La felicità affogata, ovvero un catastrofico ottimismo

Di Massimo Acciai Baggiani

Avete mai avuto la sensazione che più si cerca la felicità, più questa sembra sfuggire? Anche il protagonista di La felicità affogata ha avuto questa spiacevole sensazione, che tuttavia non riesce ad abbattere il suo indistruttibile ottimismo. Nel romanzo breve di Carlo Menzinger, vincitore ex-aequo del Premio per inediti della World SF Italia nel 2023, ambientato a Firenze in un futuro non troppo lontano (anche se non specificato), Lapo Vinci, progettatore e utente di sofisticate sex doll, passa un guaio dietro l’altro, alternando sfighe paurose (addirittura venendo fatto a pezzi da un tritarifiuti) a colpi di fortuna pazzeschi (viene “risuscitato” e si trova tra i pochi sopravvissuti a un conflitto nucleare globale).

Lapo è un personaggio leibniziano, riesce a trovare in ogni situazione – per quanto disperata – qualcosa di buono, mentre tutto intorno a lui va in malora. Certo, anche lui ha i suoi momenti di sconforto, come quando l’amore della sua vita muore di parto, lasciandogli un bambino da crescere da solo in un futuro che appare a dir poco disastroso. Lapo ha comunque un cuore, anche se non in senso letterale da quando è stato impiantato in un corpo meccanico.

Carlo è famoso per le sue distopie e per la sua, più che giustificata, preoccupazione per il futuro del nostro pianeta – motivo ricorrente di tutta la sua opera, compreso il recente Psicosfera, con la collaborazione del sottoscritto – ma la sua visione non è mai del tutto negativa. Il personaggio di Lapo appare così in buona parte autobiografico, a mio parere, almeno nella sua visione del mondo.

Anche quest’opera, per quanto breve, è ricca di invenzioni futuribili e scenari sociali inquietanti. Ci possiamo solo augurare che le previsioni per il futuro non siano così esatte: intanto ci possiamo godere questo piccolo gioiello di fantascienza italiana che nulla ha da invidiare alla produzione d’oltre oceano.

Firenze, 10 aprile 2024

Bibliografia

Menzinger C., La felicità affogata, Chieti, Tabula Fati, 2024.

Insegnare la letteratura

Di Massimo Acciai Baggiani

Il volumetto degli amici Massimo Seriacopi e Clara Vella nasce da una serie di webinar organizzati dall’Associazione Lingue Firenze in collaborazione con l’ANILS, di cui Clara è consigliera regionale; esso si compone di due parti, curate rispettivamente da Seriacopi e da Vella, comprendenti alcuni brani di letteratura italiana e inglese del Novecento antologizzati e commentati dai curatori, con un inquadramento storico-biografico, una guida alla lettura e una serie di esercitazioni destinate agli studenti.

Iniziamo con un brano tratto da Il fanciullino a cui segue la famosa poesia di Giovanni Pascoli La mia sera. Di Luigi Pirandello è stato scelto un brano da Uno, nessuno, centomila mentre di Umberto Saba viene proposta Città vecchia (che ispirò l’omonima canzone di Fabrizio De André). I fiumi di Giuseppe Ungaretti chiude la prima parte del libro.

La seconda parte, curata da Clara Vella, presenta brani in lingua inglese di autori vari (Yeats, Joyce, Burroughs, Rive, Thwaite) e sviluppa le competenze interlinguistiche oltre a quelle più prettamente letterarie.

In conclusione, il libro è a mio parere un utile strumento per insegnanti e studenti di scuola superiore, edito dalla giovane casa editrice toscana Setteponti.

Firenze, 30 marzo 2024

Bibliografia

Vella C., Seriacopi M., Insegnare la letteratura, Castelfranco Piandiscò, Setteponti, 2024.

Un break con Milena Beltrandi

Di Massimo Acciai Baggiani

Milena Beltrandi è una delle mie allieve al laboratorio di scrittura che tengo settimanalmente al Torrino di Santa Rosa; un’ottima allieva, che ho visto crescere artisticamente e diventare una scrittrice di tutto rispetto. Suoi sono i romanzi thriller della serie dell’agente Milo, da me recensiti (ad esempio Sottili coincidenze e La formula del sole), oltre ad Azzurro come gli occhi di Loretta, un thriller ambientato nel mondo degli autotrasportatori. Suoi sono i racconti che ho pubblicato su SDP (Nome e cognome e Giovanni e Mmquax). Il primo di questi racconti è confluito poi nella sua ultima raccolta, Break tisana e caffè, edita quest’anno con ilmiolibro.it, insieme ad altri testi scritti come esercizio per il laboratorio di scrittura suddetto.

