Palomar in Esperanto

Di Massimo Acciai Baggiani

Palomar, uno degli ultimi libri di Italo Calvino (1923-1985) pubblicati mentre l’autore era ancora in vita, non è certo un libro facile: tanto di cappello a Nicolino Rossi per la sua traduzione in esperanto, per aver reso nella lingua internazionale la prosa complessa dello scrittore italiano di cui cadeva un anno fa il centenario della nascita. Proprio per celebrare questa importante ricorrenza la FEI ha deciso di pubblicare questo volume, e ha fatto bene: Nicolino Rossi, nome importante nella letteratura Esperanto, ha fatto un ottimo lavoro, spingendo la lingua fino alle sue estreme capacità espressive, così come ha dovuto fare nel tradurre e pubblicare, sempre nel 2023, la traduzione delle Cosmicomiche.

Italo Calvino non ha certo bisogno di presentazioni per il pubblico italiano, ma forse è utile dire qualche parola su di lui per il pubblico esperantista straniero. Nato a Cuba 101 anni fa, Calvino inizia la sua carriera letteraria negli anni Quaranta con il romanzo neorealista Il sentiero dei nidi di ragno. Seguono nel decennio successivo tre romanzi di genere fantastico-surreale, noti come La trilogia dei nostri antenati (Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente) che sono dei veri e propri classici. Negli anni Sessanta escono le novelle di Marcovaldo e le già citate Cosmicomiche, mentre per gli anni Settanta vanno ricordati almeno Le città invisibili e Se una notte d’inverno un viaggiatore. Calvino muore a Castiglione della Pescaia per un ictus nel 1985.

Palomar, dicevamo, è un libro difficile: va gustato a piccole dosi, centellinato come buon vino. Ogni capitolo/racconto, per quanto breve, è denso di riflessioni filosofiche sull’universo di cui il protagonista cerca la chiave nascosta per comprenderne il senso profondo: così in una singola onda che increspa il mare, nel fischio di un merlo, nell’accoppiamento di due tartarughe in giardino, perfino nel riflesso del sole il signor Palomar – che deve il suo nome al celebre osservatorio sull’omonimo monte negli Stati Uniti – cerca il segreto finale del tutto, ma essendo un tipo piuttosto nervoso e non provvisto della necessaria pazienza, fallisce ogni volta nel suo scopo e si ritrova più confuso e perplesso di prima.

Le avventure filosofiche di Palomar non mancano di un certo fine umorismo che le rende leggere (la Leggerezza è non a caso una delle qualità della scrittura di cui Calvino tesse le lodi nelle postume Lezioni americane, altro libro che varrebbe la pena tradurre in Esperanto) ma riconducono a una certa amarezza di fondo, perché questo senso, se mai esiste, continua a sfuggire.

Firenze, 26 marzo 2024

Bibliografia

Calvino I., Palomar, Milano, Federazione esperantista italiana, 2023.

Tre saggi sull’Esperanto di Davide Zingone

Massimo Acciai Baggiani

L’occasione che mi ha fatto conoscere il samideano (compagno esperantista) Davide Zingone è stata l’uscita in contemporanea dei nostri primi libri in esperanto e italiano per la scomparsa casa editrice Faligi (il cui nome è non a caso in esperanto): nel 2009 uscivano il mio L’unico assolto / La sola absolvita e il suo Esperanta bluso / Esperanto blue: Davide avrebbe poi recensito la mia raccolta di racconti La lingvovendejo (FEI, 2016) e così ho finalmente l’opportunità di ricambiare scrivendo due parole sul suo ultimo libro, Tre saggi sull’Esperanto, uscito in italiano per le Echos edizioni.

Riecheggiando il titolo di un libro di Freud, Tre saggi sulla sessualità, il volume raccoglie appunto tre lavori sulla lingua internazionale creata da L. Zamenhof 136 anni fa; tre testi divulgativi, pensati soprattutto per un pubblico italiano non esperantista, scorrevoli e accattivanti. La rivistadeilibri.it lo ha incluso non per nulla tra i migliori 10 libri sull’esperanto in lingua italiana.

