Pensieri di luce e d’ombra: Intervista a Patrizia Beatini

A cura di Massimo Acciai

Patrizia Beatini, fiorentina di nascita, è un’artista poliedrica: ha scritto prose e versi e scattato immagini fotografiche che finalmente ha deciso di pubblicare in ‘Pensieri di Luce e d’Ombra’, il suo primo libro, autoprodotto, uscito quest’anno. Poco prima era stato realizzato un libretto collettivo, ‘Cinque amici in versi’, a cui ha preso parte. Amica da molti anni, l’ho intervistata con vero piacere riguardo al suo primo libro, dopo averle dedicato un’altra intervista nel 2017, sempre tramite Internet.

  1. So che questo libro ha avuto una gestazione lunga, infatti raccoglie poesie scritte in epoche molto diverse: quando ti è venuto il desiderio di farne un volume e perché hai aspettato tanto?

Innanzitutto grazie Massimo per aver di nuovo pensato a me per questa intervista, ne sono contenta. Hai ragione, è passato molto tempo prima che decidessi di fare una pubblicazione dei miei versi, li ho spesso recitati a eventi letterari e recital poetici, soprattutto col Centro d’Arte Modigliani di Scandicci, l’Associazione Culturale che esiste da più di quarant’anni e di cui faccio parte ormai da diverso tempo e devo dire che spesso avevano trovato una gradita approvazione del pubblico, ciononostante non riuscivo a pensare di farne un volume, io sono molto riservata sulle mie cose personali. Poi probabilmente la continua sollecitazione da parte di tutto il Centro Modigliani a pubblicare e poi il periodo pandemico, terribile, nel quale siamo stati tutti a casa e in cui io ho riflettuto molto, hanno partorito in me la decisione di portare alla luce i versi e farli diventare pubblici.

  • Nel titolo hai usato la parola “pensieri” per descrivere i tuoi testi. Perché non “poesie”?

Perché chiamarli ‘poesie’ mi sembrava troppo pretensioso, non mi sento né un poeta, né uno scrittore, ma una persona che si diletta in queste arti, senza seguire alcuna metrica, con verso libero, senza obblighi; inoltre i miei ‘pensieri’ se proprio vogliamo collocarli stanno tra la ‘poesia’ e la ‘prosa’.

  • Nel tuo libro è molto presente la natura, con l’avvicendarsi delle stagioni, gli elementi atmosferici, che riportano molto alla poesia romantica. Dacci la tua definizione del ‘Tempo’ e dell’ ‘Attesa’, di cui parli nella tua omonima poesia.

La Natura con la N maiuscola mi piace pensare che sia il perno del concetto del libro, insieme al Tempo. Potrebbe essere qualcosa di romantico? Sicuramente, io sono una romantica per eccellenza e non credo sia un difetto, anzi… Potrebbe essere antico, retrò? No di certo. Mai come in questo momento il concetto di Natura è stato così moderno. Il mio soffermarmi, sia nell’espressione scritta, sia con la fotocamera, sulle cose semplici, solitamente invisibili, inavvertite, poiché quasi scontate, come l’osservare la ciclicità delle stagioni, con lo schiudersi dei boccioli, il cadere delle foglie, l’ingrossarsi dei fiumi, il migrare delle rondini e via dicendo, non è altro che un indagare sulla vita e sulla morte, un intimo ascolto attraverso i suoni dell’ambiente, degli animali. Ho ritrovato tanto di me stessa in ciò che mi circonda, ho imparato a scrutare nella voragine di certi cieli tetri e ad apprezzare la pienezza di una carezza del vento. Noi siamo terra e terra torneremo, mai come in questo periodo della mia vita io mi sono sentita appartenere alle mie radici, nonostante aneli spesso a grandi voli. Invece il tempo non esiste, lo abbiamo inventato noi e ora ne siamo schiavi. Esiste il senso del movimento della Terra che gira intorno al sole e di ciò che ne consegue. L’Attesa è senza tempo, proprio perché appartiene ad un preciso momento più o meno prolungato in cui non si conosce ciò che avverrà, o meglio, è un tempo in cui si potrebbero modificare le nostre aspettative su ciò che avverrà, pertanto è terribilmente autentico perché è uno di quei pochi momenti in cui siamo certi di vivere nel presente.

  • La prima parte del libro, dedicata all’Ombra, raccoglie poesie che contengono un dolore, una perdita, un addio… una sofferenza sempre comunque composta, filtrata dalla poesia. L’Ombra mostra anche un suo lato seducente?

L’ombra ha due facce, entrambe interessanti a mio avviso, perché una mostra sofferenza non cercata e quindi in apparenza da dimenticare, in realtà probabilmente sarà l’unica che farà cambiare veramente qualcosa nella nostra vita, poiché nulla arriva mai a caso; quindi sarà una sofferenza che ci farà odiare, imprecare, stringere i denti, ma anche crescere; ci spingerà verso la consapevolezza, il senso della vita. L’altra faccia dell’Ombra invece conserva una sua bellezza seducente che non è quasi mai priva di rischi; come l’amare qualcuno che non ci è consentito o consigliato per svariati motivi, o il cercare situazioni di pericolo perché si ha bisogno di uno scarico di adrenalina altrimenti non ci sentiamo abbastanza vivi, oppure quando pensiamo di poter essere i ‘salvatori’ dell’animo altrui, insomma chi più ne ha più ne metta, tuttavia penso che ciò che maggiormente fa sì di voler ricercare l’ombra, sia il credere che all’interno di essa possa essere trovato un sentimento per cui valga la pena essercisi addentrati, ma credo che ciò abbia un senso solo se si resta umili, onesti, altrimenti è pura presunzione, ego.

  • Veniamo alla parte dedicata alla Luce. Dopo aver attraversato le tenebre, come un viaggio dantesco svoltosi in solitaria, vediamo l’alba, ma per giungervi è necessario attraversare il buio (non è casuale la tua citazione di Gibran). Anche le foto che accompagnano i testi si fanno più soleggiate, più primaverili. Vuoi parlarci di cosa rappresenta per te la Luce in questa sorta di metafora?

Con il mio libro ho voluto accompagnare il lettore in un viaggio metaforico dall’Ombra alla Luce, che previamente ho intrapreso io. Nella vita di ognuno di noi ci sono stati periodi felici e altri di sofferenza ma ciascuno di essi è stato importante per averci condotti fino a quello che siamo diventati nel presente, con annessi pregi e difetti. C’è stato un tempo in cui mi sono sentita maggiormente attratta dall’ombra, dalle sue sfumature di grigi, mi pareva accompagnassero di più il mio sentire, le mie emozioni. Ho attraversato il periodo punk, dark, gotico e via dicendo, essendone parte attiva, e tutt’ora sono ancora affascinata  da certi testi o da alcune atmosfere senza dubbio seducenti ma oggi sono principalmente rivolta verso la Luce, la Rinascita. E’ stato doloroso ma anche interessante indagare e rovistare tra le ombre e gli scenari più cupi ma solo per arrivare ad apprezzare la Luce in tutte le sue forme, per accoglierla e per essere accolta. E ne sono felice, perché nonostante alcuni momenti bui che io, come ogni essere umano, posso attraversare, la mia propensione è cercare luminosità, bellezza, Vita.

