e le abitudini dei professionisti dello studio, ricordava il tè alle quattro dell’avvocatessa nella stanza rossa, con un goccio di latte e poco zucchero; controllava che ci fosse sempre la scatola di gianduiotti nella potiche di cristallo sul tavolo della biblioteca dove si ricevevano i clienti più importanti e le piaceva correre nei corridoi per rispondere alle loro chiamate, si sentiva gratificata dai loro sorrisi, era brava, perché lasciare? 

«Purtroppo sei minorenne e noi abbiamo le mani legate, non possiamo darti l’aumento che chiede tuo padre e la conclusione è “niente Nome”! Ci dispiace immensamente ma dovremo fare a meno di te, sei quasi una figlia per noi ma la legge è legge e tra quindici giorni dovrai lasciare l’ufficio! Però sappi che qui per te c’è sempre un posto, quando avrai compiuto i ventun anni potrai decidere da sola e, se vorrai tornare, noi ti accoglieremo a braccia aperte» così Nome scoprì che non era abbastanza grande da decidere da sola e di conseguenza trascorsi i giorni di preavviso a malincuore lasciò l’ufficio. Per fortuna Nome conosceva il posto dove rivolgersi per avere l’indicazione di un lavoro e, infatti, la ragazza allo sportello le indicò l’indirizzo di un Notaio che cercava una dattilografa in grado di scrivere sotto dettatura. Nome telefonò il giorno stesso e dopo un breve colloquio fu assunta dal Notaio. Duttile e predisposta a quel tipo di lavoro, Nome in poco tempo acquistò la fiducia del Pubblico Ufficiale e, oltre a scrivere sotto dettatura, seguiva il professionista presso gli uffici per le pratiche notarili di rilievo come le indagini storiche sui fabbricati oggetto di compravendita. Il traguardo della maggiore età si avvicinava ma Nome andava dimenticandosi dello scotto che le aveva fatto desiderare di essere adulta; la condizione era cambiata, in ufficio non era sola e l’altra segretaria era poco più grande di lei, un’amica con cui condividere opinioni e gusti della loro età.

Un giorno Nome, in ufficio, trovò Amica triste. Finiti gli studi, il suo fidanzato, sarebbe partito per il servizio militare e, nella stessa settimana, anche il cugino preferito aveva il treno: uno destinato a Taranto e l’altro a Fano. Nome conosceva bene Fano, aveva abitato là sei anni, era una bella cittadina, suo cugino si sarebbe trovato bene, la consolò. Fu allora che ad Amica venne un’idea strepitosa: lei avrebbe scritto e sostenuto il suo fidanzato a Taranto mentre Nome avrebbe potuto scrivere della città di Fano e sostenere il cugino. Le due ragazze risero della trovata e un giorno, il 21 marzo, si impegnarono a scrivere ai due ragazzi lontani. Amica scrisse prima al suo fidanzato con un post scriptum e saluti da parte di Nome, poi al cugino con un accenno alla nuova collega a cui lasciava la penna. 

Galeotta fu la lettera!

Due giorni dopo le ragazze ricevettero posta: Amica dal fidanzato e Nome da Cugino.

In ufficio nei momenti di pausa le due amiche si scambiavano i racconti delle due esperienze militari e si sentivano come se, loro stesse, fossero in divisa comandate da sergenti severi e irreprensibili. Insieme inventavano modi di scrivere per divertire i loro beniamini lontani; spezzare

“la noia della naja” divertiva e univa anche le due colleghe in un’amicizia spontanea. Una volta Nome arrivò in ufficio con un paio di fogli di carta da lettere verde accecante con orribili disegni damascati agli angoli, inguardabile: ideale per stupire i destinatari dopo la missiva scritta con il succo del limone che, entrambi, avevano decifrato descrivendo, nella risposta, quanto erano stati bravi e intuitivi. Era diventato un gioco tra loro e, anche se ben presto, Amica e Fidanzato si dissociarono, Nome e Cugino continuarono il gioco inventando, entrambi, trabocchetti e criptature epistolari. 

Intanto il mondo fuori parlava di cambiare il mondo: i giovani si facevano sentire imponendo le loro idee di progresso. Ma per Nome e Amica c’erano solo Fidanzato e Cugino lontani e le canzoni struggenti che parlavano d’amore e distacco.

Progresso fu l’anticipazione della maggiore età che passò da ventun anni a diciotto quando Nome aveva compiuto da poco i venti. Si trovò così maggiorenne in anticipo di un anno, ma oramai lo studio dove avrebbe voluto rimanere l’aveva sostituita con una ottima impiegata e lei non avrebbe potuto lasciare il Notaio e Amica e non solo perché ad essa era collegata l’amicizia con Cugino. Accortosi di un errore l’Esercito anticipò la fine del servizio Militare per Cugino che, unico maschio di madre vedova, non avrebbe dovuto partire e gli fece trascorrere gli ultimi mesi nella città d’origine. Così Nome poté incontrarlo, conoscerlo di persona, scambiare con lui qualche pensiero. La simpatia che li aveva uniti durante la lontananza, il continuo sollecitare la fantasia per trovare il modo di scovare la diavoleria nella lettera dell’altro aveva forgiato in loro una muta complicità. Ci volle poco perché entrambi scoprissero che non era solo simpatia. 

Ci fu un attentato ai tralicci dell’alta tensione in Veneto e qualche tempo dopo un ordigno mandò in tilt la cabina dei comandi ferroviari sulla linea Firenze – Arezzo e, alcuni giorni dopo fu rinvenuta, lungo i binari della stessa tratta, una bomba innescata. Molti militari di leva furono concentrati lungo la linea ferroviaria per scongiurare altri attentati e destabilizzare l’autonomia del terrorista politico che agiva per minare la democrazia. Anche Cugino fu mandato ad Arezzo come militare sanitario per un mese. 

“La lontananza sai è come il vento spegne i fuochi piccoli ma accende quelli grandi” mai altre parole furono più veritiere. 

Firenze – Arezzo in auto con Amica e Fidanzato confermarono che, tra Nome e Cugino, c’era più di una simpatica amicizia. 

L’ultima stelletta, la decima per Cugino, segnò l’inizio di una storia d’amore duratura basata sulla serenità e l’allegria. Scherzare, prendersi in giro, ironizzare sui propri difetti sembra difficile, ma aiuta a superare gli ostacoli più grossi. 

Così verso la fine di un mese di aprile, nel giorno della Liberazione d’Italia, San Marco per il calendario religioso, Cugino cambiò il suo nome! 

All’ufficiale preposto e al Ministro di Dio dichiarò di chiamarsi Cognome sposò Nome e vissero felici e contenti per lungo tempo. Ad oggi, anzi domani, io che li conosco bene, posso dire che hanno raggiunto il traguardo dei quarantasette anni di matrimonio e hanno intenzione di stare ancora insieme. 

(Nome) Milena Beltrandi

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