Il primo parla della vicenda dell’Isola delle Rose, la micro-nazione la cui lingua ufficiale era appunto l’esperanto, dalla vita breve (nata nel 1968, invasa e distrutta dall’esercito italiano nel 1969): la vicenda del sogno utopico dell’ingegnere Giorgio Rosa ha dato spunto anche per un romanzo di Walter Weltroni e per un film uscito qualche tempo fa su Netflix che ha fatto parlare molto di sé.

Il secondo saggio tratta un tema piuttosto curioso: il rapporto tra cinema ed esperanto. Il grande pubblico non lo sa, non ci fa caso, ma molte pellicole famose hanno omaggiato la lingua di Zamenhof ed esiste perfino una ristretta (per ragioni economiche) nicchia di film totalmente esperantisti (ricordo di aver acquistato, durante il congresso mondiale del 2006 nella mia città il dvd di Gerda malaperis, tratto da un classico di Claude Piron).

L’ultimo saggio, quello per me più interessante, parla dell’esperanto nella vita quotidiana. Anche qui la maggior parte dei non esperantisti (e penso anche diversi esperantisti) non sanno che l’esperanto è presente nel mondo non esperantista in campo musicale (Francesco De Gregori, Michael Jackson…), nei cartoni animati (i Simpson), nei marchi commerciali e nella letteratura (Jules Verne, Umberto Eco…). Anche varie istituzioni, dall’Agenzia delle Entrate alla Chiesa Cattolica, sono unite da questo “filo verde” che attraversa in modo non molto appariscente ma pur presente in tutto il mondo da oltre un secolo.

Firenze, 8 luglio 2023

Bibliografia

Zingone D., Tre saggi sull’Esperanto, Giaveno, Echos edizioni, 2022.

L’esperanto a Didacta 2023

Di Massimo Acciai Baggiani

L’esperanto è sempre stato all’avanguardia in campo didattico, non poteva quindi certo mancare a un evento come Didacta, svoltosi a Firenze, alla Fortezza da Basso, dall’8 al 10 marzo 2023, dedicato proprio all’innovazione e alla ricerca nel mondo dell’insegnamento. Già noi esperantisti avevamo preso parte all’edizione dell’anno scorso, presentando una conferenza: a questa sesta edizione siamo stati presenti con una notevole operazione di volantinaggio, durante quei tre giorni, con circa 10.000 volantini distribuiti alla fiera e anche in alcune scuole fiorentine, riguardanti la conferenza di Laura Brazzabeni del 10 marzo e il progetto delle “30 ore d’oro” (riguardante l’insegnamento dell’esperanto a docenti toscani e non). Si sono fermati a chiedere informazioni vari docenti e dirigenti scolastici provenienti da diverse città quali Torino, Bergamo, Milano, Trento, Venezia, Ferrara, Bologna, Genova, Massa, Prato, Firenze, Pescara, Bari, Foggia, Napoli, Rieti, Roma, Perugia, Catania, Siracusa, Palermo, Lamezia Terme, Napoli, ecc.

Un ringraziamento va ai samideani toscani Brunetto Casini, Nicola Morandi, Enrico Borrello, Marco Cecchi, Antonio Ghu, Raffaello Dazzini che si sono impegnati per il volantinaggio, ai membri dell’associazione esperantista fiorentina Carla Cenni, Brunella Moracci, Enrico Brustolin, Lucia Sanna che hanno promosso l’iniziativa, ed un grazie anche a Riccardo Pinori ed al presidente FEI Luigi Fraccaroli che hanno reso possibile l’iniziativa grazie al costante supporto amministrativo nei confronti delle autorità pubbliche fiorentine.

Molto interessante la conferenza tenuta a chiusa della fiera da Laura Brazzabeni, presso la biblioteca delle Oblate. Laura ha presentato brevemente la lingua e ha parlato delle numerose occasioni di apprenderla in presenza oppure online e le relative certificazioni linguistiche. Il mio compito è stato quello di occuparmi delle riprese (è possibile trovare a questo link l’intera registrazione https://youtu.be/YL4PjNpuW50.

Speriamo per la prossima edizione di Didacta in una sponsorizzazione pubblica o privata per avere uno stand, visti gli alti costi.

