I figli della galassia: un po’ di fantascienza italiana vintage

Massimo Acciai Baggiani

Un giorno, mentre stavo dando un’occhiata a uno scaffale del libero scambio, la mia attenzione fu catturata dalla copertina a colori vivaci, un po’ sciupata dal tempo, di una vecchia rivista di fantascienza, in particolare dal nome che compare sulla suddetta copertina: Azimov.

Il primo pensiero è stato “Strano, non conoscevo questo romanzo”, il secondo “Ma Asimov non si scrive con la S?”. Non si trattava evidentemente del celebre scrittore americano, anche se il titolo del romanzo contenuto nella rivista sembrava un chiaro richiamo all’opera asimoviana e alla space opera degli anni Cinquanta: I figli della galassia. Senza alcun dubbio presi la rivista e me la portai a casa, incuriosito. Poco più tardi sentii l’amico e collega scrittore di fantascienza Pierfrancesco Prosperi, il quale mi svelò l’arcano. Dietro l’astuto pseudonimo di Jack (NON Isaac) Azimov si celavano due autori italiani: i compianti Antonio Bellomi (1945-2021) e Luigi Naviglio (1936-2001).

Pierfrancesco mi svelò anche che (guarda la coincidenza!) il romanzo, diviso in due parti, avrebbe dovuto contenerne anche una terza, scritta da lui stesso. Il romanzo completo fu poi ripubblicato dalle Edizioni Della Vigna nel 2016, senza pseudonimo e con tutti e tre i nomi degli autori, col titolo di Crociera tra le stelle. Per essere più precisi si può parlare di due romanzi brevi accomunati dalla stessa ambientazione e dagli stessi personaggi, scritti a partire dal 1964 e usciti poi sulla rivista “Altair” (che sarebbe poi diventata “Spazio 2000”, quella trovata da me allo scaffale del libero scambio) nel 1976. Prima della fine della telefonata, che ci portò ad aggiornarci sui nostri rispettivi lavori letterari in corso, Pierfrancesco mi promise di spedirmi il romanzo completo.

Svelato questo piccolo mistero, veniamo dunque a questa graziosa opera della fantascienza nostrana la quale, a mio parere, nulla ha da invidiare a quella d’oltreoceano.

La vicenda è un classico e si inserisce nel filone dei viaggi di esplorazione spaziale che trova nella serie di Star Trek un esempio celeberrimo. Qui siamo nell’anno 10.102 (presumibilmente d.C.): l’astronave interplanetaria Star-Arrow è incaricata di riprendere contatto con le antiche colonie terrestri su altri sistemi planetari, ripercorrendo il tragitto compiuto secoli prima da un’analoga astronave terrestre, il cui compito era di individuare pianeti adatti alla colonizzazione umana.

La Star-Arrow è guidata da tre uomini – Cannon, Morton e McGregor – amici inseparabili, e porta con sé un esercito di scienziati, tecnici e militari. In questo futuro remoto è ancora ben presente un tenace attaccamento alla Terra, la patria umana, ed esistono ancora le religioni (a bordo ci sono un prete cattolico e uno protestante) oltre a varia tecnologia analogica (gli autori non potevano ovviamente prevedere negli anni Settanta la rivoluzione digitale, anche se qualcosa Asimov – quello “vero” – aveva accennato nelle sue opere). Sullo scafo dell’astronave spicca la bandiera terrestre perché

«(…) gli uomini, senza un simbolo e cioè una bandiera, una casa, una patria, non avrebbero avuto ragione di esistere.»[1]

Personalmente questa affermazione non mi trova d’accordo, mi riconosco piuttosto nel testo della canzone Passaporto per le stelle, scritto dal compianto Valerio Negrini e cantato dai Pooh, che parla di due novelli Adamo ed Eva che vengono spediti dalla Terra ormai sull’orlo dell’autodistruzione su un pianeta vergine dove salvare il seme umano, e dove una «fortissima presenza» li esorta:

Fate nuovi amori, fate nuove geografie,
senza generali, cattedrali e nostalgie.
Senza più bandiere mai.[2]

Visto che è stato proprio il nazionalismo, il militarismo e il fanatismo religioso a portare alla rovina il mondo. Per il resto condivido la fiducia nel progresso dell’equipaggio della nave, i suoi scopi umanitari e la visione grandiosa di un Cosmo colonizzato dall’Uomo guidato sì dalla scienza ma soprattutto dal cuore.

Il primo pianeta presentatoci dal romanzo si trova nel sistema di Helfar, su cui trecento anni prima era scesa l’astronave Fede carica di coloni in fuga da un pianeta dominato da un sistema totalitario e liberticida. Gli uomini della Star-Arrow rilevano subito una pericolosa anomalia: la luce è accecante! Il mistero è presto svelato: circa trecento anni prima una nube cosmica è entrata nel sistema e ha fatto da specchio al suo sole, aumentandone la luminosità di diecimila volte. La vista dell’equipaggio è salva grazie ai sistemi di schermatura entrati in funzione automaticamente; non così gli occhi degli antichi coloni, giunti poco prima della nube maledetta, i quali però sopravvivono alla cecità e si riproducono, generando una discendenza anch’essa cieca (o meglio, con gli occhi coperti da una membrana protettiva) ma che ha in compenso sviluppato poteri mentali e una spiccata intelligenza, oltre a un modo di vivere pacifico e armonico.