  • So che non ami spiegare quello che scrivi ma puoi dirci se ci sono delle figure importanti, delle icone, a cui di solito ti ispiri? Due di quelle persone sono sicuramente i tuoi genitori, ai quali hai dedicato dei versi, che trovano posto nella sezione di Luce; il dolore della perdita cede alla dolcezza del ricordo…
  • Non amo spiegare le mie poesie, come dissi nella precedente intervista, perché è come se limitassi l’immaginazione di chi ascolta, mi piace pensare che ciascuno veda o senta ciò che risuona maggiormente nel suo animo. Inoltre i versi sono partoriti, perlopiù quelli d’ombra, con grande sofferenza, per questo li ho sempre sentiti molto intimi, personali. Sì, ho delle icone a cui mi sono ispirata, soprattutto per i versi  d’Ombra, ma non dirò i loro nomi, sono muse per me importanti e talvolta mi sono rispecchiata nelle loro vulnerabilità, sofferenze, disagi. Mi hanno aiutato a comprenderle ma anche a capire me stessa, le mie voragini. Sono state fondamentali per questo viaggio introspettivo. I miei genitori sono le due persone più importanti della mia esistenza, poiché mi hanno permesso di essere qui e mi hanno insegnato valori che oggi si stanno perdendo, come il rispetto e l’onestà, per cui mi sono sentita in dovere, ma non solo, è stato anche un piacere, anche se con commozione, dedicare a loro alcuni versi. Sono mancati entrambi e ho voluto ricordarli.
  • Dalla ‘poesia/prosa’ passiamo alla ‘fotografia’, ci sono quasi un centinaio di immagini, a parte una foto della tua infanzia, scattate tutte da te, tra le quali diversi autoritratti. Ti piace fotografarti?

La ‘fotografia’ è sempre stata una mia passione importante, sin da quando ero adolescente, certamente all’epoca era molto più difficile far bene una foto, oggi devo dire che si è parecchio avvantaggiati dalla moderna tecnologia, però, per quanta tecnica si possa apprendere e per quante buone macchine si possano possedere, se non hai le basi riesci a far poco. Bisogna avere l’occhio, il senso dell’estetica, saper osservare, vedere un elemento che disturba, capire quando è il caso di scattare e quando è meglio aspettare un’altra luce, anche riuscire a riprendere immagini dritte non è così semplice, o captare il particolare importante che potrebbe finire inosservato; se non hai questo, che credo faccia parte di una dote innata, non è facile realizzare qualcosa di buono. Io non sono una fotografa, ho ancora tanto da imparare, ma mi diletto anche in questa Arte, mi fa sentire bene, come se avessi la presunzione di fermare il Tempo e poterci guardare dentro, mi piacciono i primi piani, scovare tra le rughe della vita. Pertanto il criterio della Luce e dell’Ombra nel mio libro è stato applicato anche alle fotografie, suddivise nelle due sezioni. Mi chiedi se mi piace fotografarmi, la risposta è sìi, mi piace quasi solo se lo faccio io, è l’unico modo per apprezzarmi. Devo ancora trovare un fotografo o qualsiasi altra persona che fermi la mia immagine nello stesso modo in cui io la vedo. Ma chissà…

  • Nella sezione d’Ombra diverse fotografie sono state scattate al cimitero monumentale di San Miniato. Perché questa scelta?

I cimiteri sono sempre stati per me di grande attrattiva, nonostante siano luoghi tutt’altro che allegri. E qui entra in gioco la seduzione delle ombre, di cui parlavo prima. Il cimitero Monumentale di San Miniato ha suscitato in me emozioni intense, le statue in prostrazione, l’immagine dei due amanti che paiono danzare, gli angeli, i bambini, figure sicuramente molto tristi ma cariche di una bellezza senza Tempo, di un dolore antico, col quale ognuno di noi si può confrontare. E poi c’è il mistero della morte o della non morte, a seconda di come volge il pensiero e lo sguardo, ma su questo ci sarebbe da parlare troppo.

Ho notato che fotografi le cose che si vedono tutti i giorni,  nell’immagine pare che tu cerchi l’essenzialità. Soprattutto nella sezione di Luce hai riportato diversi dei tuoi ‘luoghi del cuore’. Ce ne puoi parlare?

Come ho detto prima ho voluto soffermarmi ad osservare e quindi a fotografare le cose di ogni giorno, non mi interessavano foto di effetto o riprese di luoghi ameni, l’intento per questo libro era proprio la semplicità: il fiume, i fiori primaverili, le anatre, gli alberi, per carpire la differenza tra la lentezza e il movimento. C’è un gran bisogno di lentezza, mi viene in mente l’omonimo romanzo di Kundera. Io credo che nel procedere lentamente non si perdano i particolari e quindi ci sia un po’ il senso della memoria, come se si prolungasse il gusto della vita. Sicuramente è un pensiero in contrapposizione con il concetto dell’odierno vivere, sempre frenetico, sempre competitivo, ma col quale non mi ci ritrovo quasi più. Si, nel libro ho ripreso diversi luoghi a me cari: il parco, il ciglio del fiume, la cascata, il bosco; spazi nella natura a cui per qualche misterioso motivo sento di appartenere.   

  1. Quali sono i momenti in cui ti senti maggiormente ispirata a scrivere?

Non ho un momento preciso, ciò avviene inaspettatamente, in base a quello che vedo e sento, ma poco prima di dormire forse è più facile che qualche verso venga messo sul foglio.

  1. Siamo quasi arrivati alla fine di questa nostra bella chiacchierata, vorrei però, per chi sarà interessato all’acquisto del tuo libro, che tu fornisca le informazioni su come trovarlo.

Certamente. Siccome si tratta di autopubblicazione, per mia scelta, poiché volevo rendere il libro a mia immagine e somiglianza senza penalizzarlo in nessuna maniera, né sulle immagini, né sulle pagine, né sul formato in A4, chi lo vuole acquistare può farlo on line su Amazon a questo link:
https://www.amazon.it/Pensieri-luce-dombra…/dp/1447526643

  1. Progetti per il futuro riguardo a questo e a un tuo eventuale secondo libro di pensieri?

Al momento non ho in progetto di pubblicare un altro libro di questo genere perché sto lavorando su una biografia di mia madre, focalizzata principalmente sulla sua vita giovanile, nella campagna del Mugello, con la sua famiglia, ma non credo che verrà messo in vendita, infondo è qualcosa di personale, lo distribuirò ai parenti.