Firenze, 16 marzo 2023

ecco anche il link di un breve resoconto video

CHIARA RAGGI VINCE LA FINALE DI EUROVISION DELLE LINGUE MINORITARIE CON UN BRANO IN ESPERANTO 

Si chiama Chiara Raggi la cantautrice riminese che ha vinto la prima edizione del contest pilota di Eurovision delle lingue minoritarie. Il concorso si è svolto online e ha visto la partecipazione di numerosi cantanti e gruppi musicali che si esibiscono nei dialetti e lingue minoritarie presenti in tutta Europa.

Chiara (Kjara in Esperanto) è l’unica cantautrice italiana, e una delle poche donne a livello mondiale, a cantare musica originale in esperanto, affascinata dalla musicalità della lingua e da ciò che rappresenta per lei: un’idea di uguaglianza e una libertà espressiva forte e unica. Principi tanto più validi in un contesto come quello dell’Eurovision delle lingue minoritarie in cui è implicita la difesa della diversità e democrazia linguistica oltre che l’affermazione della dignità di ogni minoranza etnica e culturale.

I consensi ottenuti da Chiara con il suo brano Mozaiko (Mosaico in italiano) testimoniano l’apprezzamento per la cantautrice italiana e per il valore dell’Esperanto lingua in grado di superare, senza prevaricazioni, le barriere linguistiche che costituiscono uno dei maggiori fattori di incomprensione tra i popoli.

Ascolta Mozaiko/Guarda il videoclip su YT: https://youtu.be/

“Questo risultato mi rende orgogliosa e felice – dice Chiara Raggi. Questo concorso mi ha dato l’occasione di sperimentare tutto il sostegno e l’affetto della comunità esperantista che è arrivato da ogni parte del mondo. Un chiaro segnale di coesione, vicinanza, presenza e intenti comuni. Ho sempre pensato che cantare anche in lingua esperanto fosse una rivoluzione, oggi ancora di più, un qualcosa di necessario per abbattere le barriere e portare messaggi di pace e rispetto il più lontano possibile. Guardando questo risultato ho la conferma che è proprio così: mi sono sentita in un unico abbraccio, una stretta che ha attraversato tutta l’Europa ma che ha viaggiato anche in Brasile, Australia, Madagascar, Cina. Questa è una vittoria collettiva, la vittoria di una comunità viva. Non smetterò di ribadirlo: l’Esperanto è vivo, più che mai e questa vittoria ne è la prova”.

Il cuore verde: un romanzo sull’esperanto e sui sentimenti

Di Massimo Acciai Baggiani

Quello di Julio Baghy (1891-1967) è un romanzo semplice ma profondo. Un “romanzetto” (così lo definisce l’autore) ambientato all’indomani della prima guerra mondiale, in Siberia, dove molti prigionieri di guerra attendono di poter rimpatriare. Intanto studiano l’esperanto e scoprono un mondo nuovo, fatto di “comprensione umana”, cultura, amicizia e amore. Il cuore verde (La verda koro) esce nel 1937 ma è sempre attuale, soprattutto in questi tempi in cui la Russia è di nuovo coinvolta in una guerra spietata, stavolta dalla parte dell’oppressore. Cent’anni fa i sentimenti umani erano gli stessi di oggi: nostalgia di casa, sradicamento, speranze in un mondo migliore, senso di solidarietà con i compagni di sventura e… l’amore. I personaggi amano moltissimo, timidamente ma intensamente, romanticamente e castamente. Molti ostacoli si frappongono alle loro relazioni; ostacoli che oggi chiameremmo interculturali, e la consapevolezza di un futuro addio che viene dalle navi incaricate di rimpatriare gli ex prigionieri.