Mi sento in piccola parte responsabile di questa pubblicazione, in quanto proprio io ho fornito i temi di alcuni testi, poi letti e corretti al Torrino, e ciò mi fa molto piacere data l’alta qualità della scrittura di Milena, che nel suo libro alterna narrativa e ricette di cucina (Milena è anche un’ottima cuoca, come abbiamo sperimentato al laboratorio, quando ci portava le “sfrappole” o altri dolci di sua creazione).

Break tisana e caffè è un libretto delizioso, fortemente autobiografico, che ci trasporta a volte nel regno della fantasia (bellissimo il racconto in cui la protagonista si risveglia… col corpo dell’altro sesso) ma più spesso nella nostra realtà quotidiana, tra ricordi e ispirazioni gialle, storie familiari e incontri imprevisti (ho apprezzato particolarmente quello in cui la protagonista, la stessa Milena, incontra… i Pooh, il mio gruppo musicale preferito). I racconti sono brevi, quasi dei flash, molto vari e lo stile è scorrevole: una lettura che vedo particolarmente adatta in un bar, gustando una buona merenda, con un sottofondo jazz… ma va bene in qualsiasi altro contesto. Brava Milena, aspettiamo la prossima raccolta nata dai temi che ti darò nei prossimi incontri al Torrino!

Firenze, 27 marzo 2024

Bibliografia

Beltrandi M., Break tisana e caffè, ilmiolibro.it, 2024.

Palomar in Esperanto

Di Massimo Acciai Baggiani

Palomar, uno degli ultimi libri di Italo Calvino (1923-1985) pubblicati mentre l’autore era ancora in vita, non è certo un libro facile: tanto di cappello a Nicolino Rossi per la sua traduzione in esperanto, per aver reso nella lingua internazionale la prosa complessa dello scrittore italiano di cui cadeva un anno fa il centenario della nascita. Proprio per celebrare questa importante ricorrenza la FEI ha deciso di pubblicare questo volume, e ha fatto bene: Nicolino Rossi, nome importante nella letteratura Esperanto, ha fatto un ottimo lavoro, spingendo la lingua fino alle sue estreme capacità espressive, così come ha dovuto fare nel tradurre e pubblicare, sempre nel 2023, la traduzione delle Cosmicomiche.

Italo Calvino non ha certo bisogno di presentazioni per il pubblico italiano, ma forse è utile dire qualche parola su di lui per il pubblico esperantista straniero. Nato a Cuba 101 anni fa, Calvino inizia la sua carriera letteraria negli anni Quaranta con il romanzo neorealista Il sentiero dei nidi di ragno. Seguono nel decennio successivo tre romanzi di genere fantastico-surreale, noti come La trilogia dei nostri antenati (Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente) che sono dei veri e propri classici. Negli anni Sessanta escono le novelle di Marcovaldo e le già citate Cosmicomiche, mentre per gli anni Settanta vanno ricordati almeno Le città invisibili e Se una notte d’inverno un viaggiatore. Calvino muore a Castiglione della Pescaia per un ictus nel 1985.

Palomar, dicevamo, è un libro difficile: va gustato a piccole dosi, centellinato come buon vino. Ogni capitolo/racconto, per quanto breve, è denso di riflessioni filosofiche sull’universo di cui il protagonista cerca la chiave nascosta per comprenderne il senso profondo: così in una singola onda che increspa il mare, nel fischio di un merlo, nell’accoppiamento di due tartarughe in giardino, perfino nel riflesso del sole il signor Palomar – che deve il suo nome al celebre osservatorio sull’omonimo monte negli Stati Uniti – cerca il segreto finale del tutto, ma essendo un tipo piuttosto nervoso e non provvisto della necessaria pazienza, fallisce ogni volta nel suo scopo e si ritrova più confuso e perplesso di prima.

Le avventure filosofiche di Palomar non mancano di un certo fine umorismo che le rende leggere (la Leggerezza è non a caso una delle qualità della scrittura di cui Calvino tesse le lodi nelle postume Lezioni americane, altro libro che varrebbe la pena tradurre in Esperanto) ma riconducono a una certa amarezza di fondo, perché questo senso, se mai esiste, continua a sfuggire.

Firenze, 26 marzo 2024

Bibliografia

Calvino I., Palomar, Milano, Federazione esperantista italiana, 2023.