Grazie Patrizia per aver acconsentito a questa intervista che ci ha dato una visione più chiara della tua pubblicazione e mi auguro di riaverti presto su questo blog con qualcosa di nuovo.

Ringrazio te Massimo per le tue domande e per avermi onorata a partecipare nuovamente a questa tua pagina. Alla prossima. 

Intervista ad Antonella Bausi

A cura di Massimo Acciai Baggiani

In attesa della presentazione del libro di Antonella Bausi “Pillole fiorentine” (Setteponti edizioni, 2022), mercoledì 12 ottobre 2022 (ore 18) presso la libreria Salvemini di Firenze, una breve intervista all’autrice rilasciata tramite mail. Ringrazio Antonella per la disponibilità, ci vediamo dal vivo il 12.

Ci puoi parlare della genesi del libro?

Il libro nasce dalla mia passione per Firenze, una passione a 360 gradi. Firenze non è solo storia, o meglio, la storia a Firenze pervade ogni campo. Io ho voluto, come ho scritto pure nella premessa, raccontare episodi, che magari molti conoscono, ma che forse sono stati messi da una parte e raccontarli in un certo modo, come dei piccoli schizzi che servono a dare subito un colpo d’occhio alla vicenda, ovviamente un colpo d’occhio esaustivo.

L’idea è partita da una serie di post che avevo pubblicato nei gruppi che si occupano di Firenze e di storia fiorentina, vista l’accoglienza che questi racconti ricevevano. Ovviamente, ho dovuto riadattare i post perché ciò che va bene per facebook non può andar bene per un libro.

Qual è il tuo rapporto con Firenze?

Il mio rapporto con Firenze è viscerale e risale diciamo così, alla notte dei tempi, o meglio al momento in cui mio padre ha iniziato a portarmi a giro per la città ed a narramene le storie… le storie, non la storia, sia chiaro, perché ai bambini devono essere narrate le storie, che poi essi, crescendo riusciranno ad organizzare sistematicamente in appositi luoghi spazio/temporali.

Credo che l’amore che provo per Firenze, lo si ritrovi facilmente in ogni mio scritto, un amore che non è cecità, ma fatto di obbiettività e constatazioni vere, non di fantasie di bambina.

Quali sono secondo te i vizi e i pregi dei fiorentini di oggi e di ieri?

Il fiorentino, ed io mi ci metto dentro, si sente sempre Il Migliore, è innegabile. D’altronde cresci in mezzo alla bellezza, da quando hai l’età per comprendere ti senti ripetere che mai in nessun luogo ‘è stata una fioritura d’ingegni così grande, è normale che ci si senta la quint’essenza del mondo. Quindi direi che siamo orgogliosi, un po’ spocchiosi, portiamo avanti questa nostra superiorità culturale come un mantello prezioso e… sì… guardiamo gli atri un po’ dall’alto in basso. Inoltre siamo, rissosi, polemici, in guerra sempre tutti contro tutto, e non per nulla Bargellini era solito dire che per mettere d’accordo i fiorentini ci vuole una calamità che allora diamo il meglio di noi stessi in fatto di altruismo e cooperazione, poi passato il momento…si ritorna a questionare su tutto. Probabilmente è il DNA etrusco…

Poi c’è questo maledetto vizio di prendere in giro gli altri, specialmente chi non è pronto di lingua e di cervello, ma per forza, sappiamo di essere intelligenti e ciò ci fa diventare ingiusti

Anche in passato i fiorentini sono stati tacciati di ogni vizio… lussuriosi, avari, superbi, almeno stando a ciò che dice Dante, ma io credo che davvero si abbia sempre avuto in noi la tendenza al bello, al sublime, unita a certi altri impulsi meno nobili e da qui forse viene la nostra unicità.

È possibile colmare il gap culturale che ci separa da persone vissute in un passato così remoto e comprenderne a fondo il pensiero e la visione del mondo?

Il gap culturale, credo sia impossibile colmarlo, ma comprenderne certe visioni del mondo, beh si può tentare di farlo, anzi è necessario, altrimenti si rischia di giudicare con un metro che non è quello giusto. Nessuno di noi ha adesso una visione teocentrica, l’illuminismo e la rivoluzione scientifica hanno cambiato per sempre il nostro modo di vedere le cose e certi comportamenti sociali sono adesso stigmatizzati, quindi io credo che ogni personaggio storico ed ogni episodio storico vadano collocati nel loro momento. 

Nel libro fai spesso riferimento a Dante e alla Commedia: qual è il tuo rapporto con la figura del grande Poeta?

Dante, è entrato a far parte di me, fin da quando ero piccola. Sicuramente perché nella mia famiglia era, per così dire di casa, vuoi per gli studi fatti, vuoi perché Dante ha sempre fatto parte del bagaglio culturale di noi fiorentini, anche di quelli delle classi più umili.

Mio padre era solito citare Dante ad ogni piè sospinto e nei nostri giri cittadini, era solito leggermi le lapidi che ne riportavano le terzine ed ovviamente spiegarmele.

Quindi per me non è stato affatto uno sforzo comprenderlo e quando l’ho affrontato a scuola, ero già, per così dire in confidenza con lui e con la sua vita.  

Perché ci sono tanti fiorentini all’inferno?

Proprio perché i fiorentini erano ricchi (è il caso di dirlo) di quei peccati che Dante, e la morale del tempo, tanto stigmatizzava. Inoltre molti di quelli che si trovano all’inferno non erano precisamente molto amati dal poeta che si è tolto la soddisfazione di metterli lì, trovando anche il modo di pronunciare tremende invettive contro la sua città tanto amata, ma anche tanto esecrata.

Ovviamente ci sono anche persone care a lui, come Brunetto Latini, ma allora la sodomia era vista come un vizio capitale e Firenze era famosa per esserne una delle sedi.

Se fosse possibile viaggiare a ritroso nel tempo con la macchina di Wells, visiteresti di persona la Firenze del passato? Quale epoca sceglieresti?

È difficile scegliere, ogni epoca ha il suo fascino… certo una puntata nella Firenze di Dante o del Magnifico Lorenzo, sarebbe una splendida esperienza.

Ci puoi dire qualcosa anche del tuo precedente libro sulla famiglia degli Abati?

Il libro sugli Abati, è stata una ricerca su un qualcosa di sfuggente, e siccome sono testarda, mi sono incaponita nella ricerca, riuscendo a togliere la polvere ad una famiglia antichissima, ma non troppo onesta e quindi condannata alla damnatio memoriae. E sono contenta se un po’ di luce su di loro è stata fatta, anche perché è ormai sicuro che essi siano il casato materno di Dante.

Progetti per il futuro?