Tutto inizia in una spartana aula improvvisata nella Casa del Popolo di una cittadina siberiana, Nikolsk, dove pochi “samideani[1]” seguono le lezioni di esperanto di Paolo Nadai, un soldato ungherese. Tra di essi spiccano le figure di Iĉio Pang, un ragazzo cinese dall’animo poetico, e sua sorella Sulfloro (“Girasole”) innamorata di un soldato americano a cui dovrà poi dire addio. Notevoli anche gli altri personaggi: la giovane Marja, che deve occuparsi della madre malata e dei quattro fratellini e sorelline, l’impiegato postale Kuratov, con la sua commovente vicenda umana che lo ha avvicinato alla lingua internazionale, e molti altri verso cui non possiamo non provare simpatia e sincero affetto, tanto più che, come scopriamo nella postfazione dell’autore, si tratta di storie vere.

Ho scoperto quest’opera durante un festival esperantista: era sul tavolo della libreria che presidiavo nel mio turno, nell’edizione curata nel 1978 dall’Istituto Italiano di Esperanto, cattedra di Verona. L’ho preso in mano, l’ho sfogliato e subito me ne sono innamorato, decidendo lì per lì di acquistarlo e poi di tradurlo in italiano (è uscito nel 2022 con Tabula Fati). Penso che possa interessare anche un pubblico non esperantofono, anche se è pensato principalmente per i principianti di esperanto, con capitoli graduati che introducono via via varie nozioni grammaticali sempre più complesse: al di là dell’uso pedagogico rimane comunque un bel romanzo, con una storia che va al di là delle differenze nazionali e culturali, perché siamo tutti esseri umani e il cuore, verde o di altro colore, è sempre lo stesso.

Firenze, 27 maggio 2022

Bibliografia

Baghy J., La verda koro, Verona, Itala Esperanto Instituto, 1978.
Baghy J., Il cuore verde, Chieti, Tabula Fati, 2022.


[1] Samideano significa “compagno esperantista”, letteralmente “colui che ha la stessa idea”.

L’esperanto e le 30 ore d’oro

E’ in rete la prima lezione del corso per l’insegnamento della lingua esperanto rivolto ai docenti toscani delle scuole secondarie di secondo grado, che porta il suggestivo nome di “30 ore d’oro”. Si tratta di un’iniziativa promossa dall’Istituto Italiano di Esperanto e dall’ILEI (l’associazione internazionale degli insegnanti di esperanto) in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale.

Un’opportunità, appunto, d’oro per gli insegnanti, i quali potranno apprendere, in dieci lezioni da due ore ciascuna, questa straordinaria lingua, nata 134 anni fa e ancora attuale: il corso è finalizzato al raggiungimento rapido della padronanza di base della lingua e della sua didattica ai docenti, che potranno così tenere a loro volta un corso di trenta ore ai propri studenti, nelle scuole secondarie superiori della nostra regione, per far loro raggiungere una conoscenza di livello A2 e l’input per continuare nello studio anche al di là delle trenta ore. È bene ricordare che, vista la semplicità e la razionalità con cui è stato creato l’esperanto, un’ora dedicata all’apprendimento corrisponde a molte ore di studio di un’altra lingua.

Ma non è solo per la soddisfazione di raggiungere una padronanza dell’esperanto in breve tempo che è utile imparare la lingua internazionale, con tutti i vantaggi di parlare una lingua usata da tanti amici in tutto il mondo: vi sono ragioni che riguardano anche lo studio delle altre lingue, a cui l’esperanto non mira certo a sostituirsi ma anzi a tutelarle nel loro uso a difesa delle peculiarità locali di ogni popolo. Studiare l’esperanto aiuta ad apprendere anche le altre lingue: lo dimostrano studi specifici, raccolti tra gli altri da Alessandra Madella, vicepresidente dell’ILEI.

Il corso proposto dal Progetto è gratuito e prevede la possibilità di ottenere l’attestato di primo grado, previo superamento di un esame facoltativo presso l’Istituto Italiano di Esperanto (IIE).

Il Progetto è stato creato in preparazione del Congresso Internazionale degli Insegnanti di Esperanto che si terrà a Marina di Massa alla fine di luglio del 2023 ed è stato presentato recentemente a Parigi da Alessandra Madella per il premio Hamdan dell’Unesco dedicato ad insegnanti e progetti didattici.

Maggiori notizie e molto altro materiale, tra cui il citato studio di Alessandra Madella, si può reperire, per un approfondimento, sul sito dedicato al progetto: www.30oredoro.it.

