La comunità dei viventi

Massimo Acciai Baggiani

La comunità dei viventi di Idolo Hoxhvogli è un libro coltissimo, ricco di metafore e scritto in un linguaggio poetico. Superato lo scoglio delle prime pagine ed entrati nella logica dell’autore, il testo appare chiaro, preciso, stringente: quarantasette prose che, nella loro concatenazione, si addentrano nel mistero della vita e della creazione.

Hoxhvogli parla di Dio: un Dio che ha creato l’uomo per curiosità, che vede il futuro attraverso le nuvole e che ha dato all’artista il dovere di non avere doveri – a dispetto di quanto vorrebbero i governi totalitari. La realtà dei viventi è caotica, disperata e in disarmonia con l’universo: le piante lottano tra loro, i polpi hanno lezioni da dare, i funghi condividono con gli uomini «la mancanza di un cervello e l’essere disposti a tutto, ma a differenza di questi sono ingegnosi e aggirano le difficoltà».

La comunità dei viventi è attraversata da labirinti, geografie fantastiche, teorie antiche e moderne. Il libro ricorda nello stile Palomar di Italo Calvino e alcune meditazioni di Jorge Luis Borges: l’indagine intellettuale, la volontà di vedere oltre, la ricerca del segreto intimo delle cose. Nella parte finale del libro la realtà tutta sembra sfaldarsi, scivolare come sabbia tra le mani. Nulla è certo nel mondo dei segni, neanche chi sia il vero protagonista delle storie che abbiamo di fronte. Un’opera densissima, che mostra in filigrana il grande lavoro intellettuale e umano che la sostiene.

Idolo Hoxhvogli, La comunità dei viventi, Clinamen, Firenze 2023.

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