I progetti sono… a breve l’uscita del prossimo libro “Pillole Medicee”, bozzetti su molti personaggi della famiglia Medici, un altro libro che si dovrebbe intitolare “Passeggiate fiorentine”, dove ad ogni luogo è collegata una o più storie cittadine e poi un libro sulle donne di casa Medici, visto però dalla parte femminile.

Intervista a Massimo Acciai Baggiani e Renato Campinoti

Ada Ascari (Sesto TV) Intervista gli autori del libro a quattro mani “Strani casi ai tempi del Covid” Renato Campinoti e Massimo Acciai Baggiani Edito da Porto Seguro. Intervista a tutto campo per conoscere due scrittori che pur con stili differenti sono riusciti ad armonizzare la loro scrittura in un libro piacevole alla lettura.

Intervista a Fernando Stufano, autore di “I Custodi di Arcadia”

A cura di Massimo Acciai Baggiani

La seguente intervista a Fernando Stufano, autore di I Custodi di Arcadia, si svolge tramite mail nel mese di settembre 2020. Ho conosciuto Stufano tramite una pubblicità su un gruppo Facebook dedicato alla scrittura e ho letto con grande piacere il suo thriller, a cui ho dedicato una recensione.

Mi puoi parlare dei tuoi studi, della tua formazione culturale?

I miei studi ufficiali sono di orientamento tecnico commerciale avendo frequentato l’ITC per Ragionieri Programmatori e infine informatico per il mio lavoro di IT SEO, ma questo per la vita aziendale, mentre per quella dell’anima e dello spirito, ho avuto una formazione classica letteraria e artistica privata grazie anche alla grande Cultura di mio padre Ufficiale della Marina Militare e mia madre docente d’arte.

Quale peso ha il retroterra culturale nella creazione letteraria?

Secondo me è determinante. Ho vissuto a Roma per 10 anni e non erano 10 anni qualunque ma quelli di un bimbo che va alle elementari poi alle medie, quindi quelli formativi, dove si assorbe ogni grandezza e bellezza dei luoghi in cui vieni a contatto in questo caso la Capitale. Anche grazie alle sensibilità dei miei genitori che non ci facevano mancare nulla, dal teatro con le opere liriche eseguite alle terme di Caracalla a concerti musicali, dalle mostre alle visite ai musei vaticani e tutti i luoghi caratteristici della città eterna.

Quando e come hai iniziato a scrivere?

Fin da piccolo con storie di fantasia, ma questo romanzo l’ho composto in 6 lunghi anni. Di notte quando potevo o nei ritagli di tempo.

Quali sono stati i tuoi modelli, gli autori che hai amato di più, che hanno contribuito a formare il tuo stile?

Non ho seguito un modello specifico, ma nella mia personale biblioteca non mancano saggi, romanzi e opere di letteratura come le grandi firme del calibro di Stephen King o Dan Brawn.

Quanto conta l’ispirazione, quanto la tecnica?

Secondo me il motore animico e motivatore è l’ispirazione, la tecnica poi è la capacità di dominare e veicolare la potenza di quel motore.

Partiamo dal tuo romanzo, I Custodi di Arcadia. Com’è nata l’idea? Che dire del lavoro di ricerca che sta dietro il romanzo? Quanto tempo ha richiesto la stesura?

L’idea è nata già da molto tempo fa, quando nei primi anni duemila alcuni ricercatori trovarono una precisissima correlazione con le piramidi di Giza alle stelle della cintura di Orione. Quando non c’era Facebook la mia bacheca era un quadernone dove incollavo tutti i ritagli di Focus o Misteri in cui si parlava delle teorie sul GAP evolutivo che ha l’uomo, quindi il mistero dei geni HAR1, indizi di tecnologie raffinate nel passato e infine la miccia con detonatore, la riflessione sul sangue Anti Rhesus ancora un mistero genetico dato che su 612 specie di primati sulla Terra, solo l’uomo ha una quota minima di individui che non hanno i geni Rhesus. Quindi sono Rh- negativi. Per la stesura come già accennato, ho impiegato 6 anni.

Nel tuo romanzo l’amore riveste un ruolo centrale: cos’è per te l’amore? Che definizione ne daresti?

Per me l’Amore è tutto ciò che non è esclusione o derisione. L’Amore quindi è una dimensione a cui non tutti riescono ad accedervi, non perché vi siano cancelli o confini, ma perché l’amore per il potere, per le apparenze e altro, in alcuni, prevale più di tutto il resto.

Hai pensato ad una trasposizione cinematografica? In caso affermativo, quali attori e attrici vedresti bene nei vari ruoli principali?

Non credo che ad una domanda simile qualsivoglia autore risponda di no, peccherebbe di ipocrisia secondo me. Il punto è quanto adatta sarebbe un’opera per tale trasposizione? Per quanto riguarda i Custodi di Arcadia ho immaginato prima le scene proprio come in un film, aiutandomi anche con l’ascolto di brani musicali, poi ho creato bozzetti a matita in una sorta di Story board, e infine il testo, quindi per me nella mia mente il FILM esiste già. Se dovessi pensare (immaginare) ad attori italiani mi prendo un attimo di tempo, se invece dovessi immaginare attori stranieri è difficilotto perché dovrebbero essere giovani trentenni (o apparentemente tali) e giovani attori non ne conosco molti. Se devo considerare quelli della mia generazione vedo Ben affleck nei ruoli di Arthur, Anthony Hopkins nei ruoli di Bergherfur (o Big F). Per esempio Verena la vedrei molto bene con Diane Kruger. Ester rimane il mistero, magari un’attrice esordiente sconosciuta.

Progetti per il futuro?

Sono attualmente impegnato a diffonderlo sul territorio nazionale quanto più possibile, ho in mente un nuovo thriller con ambientazioni esterne alla terra. In una base USA segreta e abbandonata in orbita lunare come incipit ma sempre collegato ad eventi occorsi sulla terra. Anche artisticamente sto seguendo un percorso di visibilità e partecipazione ad importanti premi e riconoscimenti internazionali.

Intervista a Nicoletta Riato e ad Andrea Delìa

A cura di Massimo Acciai Baggiani

Nicoletta Riato e Andrea Delìa sono due studiosi, autori di un interessante e coltissimo romanzo, L’incanto del silenzio, dove avanzano un’ipotesi storica suggestiva. Li ho incontrati alla fiera Lucca Città di Carta: abbiamo scambiato due parole e ho avuto in dono il loro libro, che ho poi letto e recensito. Per conoscere meglio la genesi di quest’opera e la personalità degli autori ho proposto loro un’intervista via e-mail, nel mese di settembre 2020.

Andrea Delìa e Nicoletta Riato, autori de L’incanto del silenzio.

D: Mi potete parlare dei vostri studi, della vostra formazione culturale? Quale peso ha il retroterra culturale nella creazione letteraria?