1 – Pagina facebook “RadioAttiva Network” (https://www.facebook.com/poweredbyRAN) , links dei posts relativi :

-Spot Breve: https://fb.watch/c8gfey_EX1/

-Spot Corto: https://fb.watch/c8gkoq0n7c/

-Spot Dialogato: https://fb.watch/c8gnUGPQA5/

Sulla Pagina è pubblicata inoltre come post anche la Puntata Speciale dedicata al Progetto: https://fb.watch/c8gz2QrqiR/

Nella sezione video della Pagina stessa è presente inoltre anche una playlist dei suindicati video dedicati al Progetto, raggiungibile anche su facebook watch tramite il seguente link: https://www.facebook.com/watch/110777583720404/517324169936517

2 – Pagina facebook “EsperRadio – La Frateca Radio” (https://www.facebook.com/esperradio ) , links dei posts relativi :

-Spot Breve: https://fb.watch/c8gUIqXS3r/

-Spot Corto: https://fb.watch/c8gX7aMdx0/

-Spot Dialogato: https://fb.watch/c8gYp2F-Is/

Nella sezione video della Pagina stessa è presente inoltre anche una playlist dei suindicati video dedicati al Progetto, raggiungibile anche su facebook watch tramite il seguente link: https://www.facebook.com/watch/106668265245823/299179305677993

Esperanto kaj insulo

De Massimo Acciai Baggiani

Antaŭ kelkaj monatoj mi vidis, per Netflix, interesan italan filmon kiu parolas ankaŭ (sed bedaŭrinde tro malmulte) pri Esperanto: La nekredebla rakonto pri la Insulo de la Rozoj (L’incredibile storia dell’Isola delle Rose en la itala), reĝisorita en  2020 de Sydney Sibilia kaj interpretita de Elio Germano (en la rolo de Giorgio Rosa). Tio ne estis la unua fojo kiam la fama historio de la malgrandega kaj malbonsorta nacio – kies uficiala lingvo estis la Zamenhofa – inspiris verkon: antaŭe, precise en 2012, aperis la itala romano de Walter Veltroni La Insulo kaj la Rozoj (L’Isola e le Rose en originala lingvo): sama (vera) historio sed malsama aliro. Mi vidis la filmon kaj mi legis ankaŭ la romanon: ambaŭ interesigis min. La historio estas tre fama en Esperantujo, sed nun ankaŭ ĉe la neesperantistoj dank’al tiuj verkoj (ne nur tiuj du verkoj) – specife dank’al al la filmo – kaj ĉiuj povas trovi plenajn informojn en Vikipedio (ankaŭ en Esperanto): en 1968 la itala inĝeniero Giorgio Rosa (1925-2017) kreis platformon en internaciaj akvoj, ĉe Rimini, kaj deklaris ĝin sendependa nacio nomita Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj, ĉar Esperanto estis la oficiala lingvo (malgraŭ tio ke Giorgio Rosa ne parolis ĝin). Italio ne rekonis la mikronacion kaj detruis ĝin per minoj en 1969, post kaptado kaj longa tribunala batalo inter la kreinto kaj la Itala Respubliko, kiu konsideris danĝera la mikronacion. Finiĝis utopia sonĝo sed komenciĝis la legendo: la malfeliĉa insulo iĝis senmorta simbolo de libereco kaj de frateco.

La filmo estas interesa kaj fascina malgraŭ ke oni ne povas aŭdi eĉ unu vorton en Esperanto (male en la libro de Veltroni estas kelkaj frazoj en la Zamenhofa lingvo, kvankam ne tute korektaj…): estus bona afero traduki la filmon en Esperanto ankaŭ por la esperantaj spektantoj, sed mi pensas ke tio ne facilas. Tamen mi deziras inviti la esperantistaron fari tion.