Passeggiando a Firenze con Antonella Bausi

Di Massimo Acciai Baggiani

Antonella Bausi negli ultimi anni ha sfornato un libro dietro l’altro, tutti di alto livello, tanto da restare sbalorditi: ha iniziato nel 2017 con un saggio sulla famiglia degli Abati, quindi ha proseguito con Pillole fiorentine nel 2022, inaugurando una proficua collaborazione con la casa editrice toscana Setteponti (diretta dall’amico Enrico Taddei), a cui sono seguite le Pillole medicee e per ultimo (ma solo per ora, ci sono già altri libri in attesa di pubblicazione) Passeggiate fiorentine. Cosa accomuna la produzione letteraria di Antonella? I titoli già lo svelano: la protagonista è sempre Firenze, la nostra amata città, così carica di storia e di storie, oltre che di opere d’arte di ogni genere.

Passeggiate fiorentine segue lo stile degli altri libri, a metà tra saggio divulgativo e narrativa: i personaggi rivivono nelle pagine di Antonella come persone, con i loro drammi e le loro debolezze, con i loro vizi e virtù. Quasi ogni angolo di Firenze è legato a una vicenda, spesso degna di un romanzo: io che in questa città ci vivo da quando sono nato davo, lo confesso, un po’ per scontata tanta bellezza e tanta fama, ma con questo libro l’ho riscoperta con grande interesse, come già mi era successo con gli altri volumi. Difficile dire qualcosa che il libro stesso, e la bellissima prefazione di Luciano Artusi, già non dica, quindi aggiungerò solo che si tratta di un libro che non può mancare assolutamente nelle librerie di chi ama Firenze.

Firenze, 24 marzo 2024

Bibliografia

Bausi A., Passeggiate fiorentine, Castelfranco, Setteponti, 2023.

I Medici secondo Renato Campinoti

Di Massimo Acciai Baggiani

Tra i miei amici figurano due storici di grande spessore, bravi soprattutto a rendere avvincente e attuale la storia della nostra Firenze: sto parlando di Renato Campinoti, con cui ho pubblicato tra l’altro un libro di racconti (ambientato anch’esso a Firenze) – Strani casi ai tempi del Covid (2021) – e Antonella Bausi, già autrice di vari testi tra la saggistica e la narrativa, dedicati alla nostra città così carica di storia e d’arte, tra cui proprio un libro dedicato ai Medici – Pillole medicee (2023). Vedo diverse affinità tra i due, accomunati, oltre che da un grande amore per la nostra città, da una scrittura scorrevole e coinvolgente in grado di rendere vivi i personaggi storici che tutti ben conosciamo dai tempi di scuola: personaggi che ci sono stati presentati spesso in modo noioso e astratto dal professore di turno, nelle pagine di Renato e di Antonella rivivono come in un romanzo.

Nel libro di Renato, composto di vari racconti che coprono tutta la parabola della famosa famiglia fiorentina (dal XIV al XVIII secolo), troviamo le indagini di Benedetto Varchi, di Artemisia Gentileschi e di altri illustri e meno illustri personaggi che portano alla luce storie di sangue, di vendette, di crudeltà in nome della ragion di Stato. Non a caso Renato è un noto giallista e ciò si sente anche in quest’opera. La storia dei Medici è vista sotto un’altra luce, meno “ufficiale” e più interessante forse. Un libro da leggersi tutto d’un fiato, consigliato a chi è appassionato di Storia e a chi si avvicina per la prima volta a questo affascinante tema.

Firenze, 10 marzo 2024

Bibliografia

Bausi A., Pillole medicee, i Medici a Firenze, una storia infinita, Castelfranco, Setteponti, 2023.
Campinoti R., I Medici a modo mio, a.l.a., 2020.

Leonardo da Vinci e l’uomo del disegno: un romanzo fantasy-storico di Luigi De Rosa

Di Massimo Acciai Baggiani

Ho ricevuto una copia di Leonardo Da Vinci e l’uomo del disegno direttamente dalle mani dell’autore, il giovane Luigi De Rosa, di cui ho già letto e recensito la prima opera, La maledizione di Bes. Con Luigi ho collaborato anche, insieme ad altri dieci autori, al romanzo collettivo Perché non siamo fatti per vivere in eterno?: ne è nata un’amicizia e una stima reciproca che dura negli anni. Di Luigi apprezzo lo stile avvincente e semplice ma rigoroso, come la ricerca storica che sostiene questa sua opera sul Genio di Vinci, tra romanzo storico e fantasy. Un connubio piuttosto curioso per me, ma non troppo: in fondo sono abituato alle ucronie e il libro di Luigi si può leggere appunto come un romanzo di storia alternativa: cosa sarebbe accaduto se la magia fosse esistita davvero in Italia agli inizi del XVI secolo?