R: Abbiamo frequentato il liceo classico e, inevitabilmente, questo ci ha trasmesso un profondo amore per libri, letture e cultura in generale. I successivi percorsi universitari riemergono, poi, nelle nostre produzioni. Ad esempio, ne L’incanto del silenzio, la mia formazione archeologica e lo studio delle tradizioni popolari di Nicoletta hanno ispirato la stesura del romanzo.

D: Quando è come avete iniziato a scrivere?

R: Andrea: fin da bambino tenevo un diario quotidiano, poi ho scritto brevi racconti e articoli di archeologia e turismo. Era qualche cosa che mi portavo dentro da sempre, ma ho atteso i cinquant’anni per renderlo parte integrante della mia Vita.

Nicoletta: ho sempre amato scrivere poesie e favole per bambini, ma non avevo mai assecondato fino in fondo questa mia passione. Fino alla realizzazione dell’Incanto.

D: Quali sono stati i vostri modelli, gli autori che avete amato di più, che hanno contribuito a formare il vostro stile?

R: Nicoletta: degli autori classici amo la forza emotiva di Leopardi e Foscolo; di quelli moderni ammiro l’ironia di Daniel Pennac e la sua capacità di creare personaggi un po’ strampalati. Ma non direi che nel mio stile si possano ritrovare questi scrittori. 

Andrea: credo nella chiarezza espressiva e nella forza prorompente delle immagini; questo è ciò che ho recuperato dal primo amore letterario, Alessandro Manzoni. Poi ho apprezzato, e apprezzo, Pirandello e Dostoevskij, con quel loro approfondimento umano e psicologico, figlio della svolta freudiana.

D: Quanto conta l’ispirazione e quanto la tecnica?

R: L’ispirazione è l’anima della scrittura; lo scrittore deve fare vedere quello che sfugge ad uno sguardo di superficie, si nutre di sensazioni e, talvolta, di irrazionalità. La tecnica permette di fare aderire la parola all’idea, è un supporto indispensabile, ma non è l’essenza.

D: Parliamo del vostro romanzo, L’incanto del silenzio. Com’è nata l’idea? Che dire del lavoro di ricerca, che sta dietro? Quanto tempo ha richiesto la stesura.

R: L’incanto del silenzio nasce da un bisogno di tirare fuori qualche cosa che ci portavamo dietro e dentro da molto. Il romanzo muove dall’idea di abbinare la storia personale dei due protagonisti, Elisa e Lorenzo, ad una ricerca storico-artistica. In particolare, le posizioni del pittore Pieter Bruegel il Vecchio e del medico Gerolamo Cardano in merito al fenomeno della stregoneria. Abbiamo confrontato la vita e le opere dei due, ritrovando in essi luoghi ed idee che li avvicinano e che li rendono molto attuali. La stesura complessivamente ha occupato nove mesi, ritagliati dai nostri impegni lavorativi. 

D: Il romanzo è frutto di un lavoro a quattro mani ben condotto: come è iniziato il vostro sodalizio artistico? Come si è svolto, nel concreto, il lavoro insieme?

R: Nicoletta mi stava raccontando un episodio della sua infanzia e a me è venuto istintivamente di proporle di farlo diventare parte di un romanzo. Abbiamo, così, iniziato a scrivere separatamente di qualsiasi argomento ci venisse in mente per capire se i nostri stili potessero amalgamarsi. Spesso accadeva che uno dei due iniziasse una pagina, che veniva poi conclusa dall’altro. Fin da subito ci siamo resi conto dell’aderenza delle due scritture, tanto che talvolta, ancora oggi, non ricordiamo quali pezzi abbia scritto l’uno o l’altra. 

D: Avete pensato ad una trasposizione cinematografica? In caso affermativo, quali attori e attrici vedreste bene nei ruoli principali?

R: L’incanto nasce inconsapevolmente cinematografico, ne siamo convinti. Tutti quelli che lo hanno letto, lo trovano “visivo”, come se già nella lettura le immagini comparissero davanti. Attori? Beh, a Nicoletta questo giochino non piace tanto😬😂, ma io mi immagino Banderas in Lopez, un attore vivace come Ryan Reynolds per Lorenzo e Rachel McAdams o Margot Robbie per Elisa. Ma, concretamente, ci piacerebbe una produzione italiana, che conservasse la qualità e lo spirito del nostro lavoro.

D: Cosa pensate delle fiere letterarie?

R: Le fiere sono utili occasioni per ampliare i propri contatti e per conoscere direttamente i lettori. Probabilmente l’affollamento di espositori e di titoli non aiuta.

D: Progetti per il futuro?

R: Un “progetto futuro” si è già concretizzato. Pochi giorni fa è uscito, su Amazon, il nostro secondo lavoro, La Diciottesima, breve ed intenso romanzo storico ambientato nel Regno di Napoli alla fine del 1700. Per il resto, quando abbiamo pensato all’Incanto, avevamo l’idea di scrivere un trittico di libri che vedessero l’arte e la storia come filo conduttore. Aspettavamo il riscontro dei lettori e, essendo arrivato, stiamo già dedicandoci al secondo libro di questa trilogia con Elisa, Lorenzo, arte e ricerca come protagonisti. D’altronde, la vita non è tanto diversa da una continua e quotidiana ricerca.

Sara Ballini, intervista a una luciferiana

A cura di Massimo Acciai Baggiani

Sara Ballini

Ho conosciuto Sara Ballini, fondatrice di Hekate Edizioni, a Firenze nel mese di agosto 2020. Al nostro incontro mi ha portato due libri di Michael W. Ford, La Bibbia dell’Avversario e Akhkharu: magia vampirica, da lei tradotti e pubblicati per la prima volta in Italia, che ho avuto il piacere di recensire. Per comprendere meglio il punto di vista della filosofia luciferina, e il suo lavoro di editrice, ho pensato di rivolgerle alcune domande.

Quando e come nasce la casa editrice?

Hekate nasce ufficialmente il 21 dicembre del 2019 (Solstizio d’Inverno) con l’uscita de “La Bibbia dell’Avversario” di Michael W.Ford (che raggiungerà la quarta ristampa nel giro di un anno).

Qual è la sua mission?

Colmare il vuoto culturale riguardante la letteratura esoterica relativa al Luciferianismo, alla “Via della Mano Sinistra” e alla Magia Contemporanea in Italia, che si è creato a causa della mancata traduzione di testi di autori stranieri fondamentali e quindi, nel giro di qualche anno, di dare la possibilità al nostro Paese di far emergere autori italiani di livello che possano dare un contributo alla corrente esoterica internazionale.

Ci potete dare una definizione, in poche parole, di Luciferianesimo?

Si tratta di una filosofia di vita e, sotto certi aspetti, anche di una religione adogmatica, fondata sull’archetipo/entità Lucifero.

Qual è lo scopo del Luciferianesimo?