Nota sopra un romanzo giallo di fantascienza in Ido

Di Massimo Acciai Baggiani

Il romanzo breve L’asasino di Gonçalo (L’assassinio di Gonçalo in italiano) di Tiberio Madonna, idista casertano, è molte cose: è un giallo ma anche un racconto fantascientifico, è una storia spassosa, uno spaccato di ambiente idista, una metanarrazione, ed è a mio parere un piccolo capolavoro della letteratura idista italiana. L’opera mi ha incuriosito per diverse ragioni: per la lingua in cui è scritta, perché conosco personalmente l’autore [1] – è stato lui a introdurmi nel fantastico mondo dell’Ido (per chi non lo sapesse, è una lingua artificiale figlia dell’esperanto ma con meno fortuna) – e soprattutto perché vi compaio anch’io come personaggio, niente meno che sospettato di omicidio. Mi ha fatto una strana impressione leggere d’un fiato un poliziesco per scoprire se fossi io l’assassino!

Ma rispetto la regola aurea delle recensioni di gialli: non spoilererò. Concentrerò la mia attenzione, in questo articolo, su alcune particolarità di questo romaneto. L’azione si svolge nel futuro, precisamente nel 2206. Il mondo non pare cambiato tantissimo; le innovazioni tecnologiche descritte dall’autore si limitano ai mezzi di trasporto (ci saranno macchine che corrono a cinque metri dal suolo e, per i voli intercontinentali, si useranno dischi volanti di derivazione extraterrestre) e ai mezzi di comunicazione (la televisione sarà tridimensionale e “circonderà” letteralmente lo spettatore).

La storia parte dall’Internaciona Odo-Renkonto a Berlino, dove si riuniscono i più famosi odisti del mondo (odo e odisti sono chiari riferimenti a Ido e idisti), ossia poeti in aperta rivalità tra loro. I vari personaggi, come comprenderà al volo chi frequenta l’ambiente idista, sono ispirati tutti a persone reali, compresa la prima vittima, il portoghese Gonçalo [2]. Come dicevo, vi figuro anch’io, come new entry (all’epoca avevo iniziato a studiare questa lingua), anche se Tiberio mi fa troppo onore inserendomi tra i poeti idisti: in fondo ho scritto solo una poesia e un racconto in Ido…[3]

Alla prima vittima ne seguirà una seconda, poi una terza, e così via, fino a giungere a cinque: tutti odisti e tutti di volta in volta sospettati dai detective incaricati delle indagini, i tedeschi Detlef Drogi e Rudolf Scheng, i quali dovranno seguire gli indizi e sciogliere tre enigmi, spostandosi in varie nazioni europee e di oltreoceano. Pare che l’imprendibile assassino si sia messo in testa di sterminare l’intera categoria (e non facciamo battute sull’esiguità del numero…).

Al di là della storia – appassionante e divertente, si può leggere in una giornata – penso che il libro di Tiberio (naturalmente presente pure lui, quale vittima di omicidio) sia un ottimo testo per avvicinarsi alla letteratura idista. È anche un ottimo testo didattico, essendo lo stile piano e la lingua non troppo complessa; ne consiglio l’adozione in un corso di Ido. Naturalmente il mio invito a leggerlo è rivolto anche ai samideanoj esperantisti, i quali non avranno difficoltà a comprenderlo anche senza aver studiato la lingua in cui è scritto, vista la vicinanza tra Esperanto e Ido; sarebbe un’ottima occasione per superare quell’inimicizia e reciproca diffidenza di vecchia data che ancora separa idisti ed esperantisti, in fondo accomunati dagli stessi ideali di pace e fratellanza mondiale.

Firenze, 23 ottobre 2020

Bibliografia

Madonna T., L’asasino di Gonçalo, Editerio La Plumo, 2018.

Io insieme a Tiberio Madonna alla stazione di Santa Maria Novella, a Firenze (18 ottobre 2020).

[1] che me ne ha regalata una copia durante un nostro breve incontro alla stazione di Santa Maria Novella, dove ha fatto scalo tornando a casa.

[2] Riferimento a Gonçalo Neves, agronomo, poeta esperantista e idista.

[3] Un verso della mia poesia Uldie (in italiano, Un giorno o l’altro) è citato e parafrasato nel romanzo di Tiberio («Kad lu apertos lua pordo por ni?»), inoltre ho tradotto in Ido il mio racconto La lingvovendejo (che diventa La linguovendeyo).