Vediamo quindi vari personaggi reali a cui Luigi attribuisce poteri magici (ad esempio la telepatia a Niccolò Machiavelli) e la magia ha un ruolo importante nella guerra che si combatte tra il Vinciano e Vitruvio, l’architetto romano immortalato nel famoso disegno dell’Uomo Vitruviano, miracolosamente uscito dal disegno stesso e ritrovatosi a vivere nel mondo (per lui) futuro… ma non voglio svelare troppo della trama e degli intrighi orditi per nuocere al vero protagonista della storia: Leonardo Da Vinci.

Ho trovato particolarmente avvincente la parte dedicata alla sfida artistica in Palazzo Vecchio tra Leonardo e Michelangelo, la famosa Battaglia di Anghiari. Qui secondo me Luigi tocca i suoi vertici.

Nel romanzo compare un personaggio secondario, comunque importante, chiamato Niccolò De’ Ciatti, un semplice ortolano dal cuore d’oro. Quando l’ho incontrato ho pensato subito a Niccolò Ciatti, il ragazzo massacrato in Spagna da una banda di balordi: avevo visto giusto, si tratta di un omaggio di Luigi all’amico scomparso tragicamente. Omaggio che ho apprezzato molto.

Un’altra curiosità riguarda la genesi di questo libro: commissionato dal mecenate di Luigi, Gabriele Niccolai, amministratore delegato del museo dedicato a Leonardo, a Firenze in via Cavour: ebbene sì, i mecenati esistono ancora, anche se non tutti gli artisti hanno la fortuna di incontrarne uno. Leonardo Da Vinci e l’uomo del disegno esce infatti in una data non casuale: per il cinquecentesimo anniversario della morte del Maestro.

Firenze, 18 gennaio 2024

Bibliografia

  • I già dimenticati, Perché non siamo fatti per vivere in eterno?, Firenze, Porto Seguro, 2019.
  • De Rosa, La maledizione di Bes, Vicenza, Abra Books, 2017.
  • De Rosa L., Leonardo Da Vinci e l’uomo del disegno, Firenze, Libreria Salvemini, 2019.

Cronache di ordinario totalitarismo, ovvero un’utopia distopica

Di Massimo Acciai Baggiani

Nel mio appartamento, ormai strabordante di libri, c’è una collana di letteratura universale della fine degli anni Sessanta (dello scorso secolo). Il volume 30 è dedicato alla letteratura dei Paesi Bassi: un’interessante antologia di autori di varie epoche, tra cui tale Ferdinand Bordewijk (1884-1965), olandese. Di lui sono riportati due brani da un racconto lungo (o romanzo breve) intitolato Blocchi (Blokken nell’originale), uscito nel 1931. Quelle poche pagine antologizzate mi hanno incuriosito e spinto a prendere il libro in biblioteca.

È un’opera stupenda e terribile al tempo stesso: visionaria e profetica, descrive – prima di Aldous Huxley e di George Orwell (ma dopo Noi di Jegenij Zamjatin e Stella rossa di Aleksandr Bogdanov) – una società totalitaria portata alle estreme conseguenze. In uno Stato e in un tempo immaginario, in cui non è difficile riconoscere l’Unione sovietica del futuro, la vita privata dell’individuo è quasi estinta in nome di un ideale di unità che annienta ogni dissenso. Tutto è estremamente ordinato e funzionale, volto al benessere della collettività, a patto però di sapersi uniformare. È una sorta di paradiso in terra per chi ha ucciso il proprio io in nome dell’io statale. La vita dei cittadini è regolata in ogni suo aspetto, dall’abbigliamento al tempo libero.

Un’idea distorta di Comunismo si contrappone al Capitalismo: entrambi si dimostrano sistemi disumani, ciò che avviene nello Stato “cubista” (tutte le città sono ordinate appunto in blocchi cubici – come suggerisce il titolo del racconto – e la “sfera” è considerata eresia), e ciò che avviene all’Estero (dove vige certamente più libertà, ma dove – si presuppone – la gente continua a vivere nell’indigenza mentre pochi sguazzano nel lusso, come nel nostro mondo “non distopico”). Perfino il Consiglio a capo dello Stato sottostà alla legge superiore ed è vittima di essa non meno degli altri comuni cittadini: i dieci del consiglio (cinque uomini e cinque donne) regolarmente impazziscono o vengono fucilati al minimo dissenso. Le decisioni sono prese tutte all’unanimità proprio per questo motivo.