Il Luciferianesimo è una fonte di motivazione, per chi ne abbia la Volontà, finalizzata allo sviluppo del potenziale individuale di Mente, Corpo e Spirito e dell’eccellenza personale. Come conseguenza il Luciferianesimo si prefigge il miglioramento dell’individuo e di conseguenza della collettività.

Che risposta dà il vostro credo riguardo al problema della morte?

Esistono luciferiani spirituali (che credono nell’esistenza di una realtà dopo la morte) e atei. La maggior parte dei luciferiani tende a sviluppare una forma di spiritualità personale.
La risposta del luciferianesimo è, in ogni caso, l’immortalità. Per alcuni essa consiste semplicemente nelle opere e azioni che il luciferiano ha compiuto: queste nell’arco della vita rendono la sua essenza immortale, rimanendo nella memoria delle generazioni future; per altri si tratta invece di una vera e propria sequenza di incarnazioni dell’Anima che trasmuta o si reincarna in altri corpi per proseguire i suoi scopi sul piano materiale.

Cos’è per voi l’amore e la compassione?

L’amore e la compassione sono i sentimenti più nobili di cui è capace l’essere umano, ed il luciferiano ne valorizza l’importanza selezionando accuratamente a chi riservarli (e cioè a coloro che reputa meritevoli). Non li regala a chi ne ritiene indegno, o a parassiti che sarebbero in grado solo di rubargli tempo ed energie. Questo lo rende anche molto elitario nelle sue scelte e frequentazioni.

Progetti per il futuro?

Tradurre, editare e pubblicare libri! Entro l’anno: Tra Maghi e Mistici a Stoccolma del Dott. Thomas Karlsson (Storia e Filosofia delle Religioni, Stoccolma), Aphopis di Michael Kelly e molti altri in futuro…

Riflessione critica e domanda a Massimo Acciai Baggiani di Giuseppe Macauda

Evento su Zoom del 17 luglio 2020 – Effetti di natura in versi e narrazioni
[Vedi video su Youtube, dal minuto 6.30]
[articolo su Controluce.it]

Ascoltando il suo intervento a Palazzo dei Medici di Firenze, in occasione della presentazione del numero 106 della rivista «L’area di Broca», ho avuto modo di apprendere la sua passione per la narrativa e che nel passato ha scritto poesie spinto dall’ispirazione del momento o dalla voglia di esternare un pensiero su un tema sociale importante, senza un vero progetto poetico. È questo il caso del Lamento del migrante. In quell’occasione affermò anche di aver dato, nel 2018, l’addio alla poesia per dedicarsi completamente alla narrativa. Ora, siccome quando a Sappada scrive «Seduto su una roccia ho raccolto il respiro del monte» o a Pratolino «Il fragore dell’acqua riporta il mio cuore alla vita« e «Nei suoni del bosco la vera entità di tutti i fenomeni» emerge un raffinato lirismo capace di emozionare ogni sensibile lettore, Le chiedo perché vuole escludere la convivenza tra poesia e narrativa, visto che, in fondo, appartengono a due vene diverse che pescano nello stesso cuore…

reading prato 2017RISPOSTA: Innanzitutto la ringrazio per le belle parole e per il ricordo di quell’incontro che, in questo tempo di Covid che ha messo un freno a eventi artistici in presenza, pare così lontano. Lamento del migrante, scritto sotto la pressione dei drammatici eventi di attualità, è ufficialmente l’ultima mia poesia, anche se ne ho scritte poi poche altre, strettamente private, senza comunque considerarmi più “poeta”: questo semplicemente perché poeta è per me una persona più coinvolta con la poesia che con la prosa, che di poesia ne ha letta molta e non l’ha solo prodotta, che ragiona in modo “poetico”. Poesia e narrativa non si escludono affatto a vicenda, ben inteso, anzi si può trovare l’una nell’altra e viceversa, e sono d’accordo sull’origine comune dallo stesso cuore, anche se seguono regole formali diverse, di metrica e di retorica. Poesia e narrativa possono occupare uguale spazio nella produzione di un artista – si può essere poeti e scrittori eccellenti allo stesso tempo – ma non è il mio caso, non ritengo di essermi applicato in egual misura ai due campi artistici. Comunque la poesia resta una parte importante della mia produzione passata e ritengo che la poesia non sia solo quella che si trova nei libri: anche un tramonto che accende una cima brulla, lo sguardo misterioso di un gatto, una vecchia canzone dei Pooh, il sorriso della donna amata sono poesie allo stato puro, se si sanno cogliere con la giusta sensibilità.

LAMENTO DEL MIGRANTE

Anch’io sono migrante:
i miei geni ricordano
le cacce alla belva africana,
nella savana,
coi compagni ominidi
e la loro vita di cristallo.
Non ho senso di appartenenza:
le mie radici non sono nel passato
bensì nel futuro,
quando non saranno più
tribù
fratricide
ma uomini e donne
liberi dai pregiudizi.
Sì, la mia patria è il futuro:
l’ho visitato con l’immaginazione.
È un posto bellissimo,
costantemente m’avvicino
ma dispero tornare a casa.

Firenze, giorno dell’Opinione del ’26 (20 settembre 2018)
Scritta appositamente per l’incontro di Marzia Carocci del 22 settembre.

IMPRESSIONI DI VENDEMMIAIO

Qui.
Ora.
Nei suoni del bosco,
in un cerbiatto che salta veloce,
in una coppia che spinge un passeggino sul sentiero,
ne fango memore dell’ultimo nubifragio,
nelle lame di luce tra i fusti, tra le foglie,
nell’odore di terra umida,
nell’ultima domenica di ora legale,
in questo autunno estivo,
in questa estate che non vuol morire,
la vera entità di tutti i fenomeni.

Villa Demidoff, Pratolino, 28 vendemmiaio dell’anno 223 (19 ottobre 2014)

LE CASCATELLE

Il fragore insistente dell’acqua
che rode pian piano la roccia
riporta il mio cuore alla vita,
riempie le orecchie mai stanche.
L’estate arroventa l’asfalto
ma qui si conserva l’autunno:
mi poso su un masso cortese,
raccolto il respiro del monte.

Sappada, Cascatelle, 12 termidoro ’25 (30 luglio 2017)

Intervista ad Angelica Romanin, autrice di “Nel futuro che ci attende”

A cura di Massimo Acciai Baggiani

angelica romaninHo scoperto l’ultimo romanzo di Angelica Romanin, Nel futuro che ci attende, quasi per caso, navigando su Facebook: titolo e copertina hanno catturato subito la mia attenzione. L’autrice mi ha inviato una copia, che ho letto in pochi giorni e recensito, quindi le ho chiesto se fosse possibile intervistarla – ovviamente tramite internet (vista la distanza, soprattutto in questi tempi di coronavirus). Angelica si resa disponibile, molto gentilmente: la ringrazio di cuore.