Un futuro contraddittorio

Di Massimo Acciai Baggiani

lucky starrIsaac Asimov (1920-1992) è e rimarrà per sempre un mito per me, un vero gigante della fantascienza, tuttavia alcuni suoi libri, per sua stessa ammissione, risentono in misura maggiore o minore dell’obsolescenza a cui questo genere narrativo è condannato dal continuo avanzare della conoscenza scientifica. Questo nulla toglie alla godibilità dei suoi romanzi e racconti, ambientati in un futuro remoto: un buon intreccio e una buona narrazione rimangono tali anche se vengono superati i presupposti astronomici. Di Asimov ho letto buona parte della sua sterminata produzione, dalla narrativa alla saggistica; mi mancava il ciclo di Lucky Starr. Ho colmato di recente questa lacuna; la lettura dei sei romanzi che compongono la saga, scritti tutti negli anni Cinquanta e ambientati in un futuro distante migliaia di anni, mi ha suscitato diverse riflessioni.

Vediamo innanzitutto di cosa si tratta. Lucky Starr è un giovane agente del Consiglio delle Scienze, una potente organizzazione governativa la cui giurisdizione si estende sull’intero sistema solare: il suo vero nome è David, il soprannome Lucky (“fortunato”) gli viene dal fatto che riesce a cavarsela brillantemente in ogni situazione grazie anche all’aiuto della sua buona stella (giusto per rimanere in tema spaziale) oltre che alla sua intelligenza e coraggio, e dall’aiuto dei suoi amici. Ciascuno dei sei romanzi che lo vedono protagonista è ambientato in un luogo specifico del Sistema – nell’ordine: Marte, la Cintura degli Asteroidi, Venere, Mercurio, le lune di Giove e gli anelli di Saturno – colonizzato da secoli dai terrestri (diventati poi marziani, venusiani, eccetera), tranne Saturno (lì c’è una storia a parte, narrata nell’ultimo romanzo).

Le vicende del nostro Consigliere rientrano a pieno titolo nella fantascienza d’azione, ma con contaminazioni di spionaggio e giallo. Lucky è in pratica una sorta di 007 futuribile, che lavora per il suo pianeta, la Terra, contro il cattivo di turno – quasi sempre legato ai perfidi Siriani (in questo universo narrativo l’Umanità ha scoperto il salto nell’iperspazio e ha colonizzato vari esopianeti nella Galassia), o ai Siriani stessi (che fanno la loro comparsa di persona alla fine del ciclo). Sua spalla, amico e collaboratore è il nano Bigman (nome ironico ovviamente), marziano, con cui stringe un sodalizio nel primo romanzo per portarlo avanti per tutta la serie.

Lasciando da parte le vicende spionistiche (pure interessanti) e le descrizioni (non più attuali) dei vari pianeti, mi interessa qui analizzare l’immagine asimoviana del futuro. Lo trovo contraddittorio: da una parte si parla di un mondo altamente tecnologico, basato sulla scienza e il razionalismo, con invenzioni strabilianti e un universo le cui distanze astronomiche sono ridotte enormemente da astronavi in grado di viaggiare più veloci della luce, che al tempo stesso sono alla portata economica di tutti o quasi; dall’altra parte è un mondo culturalmente primitivo, al livello di western. I personaggi appaiono ben poco civili, sempre pronti a menar le mani e a buttarsi in scazzottate che sono fuori luogo perfino nel nostro presente; gli uomini (siano Terrestri, Marziani, Venusiani, Siriani eccetera) sono rimasti bellicosi come durante la Guerra Fredda e i politici non sono migliori di quelli del passato. Solo i robot, paradossalmente, sono più evoluti degli uomini, in quanto impediti dalle tre famose leggi della robotica a ricorrere alla violenza e all’inganno. Non c’è stato insomma alcun progresso dal punto di vista morale, tranne un sottinteso ateismo, e continua a valere quanto notato da Salvatore Quasimodo nella sua poesia Uomo del mio tempo. Ottimista sotto molti aspetti, in questo Asimov è pessimista: la sua visione storica è statica dal punto di vista della psiche umana: non importa quale sia il livello tecnologico raggiunto, gli ideali rivoluzionari di libertà, fraternità e uguaglianza rimarranno sempre irraggiungibili. Addirittura si avrà un’involuzione in un futuro ancora più remoto: l’intera Galassia sarà sotto un Imperatore![1]