Un’operazione può rendere la vista ai due protagonisti “alieni”, un uomo e una donna, rimuovendo la membrana oculare, e la tecnologia può rimuovere anche la nube facendo tornare la luminosità solare alla normalità. Gli uomini della Star-Arrow possono ripartire verso nuove avventure dopo aver risolto i misteri del pianeta e aver riunito i suoi intelligenti abitanti al consorzio umano.

Il secondo pianeta su cui atterra la Star-Arrow, nel sistema Fernen, già visitato dalla spedizione Harius, è un vero rompicapo: settecento anni prima “non esisteva”, o meglio la spedizione aveva rivelato solo sette pianeti. Invece ce ne sono otto. Da dove viene l’ottavo pianeta? Una prima esplorazione rivela degli umanoidi ridotti a uno stato di pietosa apatia, si rinvengono inoltre varie città polverizzate, risalenti a 600, 1600 e 2700 anni prima. Un misterioso cataclisma ricorrente ogni millennio cancella la civiltà sul pianeta, costringendo gli abitanti a ripartire ogni volta da zero: perciò sono scivolati nel fatalismo e nell’apatia, da cui si risvegliano solo con l’arrivo dell’astronave terrestre. Anche questo mistero viene svelato: periodicamente il pianeta “oscilla” tra due dimensioni, due diversi piani di vibrazione degli atomi, ed ogni passaggio interdimensionale distrugge la civiltà. Una maledizione da cui vengono liberati tramite una Centrale Vibratoria. Risolta anche questa magagna la Star-Arrow riparte per il successivo mondo da visitare.

Qui si interrompe il romanzo in due parti. Per leggere quello completo ho dovuto aspettare l’invio di Pierfrancesco e scoprire così anche la sua terza parte, non meno interessante delle prime due. Si tratta di un testo revisionato rispetto a quello degli anni ‘70 (per esempio l’astronave viene ribattezzata Yggdrasill, come l’albero cosmico della mitologia norrena): l’ultima parte si svolge sul pianeta Mescarol, su cui la precedente missione aveva individuato una razza umanoide estremamente bellicosa. Secoli dopo l’equipaggio della Yggdrasill atterra in un’area vicina a quella precedentemente osservata e vi trova un clima freddo dove una popolazione del tutto apatica conduce una vita vegetativa tirando avanti con lo stretto necessario. Dove sono finite le armi e le guerre? Per svelare il mistero viene rapito, senza tanti complimenti, uno degli abitanti e studiato a bordo. L’astronave si sposta intanto nell’emisfero opposto e qui vi trova in effetti i guerrafondai descritti secoli addietro; il clima caldo risveglia i bollenti spiriti anche dell’indigeno-cavia, il quale perde il senno e fugge. Il mistero è presto chiarito: come l’ottavo pianeta del sistema Ferner (descritto da Naviglio) anche questo segue un ciclo, stavolta di dodici anni, corrispondete alle stagioni. Durante la stagione calda prende il sopravvento lo spirito guerriero, sopito durante quella fredda.

La soluzione proposta dal comandante della Yggdrasill è crudele ma pare l’unica: aspettare che i bellicosi indigeni scoprano la bomba atomica e inizino una guerra nucleare che li spaventi così tanto da rinunciare a fare ulteriori guerre, così come era successo sulla Terra dopo la famigerata Terza Guerra Mondiale, secoli prima. Solo a quel punto i terrestri avrebbero potuto aiutare gli indigeni a progredire verso un mondo più saggio e pacifico.

Unica notazione personale che posso fare a questa ultima parte: gli scienziati della Yggdrasill parlano di «intelligenza vivace» in riferimento alla parte bellicosa del cervello indigeno, mentre io parlerei piuttosto di stupidità guerrafondaia, che può avere in effetti anche una sorta di finta “intelligenza”, votata al male, ma che non ha nulla a che vedere con la vera intelligenza, sempre pacifica e votata alla costruzione e al vivere civile piuttosto che al massacro (può sembrare banale, ma nel momento storico in cui scrivo è quanto mai attuale).

Crociera tra le stelle si conclude con un interessante saggio di Franco Piccinini sui viaggi spaziali antecedenti al romanzo del nostro Jack Azimov.

Firenze, 17 settembre 2023

Bibliografia

Azimov J., I figli della galassia, Milano, Il Picchio, 1980.

AAVV., Crociera tra le stelle, Edizioni Della Vigna, 2016.


[1] Cfr. Azimov J., I figli della galassia, Milano, Il Picchio, 1980, p. 25.

[2] Nell’album Tropico del Nord del 1983.

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