 

  • Mi puoi parlare dei tuoi studi, la tua formazione culturale?

Ho studiato lingue e ho frequentato la facoltà di scienze biologiche, ma la mia formazione culturale la devo soprattutto alla mia curiosità unita alla mia timidezza, perché entrambe mi hanno spinto da subito verso la lettura, che credo sia il modo migliore di conoscere il mondo senza doverlo per forza affrontare…

  • Quale peso ha il retroterra culturale nella creazione letteraria?

Credo che sia molto importante. Alla fine in ciò che si scrive si mette molto di sé stessi, e anche quando la storia è un opera di fantasia si finisce comunque per attingere ad un bagaglio di esperienze personali.

  • Quando e come hai iniziato a scrivere?

Il mio primo libro l’ho scritto a 30 anni, dopo un periodo un po’ particolare, ma in realtà amo scrivere da sempre.

Ho iniziato a 6 anni col mio primo diario e ancora devo smettere 😄

  • Quali sono stati i tuoi modelli, gli autori che hai amato di più, che hanno contribuito a formare il tuo stile?

Amo molto leggere, e per quanto riguarda i generi non sono particolarmente selettiva. Leggo autori anche molto diversi tra loro. Ad esempio, per quanto riguarda la fantascienza ho una predilezione per Schätzing e Crichton, ma mi piacciono moltissimo anche Baricco, Cohelo, Zafón… Diciamo che attraverso delle fasi. Ho avuto la fase horror con Koontz, Stephen King, Edgar A. Poe, H.P.Lovecraft… quella più spirituale e introspettiva con Dyer, Cohelo, Chopra… Ma ho amato anche molti classici, come Il maestro e Margherita di Bulgakov, Demian e Shiddarta di Hesse, Il rosso e il nero di Stendhal… Come vedi, in diverse fasi della mia vita ho apprezzato differenti autori, e penso che ognuno di loro abbia dato un piccolo contributo alla mia formazione.

  • Quanto conta per te l’ispirazione, quanto la tecnica?

La tecnica sicuramente è importante, ma senza l’ispirazione non credo abbia molto senso. Se dovessi scrivere solo usando la tecnica non mi divertirei. L’entusiasmo che si prova nel buttare giù idee ed emozioni quando si è ispirati è decisamente più soddisfacente.

  • Cosa pensi dei concorsi letterari?

Sinceramente non mi hanno mai interessato… non so darti un parere.

  • Le parole chiave dell’èra attuale, battezzata “èra digitale” sono: multimedialità, mass media, integrazione, virtualità. Cosa hanno cambiato le nuove tecnologie digitali nella creazione artistica, se hanno cambiato qualcosa?

A me sono servite tanto. Sia per quanto riguarda le ricerche, sia perché mi hanno dato la possibilità di far conoscere il mio libro senza passare per forza da una casa editrice. Probabilmente la loro utilità consiste nel fatto che ci rendono tutti un po’ più indipendenti e liberi, sia di conoscere che di farci conoscere.

  • Manterrà il proprio ruolo il testo cartaceo di fronte al dilagare di internet e degli ipertesti?

Spero di sì. Io, personalmente, lo preferisco. Il semplice gesto di girare pagina e sentire la consistenza della carta sulle dita è un piacere che non vorrei negarmi. Però non nego l’utilità di un lettore eBook nel quale in un minimo spazio può stare anche un’intera enciclopedia

  • Ci puoi parlare del tuo romanzo d’esordio?

L’ho scritto dopo la fine di una relazione molto importante. Era in parte autobiografico e l’ho iniziato più che altro per parlare male del mio ex 😁

No, scherzo. In realtà all’epoca soffrivo di attacchi di panico, ed è stata proprio la mia psicoterapeuta a suggerirmi di scrivere per esorcizzare il problema. Mi sono stupita anch’io quando ne è uscito un romanzo ironico e divertente che ha riscosso un discreto successo…

  • Veniamo al tuo secondo romanzo, Nel futuro che ci attende, col quale hai cambiato completamente genere. Si tratta di un’opera di climate fiction, che ci mette in guardia dai danni che l’Uomo ha arrecato al pianeta, fino a mettere in pericolo la sua stessa esistenza come specie. Com’è nata l’idea?

Ho sempre amato la fantascienza e in particolare quella apocalittica, dove l’umanità è in pericolo, e quale periodo più simile ad una imminente apocalisse di questo?😅 Così ho cercato di unire il piacere per una lettura avvincente con la necessità di informare le persone sulla catastrofe imminente, sperando di far riflettere e far prendere consapevolezza della necessità di cambiare immediatamente il nostro modello di sviluppo.

  • Dietro al romanzo si intuisce un grande lavoro preparatorio di ricerca…

Sì, ho fatto molte ricerche, sia sul web, che consultando esperti in diversi settori, come la chimica o la geologia… Mi ha impiegato molto tempo, ma devo dire che informarmi su questi argomenti è stato divertente quasi quanto scrivere il romanzo.

  • Personalmente ritieni che la razza umana si estinguerà entro questo secolo, come profetizzano in molti, oppure saprà trovare in tempo la saggezza necessaria per cambiare paradigma mentale e svoltare verso un futuro migliore?

Purtroppo io non sono molto ottimista… Diciamo che ci spero, ma l’uomo finora ha dimostrato di avere una visione molto limitata del futuro. Si ha l’idea che i cambiamenti climatici riguardino le future generazioni, così si tende a rimandare, ma non è così. In realtà non resta più molto tempo…

  • Qual è la visione che hai della donna? E dell’uomo?

Per questa domanda mi avvalgo della facoltà di non rispondere 😂 soprattutto per la parte riguardante l’uomo… Però ti do un indizio, il titolo del mio primo libro: Meglio single che male accompagnata 😁

  • Hai mai pensato ad una trasposizione cinematografica dei suoi romanzi? In caso affermativo, quali attori e attrici vedresti bene nei vari ruoli principali?

Certo! Quale scrittore non ci pensa? 😅 Riguardo agli attori non saprei… forse Matthew McConaughey potrebbe rivestire il ruolo di Oliver, Keanu Reeves lo vedrei bene a interpretare Dom, Keira Knightley potrebbe essere una perfetta Liza, e Scarlett Johansson una frizzante Amber.

  • Di cosa ti occupi attualmente? Progetti per il futuro?

Attualmente mi occupo di restauro e decorazione, ma visto l’attuale periodo di crisi, soprattutto scrivo. Ho quasi terminato il seguito del mio primo libro e ho iniziato la stesura di altri due romanzi, di cui uno di fantascienza.