La vita umana non sarà sacra e inviolabile nemmeno tra trentamila anni (questo pare il limite, se non erro, a cui si spinge il Ciclo della Fondazione), e ciò rende possibile le profezie di Hari Seldon tramite la sua Psicostoria. Questa è l’unica cosa che non condivido del grande scrittore americano: per come la vedo io (e non solo io) l’uomo è arrivato a un bivio; se non muterà di paradigma, se continuerà con la solita visione nazionalista e violenta, andrà incontro a un’estinzione sicura entro questo secolo, altro che trentamila anni! La visione politica di Asimov non è sostenibile in un’ottica di futuro remoto, l’uomo potrebbe distruggere questo pianeta ben prima di poterne colonizzare altri. Ma questo non era prevedibile, credo, settanta anni fa, quando Asimov ha creato questo ciclo…

Concludo con una nota che da esperantista e linguista mi ha colpito: Asimov non fa mai menzione in questo ciclo di quali lingue parlino i vari personaggi, lasciando supporre che si tratti dell’inglese o di qualche sua evoluzione, tranne appunto nell’ultimo libro del ciclo, Lucky Starr e gli anelli di Saturno, trattando di una conferenza interstellare: «I discorsi, com’era uso in questi incontri interstellari, si svolgevano in interlingua, l’amalgama di lingue che era usato in tutta la galassia»[2]. Non ho potuto fare a meno di domandarmi come potrebbe essere questa “interlingua”, frutto dell’incontro di lingue parlate migliaia di anni nel futuro (non troppo lontane dall’inglese, visti i nomi dei personaggi), ma di certo non è l’omonima Interlingua sviluppata dall’International Auxiliary Language Association (IALA) né tanto meno dell’Esperanto, il quale si basa su principi di pacifismo e fratellanza tra i popoli del tutto assenti nel ciclo di Lucky Starr.

Firenze, 27 luglio 2020

Bibliografia

Asimov I., Tutto Asimov Space Ranger, Firenze, Giunti Marzocco, 1978.

Note

[1] Si veda appunto il Ciclo dell’Impero e quello della Fondazione.

[2] Asimov I., Tutto Asimov Space Ranger. Robot, Firenze, Giunti Marzocco, 1978, p. 116. Per quanto riguarda le altre opere asimoviane, mi viene fatto notare da un membro di un gruppo FB di fantascienza, la lingua parlata nella Galassia questa è il Galattico, ma viene chiamata con nomi diversi nei vari romanzi, anche questa è una conseguenza del fatto che sono stati scritti nell’arco di un quarantennio. In Abissi d’acciaio, primo libro del Ciclo dei Robot, il protagonista Elijah Baley dice che la lingua parlata sulla Terra è l’Inglese e che, con lievi differenze, era usato anche nei mondi Spaziali. In I Robot dell’Alba, ambientato temporalmente una decina di anni dopo Abissi d’acciaio, Asimov usa l’espressione “Interstellare” per definire la lingua parlata nella Galassia. Infine ne I Robot e l’Impero, ambientato 200 anni dopo I Robot dell’Alba, compare per la prima volta l’espressione Galattico. Ci sono riferimenti all’Inglese anche in altri Romanzi Asimoviani. Ne Le Correnti dello Spazio, approssimativamente 4000/5000 anni dopo I Robot e l’Impero, si accenna ad un pianeta del Settore di Sirio, non ricordo quale ma non era la Terra, dove «il dialetto era tanto primitivo da poter quasi essere confuso con quella lingua leggendaria e, morta da millenni, che era l’Inglese». Infine in Paria dei Cieli, circa l’anno 12000 dc, si accenna ad iscrizioni trovate su Sirio, Arturo ed Alfa Centauri vecchie di 100.000 anni, e che erano state decifrate solo nell’ultimo decennio, iscrizioni che poi si scoprirà essere in Inglese.