Il “Cubismo di Stato” (questa l’espressione usata non a caso da Antonio Gnoli e Franco Volpi nella postfazione all’edizione italiana che ho letto io) annulla ogni individualità: il risultato è una sorta di alveare, di società di api industriose che non vivono se non in funzione dello “spirito dell’alveare” (prendo a prestito l’espressione da un autore belga, Maeterlinck). Eppure questo Stato che aspira ad essere perfetto e immortale, non riesce ad arginare del tutto il «germe del Peccato», proprio perché si tratta di esseri umani e non di api o termiti. Una rivolta viene soffocata nel sangue, ma il “peccato” continua in modo sotterraneo e, si pensa, non verrà mai sradicato del tutto.

Firenze, 14 gennaio 2024

Bibliografia

Bordewijk F., Blocchi, Milano, Bompiani, 2002.

L’isola dei pirati

Di Massimo Acciai Baggiani

Non sono solito fare stroncature dei libri che leggo – quelli che non mi piacciono preferisco passarli sotto silenzio – ma la lettura di questo romanzo postumo di Michael Crichton (1942-2008) mi ha proprio lasciato l’amaro in bocca. Più volte sono stato sul punto di abbandonare la lettura, cosa che non ho fatto perché lo stile di Crichton è sempre coinvolgente anche se come persona è piuttosto discutibile (ricordo che nel suo libro autobiografico Viaggi parlava di una sua visita al «bordello delle bambine»[1] a Bangkok insieme ad un amico; non partecipa ma neanche sembra disapprovare molto, o denunciare l’amico per pedofilia). Scadutomi come uomo, mi scade anche come scrittore in L’isola dei pirati. Per essere scritto bene, è ben scritto, ma… manca del tutto l’eroe positivo. Cioè, mancano i buoni: nelle 332 pagine del romanzo non si salva nessuno, sono tutti moralmente condannabili, anche e soprattutto quelli che dovrebbero essere gli eroi – i corsari che partono da Port Royal, in Giamaica, nel 1665, per impadronirsi di una nave spagnola carica d’oro. Per l’oro vengono commessi i crimini più atroci, senza il minimo onore (tanto sbandierato dal protagonista, il capitano Hunter). Le donne sono tutte puttane e gli uomini spietati criminali, che vengono esaltati nelle pagine di Crichton. È vero che nel XVII secolo la morale era diversa da quella odierna, e la vita umana aveva meno valore (oddio, in certe zone del mondo è ancora così), ma tanta violenza e mancanza di cuore lascia basiti. Un libro non adatto ad animi sensibili, da dimenticare.

Firenze, 4 dicembre 2023

Bibliografia

Crichton M., L’isola dei pirati, Milano, Garzanti, 2011.


[1] Cfr. p. 140 dell’edizione Garzanti, serie Elefanti, 2006. Sono stato proprio io a scrivere questa precisazione nella pagina italiana di Wikipedia dedicata a Crichton.

Sempre a est

di Alessandro Del Gaudio

Ho davvero gustato questo gioiello pubblicato da Delos Digital nella collana Fantasy Tales, che dimostra come nella botte piccola si conserva il vino buono. Piccola perché siamo in presenza di un romanzo breve, che potrete gustarvi in una giornata. Una fiaba dark e, al contempo, un fantasy avventuroso e visionario, in cui il filo conduttore è il rapporto tra un uomo e il suo surypanta, un animaletto che sta in una mano, ma molto di più di un banale animale da compagnia. Leggendo la storia viene da chiedersi chi dei due, in questo legame, controlli l’altro, perché i surypanta sono bestiole molto ricercate e i loro proprietari farebbero le peggiori pazzie pur di non lasciarseli rubare, cosa che immancabilmente accade e mette in moto tutta la vicenda. C’è chi i surypanta li ruba, li colleziona o, nella fattispecie, li raccoglie. Sappiate che sono gli animali più longevi del mondo, il più giovane di essi è molto più anziano dei vegliardi umani, e detengono un grande potere. Ancora una volta, in botte piccola… La storia è lineare e avvincente, il protagonista, Hynreck, dovrà trasformarsi da boscaiolo a paladino, eroe e abile spadaccino per poter tenere testa al terribile Raccoglitore, che intende impossessarsi di tutti i surypanta per scopi malvagi come solo un mago malvagio può averne. Il finale è tutta una sorpresa. Per cui non perdetevi questa piccola grande storia e fate come me, leggetevela con il vostro animaletto vicino (immancabilmente i miei gatti mi facevano compagnia), oppure se non ne avete accoglietene uno. Magari non sarà un surypanta, ma avrà il potere di rendervi felici, come se lo fosse.

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