Massimo Acciai intervista Simone Frasca (settembre 2019)

«Simone Frasca è un illustratore italiano di libri per bambini. Nato a Firenze, vive ormai da molti anni a Sesto Fiorentino (FI). Scrittore e illustratore di libri per l’infanzia, ha pubblicato con tutte le principali case editrici italiane. Il suo personaggio più conosciuto, Bruno lo Zozzo (Piemme) è stato adottato come mascotte dall’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze.» (Da Wikipedia)

Ho avuto il piacere e l’onore di conoscerlo una sera a casa di mio zio Siro, di cui è amico. Una persona squisita, disponibile, brillante. Abbiamo realizzato la seguente intervista tramite e-mail.

Sito: www.simonefrasca.it

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  • Partiamo dalla tua formazione culturale: quali scuole hai frequentato?

Sono nato a Firenze, in via Guicciardini, e ho fatto i primi due anni delle elementari in una scuola in zona Cure. Quando avevo 7 anni la mia famiglia si era trasferita a Pistoia e qui ho finito le elementari e più tardi ho studiato lingue al liceo Pacini.

All’università invece ho studiato lettere con indirizzo storia dell’arte.

A proposito: mi manca solo la tesi per laurearmi… un’inezia.

  • Ci sono dei “maestri” che ti hanno ispirato?

Ho sempre letto molto: libri e fumetti. E Carl Barks e Jacovitti si sono contesi il mio cuore e i miei occhi. Jacovitti per la generosità con cui riempiva ogni più piccolo spazio delle sue vignette, Barks per la capacità di costruire storie appassionanti e divertenti.

  • Quali sono stati i tuoi primi personaggi?

Ho iniziato a fare fumetti (per processo imitativo) già alle elementari: le mie storie erano o tragicomiche o avventurose. Un giorno in edicola ho scoperto l’esistenza dei Fantastici Quattro e da quel momento nelle mie vignette hanno iniziato a comparire i super-eroi.

  • Quando hai capito che la tua passione per il disegno sarebbe diventata il tuo mestiere?

Ho sempre pensato che da grande avrei fatto il fumettista… ma anche il paleontologo, l’archeologo e il contadino. Sì. Perché vivevo accanto a una casa di contadini e, quando non ero a scuola o a leggere e disegnare nella mia stanza, il mio tempo lo passavo con loro.

  • Com’è nato il personaggio di Bruno lo zozzo?

Questa vita molto libera, in mezzo a campi, mucche e trattori ha poi ispirato la storia del mio primo libro: Bruno lo zozzo.

Bruno è un bambino di 5-6 anni che vive in campagna, ha molta fantasia (il suo compagno di scorribande è un maiale invisibile), corre e si arrampica dappertutto, fa megamerende e odia lavarsi: la storia della mia vita a quella età, praticamenteJ

  • C’è un’opera o un personaggio a cui sei più legato, che senti come più rappresentativo?

Bruno lz è anche il mio libro più conosciuto e, pur avendone scritti tanti dopo e continuandone a scrivere, è grazie a lui che sono diventato un “illustrautore”: per questo se mi chiedi qual è il mio libro preferito o quello a cui sono più legato non posso non rispondere Bruno lo zozzo.

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  • Molte tue opere sono scritte a quattro mani: come si realizza in concreto questo tipo di collaborazione?

Per anni ho scritto solo libri per bambini del primo ciclo.  Qualche anno fa mi è venuta in mente un’idea per una serie di libri più scritti, per bambini del secondo ciclo. Per scrivere e sviluppare questa serie ho coinvolto una mia amica che è anche una bravissima scrittrice per ragazzi: Sara Marconi.

La serie si intitola I Mitici Sei (Giunti editore) ed è stata accolta con grande entusiasmo e interesse dai bambini. Così io e Sara abbiamo continuato e inventare e scrivere storie insieme per bambini dai sette ai nove anni.

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La serie che stiamo scrivendo adesso si intitola Agenzia Enigmi (Raffaello editore) ed è un omaggio a un certo tipo di letteratura avventurosa e fantastica che andava molto di moda negli anni ‘80: extraterrestri, misteri archeologici, Atlantide, L’isola di Pasqua…

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Ci divertiamo molto a scriverla e abbiamo messo a punto un sistema per scrivere insieme che ci permette di scrivere molto velocemente e con profitto.

Discutiamo della trama insieme, poi si “cola” la trama nei capitoli che compongono il libro.

La trama è più o meno definita, meno forse che più, anche perché dettagliare troppo leva gusto alla scrittura. A volte i dettagli del finale li precisiamo dopo, a seconda della piega che prende la storia.

A quel punto uno dei due scrive il primo capitolo (in genere è Sara) e lo manda all’altro. L’altro lo legge, interviene se e dove gli sembra sia il caso e rimanda il capitolo indietro. La regola è che non ci si arrabbia se le cose che abbiamo scritto sono state cambiate, anche radicalmente: il fine di scrivere insieme è creare una scrittura terza, che non sia né la mia né quella di Sara, ma la somma di entrambe.

  • Quali consigli ti sentiresti di dare a un giovane illustratore che vuole intraprendere questo mestiere?

A chi vuole fare l’illustratore dico che non è facile, specialmente in Italia dove il nostro mestiere non è apprezzato e retribuito come dovrebbe essere. Ci sono sempre più scuole private che hanno corsi di illustrazione e anche per questo, mediamente, la qualità si è alzata negli ultimi anni. Questo deve spingere chi inizia nel mio mestiere a fare sempre meglio e a guardarsi intorno con curiosità.  A questo proposito Instagram e internet in generale sono ottime porte sull’illustrazione di tutto il mondo.

  • Da molti anni vivi a Sesto Fiorentino; qual è il tuo rapporto col territorio?

Vivo a Sesto e ci sto molto bene: è una realtà vivace, c’è una bellissima biblioteca e un’amministrazione in gamba.

Per il Comune di Sesto Fiorentino e altri comuni dell’area fiorentina ho realizzato, insieme allo studio Jumon, un cartone animato per spiegare cosa sono le tasse ai bambini e perché è importante pagarle. Io ho scritto la sceneggiatura e visualizzato i personaggi, impostando lo stile grafico.

Protagonista del cartone animato è un mammuth e questo credo rende buffi anche i passaggi dove il rischio di essere pedanti era alto.

È stata un’esperienza divertente e se volete visionarlo, il link è questo:

https://www.youtube.com/watch?v=ua4KNfDluEo

  • Progetti per il futuro?

Nel futuro i progetti sono tanti e tutti da realizzare in fretta: a fine ottobre consegnerò il mio nuovo libro per bambini per il battello a Vapore: Sofia Tantepaure. Una storia sulle paure e sulla diversità scritta di getto in un periodo in cui le paure si sfruttano per governare.

Ho appena finito di scrivere (e illustrare) con Sara Marconi una strenna natalizia sulle creature fantastiche e mitologiche che uscirà per Giunti.

Sto finendo si scrivere e di illustrare i nuovi episodi di Agenzi Enigmi che usciranno a febbraio 2020.

Insomma il lavoro e il divertimento non mancano.